Punti di Vista | Giuseppe Cappochin, Presidente Consiglio Nazionale Architetti

La «questione urbana» trovi nell’agenda politica nazionale il posto che le spetta

Il prodotto edilizio come ogni altro tipo di bene, ha un suo ciclo di vita. Siamo entrati in una fase in cui serve un nuovo tipo di manutenzione: non la manutenzione superficiale, leggera; ma una manutenzione straordinaria che analizzi, valuti e intervenga sulle parti strutturali degli edifici e delle infrastrutture. Quello che non può più essere rimandato è l’attuazione di una strategia globale che riguardi le città e i territori: quelle città e quei territori che sembrano essere oggi dimenticati dal dibattito politico ed economico, tranne quando si verificano episodi eclatanti dovuti troppo spesso all’incuria o a disastri naturali, ma con cui invece il Sistema Paese e i cittadini tutti devono confrontarsi.

Speciale #Saie 2018 | #Tecnologie per l’#Edilizia e l’#AmbienteCostruito4.0

Giuseppe Cappochin | Presidente Consiglio Nazionale Architetti.

Il mondo delle costruzioni sta attraversando una doppia fase di cambiamento dovuto, da un lato, alla crisi e al processo di selezione che proprio la crisi ha prodotto; dall’altro alla rivoluzione tecnologica.

Innumerevoli sono, infatti, le innovazioni in atto e i driver del cambiamento nel mercato e nei processi produttivi. Basti pensare alle scoperte che la nuova scienza dei materiali e l’ingegneria stanno producendo; allo sviluppo di modelli di standardizzazione e di prefabbricazione in grado di modificare i processi costruttivi; alla sempre più ampia disponibilità di macchinari automatici e semi-automatici nelle attività di costruzione (robotizzazione); all’applicazione della realtà aumentata per migliorare le prestazioni sul lavoro o per accedere a nuove funzioni/servizi di uso comune (mobilità, apprendimento, comunicazioni, ecc).

E ancora, all’impatto della digitalizzazione su edifici, reti, città; alla modellazione informatica, il Building Information Modeling, per la progettazione architettonica, per l’edilizia e per l’ingegneristica; allo sviluppo di tecnologie per la simulazione e la costruzione di realtà virtuali nelle tecniche di rilevazione; allo sviluppo di nuove forme di accumulo e conservazione dell’energia che impattano sui modelli edilizi, sul risparmio energetico, sulla produzione di Co2 e sull’integrazione di energie rinnovabili.

Insomma è ormai chiaro che con la crisi e con il profondo cambiamento che le tecnologie stanno producendo il mercato delle costruzioni sta diventando sempre più qualcosa di profondamente diverso rispetto a ciò che esso era qualche tempo fa!.

È altrettanto chiaro, purtroppo, anche considerati i recenti fatti di cronaca, come il patrimonio edilizio e infrastrutturale italiano sia sempre più caratterizzato da obsolescenza che riguarda anche molti aspetti strutturali.

Dalla ricerca «Chi ha costruito l’Italia», che il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ha commissionato lo scorso anno al Cresme, emerge che 7,5 milioni di edifici residenziali su 11,9, vale a dire il 63%, sono stati costruiti prima del 1970.

Questo vuol dire che hanno più di 50 anni. E così è per le infrastrutture. Il prodotto edilizio come ogni altro tipo di bene, ha un suo ciclo di vita. Siamo allora entrati in una fase in cui serve un nuovo tipo di manutenzione: non la manutenzione superficiale, leggera; ma una manutenzione straordinaria che analizzi, valuti e intervenga sulle parti strutturali degli edifici e delle infrastrutture. Eppure anche quest’ultima, se fine a se stessa, nel lungo periodo potrebbe non essere poi così incisiva.

Quello che non può più essere rimandato è, infatti, l’attuazione di una strategia globale che riguardi le città e i territori: quelle città e quei territori che sembrano essere oggi dimenticati dal dibattito politico ed economico – tranne quando si verificano episodi eclatanti dovuti troppo spesso all’incuria o a disastri naturali – ma con cui invece il Sistema Paese e i cittadini tutti devono confrontarsi.

Le città vincenti sono quelle che non soltanto crescono a livello demografico, ma assumono sempre maggior peso in campo politico, culturale ed economico: in Europa, secondo l’ultimo rapporto sulla situazione delle città redatto dalla Commissione Europea, esse rappresentano poli di crescita economica e di attrazione per il mercato del lavoro, centrali dello svago e dell’educazione e luoghi dell’innovazione e della produzione.

Proprio per far in modo che il nostro Paese tenga il passo rispetto alle grandi trasformazioni che riguardano molte città europee ed extraeuropee il recente Congresso Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ha voluto alimentare il dibattito su architettura, territori e città, per tornare a parlare pubblicamente di questi temi, accendendo un faro sulla nuova domanda di architettura, intesa come richiesta di cultura, qualità, trasparenza e legalità finalizzata ad «abitare il paese» in senso ampio, positivo e consapevole: in caso contrario, esiste il rischio concreto e rilevante che, in un quadro prolungato d’incertezza politica, la questione urbana non trovi, ancora una volta, nell’agenda politica nazionale il posto che le spetta.

Abbiamo chiesto con forza al nuovo Governo, e continuiamo a farlo anche in una logica interdisciplinare e interprofessionale molto apprezzata dagli altri attori del sistema della progettazione e delle costruzioni, la realizzazione di un «Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili» che, partendo dall’esigenza strategica di «costruire sul costruito» e di trasformare le periferie degradate in pezzi di città policentrica, sia accompagnato da un programma decennale di finanziamento strutturale.

In questo contesto, voglio sottolinearlo, è decisivo il ruolo che può essere svolto da tutti i componenti della filiera delle costruzioni. Filiera che, mai come in questo momento, è chiamata a svolgere un ruolo di traino decisivo – non solo tecnico, ma anche culturale – per lo sviluppo del Paese. Ed è importante che il Saie sia la vetrina di questo nuovo approccio e contribuisca a mettere a sistema i contributi che provengono da ciascun attore della filiera.

di Giuseppe Cappochin
Presidente Consiglio Nazionale Architetti

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