L'Intervista | Carlo Masseroli – City Executive Arcadis Italia

Le proposte Arcadis per una nuova pianificazione urbana sostenibile, a partire da Milano

Arcadis Italia introduce il nuovo approccio allo sviluppo urbano partendo da Milano, la città che più di altre in Italia sta dimostrando di avere la capacità di realizzare progetti di rigenerazione urbana di ampio respiro. Il programma sarà promosso e diretto da Carlo Masseroli, già assessore allo Sviluppo del Territorio del Comune di Milano che, come City Executive, ha il compito di fare da anello di congiunzione tra la pubblica amministrazione, gli investitori e gli sviluppatori.

Alle nuove sfide che vivono le maggiori città del pianeta Arcadis risponde con Big Urban Cities (Buc), programma che da sette anni è utilizzato per promuovere “soluzioni urbane innovative per migliorare la mobilità, la gestione e l’approvvigionamento delle acque, la pianificazione urbana e la progettazione degli edifici delle città, partendo dalla valorizzazione dell’ambiente naturale e dall’analisi dell’impatto ambientale, sociale ed economico delle soluzioni proposte”.

Si parte da Milano

Arcadis Italia introduce il nuovo approccio allo sviluppo urbano partendo da Milano, la città che più di altre in Italia sta dimostrando di avere la capacità di realizzare progetti di rigenerazione urbana di ampio respiro.

Il programma sarà promosso e diretto da Carlo Masseroli, già assessore allo Sviluppo del Territorio del Comune di Milano che, come City Executive, ha il compito di fare da anello di congiunzione tra la pubblica amministrazione, gli investitori e gli sviluppatori.

«Arcadis ha storicamente competenze verticali sugli elementi costitutivi del benessere cittadino, quali l’acqua, l’energia, l’aria e la mobilità. Ha inoltre studiato l’incidenza della buona o cattiva gestione di questi elementi sulla vivibilità delle città e costruito strumenti di misurazione, comprensivi anche dei rischi ambientali, quali i City e Water Index. È quindi facile capire come le iniziative di rigenerazione urbana scaturite da Arcadis, siano orientate per natura verso sviluppi sostenibili, rivolti a minimizzare gli impatti ambientali, alla riqualificazione di quanto esistente e alla resilienza urbana. Con queste premesse, abbiamo deciso di mettere l’esperienza e i progetti maturati all’interno del Buc a favore della realtà milanese. L’atteggiamento della pubblica amministrazione e degli investitori istituzionali sta dimostrando che Milano è una piazza pronta ad accogliere progetti di riqualificazione che possano conciliare davvero l’interesse pubblico di sviluppo sostenibile e benessere ambientale con quello del capitale, che deve trovare la giusta remunerazione. Desideriamo, dunque, mettere a fattore comune le nostre qualità attrattive e le competenze per sviluppare progetti e relazioni con tutti i soggetti capaci d’influire significativamente sullo sviluppo della nostra città. Gli scali ferroviari, il bando Reinventing Cities C40 (7 siti), la riqualificazione dello stadio, sono gli esempi concreti di come si è aperta, per Milano, una stagione di opportunità per costruire un futuro sostenibile, per il quale siamo pronti a contribuire».

Le soluzioni realizzate grazie al Buc, sono visibili in molte città europee e mondiali tra cui: Londra, Manchester, Birmingham, Amsterdam, Berlino, Parigi, Rotterdam, Utrecht, Jeddah, Riyadh, Doha, Dubai, Hong Kong, Macau, China South, Kuala Lumpur, Shanghai, China East, Sydney, Sao Paulo, Chicago, New York, San Francisco.

 L’Intervista | Ingegner Carlo Masseroli, City Executive Arcadis Italia

di Adriano Baffelli

Ing. Masseroli, da assessore allo Sviluppo del Territorio di Milano, con la Giunta Moratti tra il 2006 e il 2011, ha lavorato alla pianificazione urbanistica della città, in particolare lo sviluppo di progetti strategici divenuti in pochi anni simbolo di una Milano nuovamente scintillante: Porta Nuova, City Life, Portello. Quali sono oggi i progetti di maggiore rilievo della città, che saranno realtà da qui al 2030?

Alcuni sono già partiti, si tratta di grandi progetti con lunghi tempi di esecuzione. Uno dei progetti iconici sarà senz’altro rappresentato da Porta Romana. Gli Scali sono tutti progetti importanti, a breve prenderanno avvio i lavori per gli Scali Farini e Porta Genova con la prevista ampia massicciata, devono essere completati entro il 2030 e daranno ulteriore valore alla città. Nel frattempo, la città sta costantemente e globalmente cambiando, l’incremento della qualità del territorio aumenta per gradi, armonizzando le grandi riqualificazioni con gli interventi di minori dimensioni. Possiamo parlare di una trasformazione urbana per cerchi concentrici. Interventi come City Life hanno incrementato la qualità generale e segnato un percorso. Poi c’è stato il Covid, proprio quando era all’apice la positiva fase del cambiamento. Personalmente sogno la realizzazione di un parco unico reso possibile dalla copertura dei binari sia di Cadorna, sia di Porta Garibaldi. Mentre prenderà il via, proprio dalla stazione di Cadorna, il progetto di una ciclabile di grande prospettiva che raggiungerà l’aeroporto di Malpensa. Arcadis si occupa dello studio di fattibilità in sinergia con Ferrovienord. Sono convinto che la correlazione tra territori così diversi, uniti, dal percorso ciclabile, saprà generare valore. D’altro canto, quando parliamo di Milano non dobbiamo limitarci all’area entro i confini amministrativi della città. Il progetto della Superstrada ciclabile genererà valore lungo l’intero tracciato e farà sì che sia ripagato l’investimento per la sua realizzazione. In generale è provato che i sistemi di mobilità dolce, o sostenibile, come quella in programma tra Cadorna e Malpensa, ancor più se possono contare sul connubio pubblico e privato e se inseriti in reti infrastrutturali ampie, generano valore.

Milano | Suggestioni per la superstrada ciclabile Cadorna-Malpensa | ©Getty Image

Arcadis Italia è la regista della trasformazione in corso di Piazzale Loreto, coordinando, fra il resto, l’intero progetto, di cui Ceetrus – Nhood Services Italy è il capo cordata. Come sarà trasformato il complesso e caotico snodo di traffico che conosciamo?

Progettando l’intervento su Loreto, dal punto di vista concettuale siamo partiti insieme a Ceetrus e Nhood Services Italy considerando la caoticità del traffico di quell’area, oggi certamente non funzionale per pedoni e bici e nemmeno per le auto e mezzi vari di trasporto. In via Padova ci sono stati alcuni interventi per agevolare un diverso assetto del trasporto pubblico locale. Alla base del progetto Loc – Loreto Open Community vincitore del bando C40 Reinventing Cities, c’è l’obiettivo che un “non posto” diventi un luogo nel quale la gente possa trascorrervi del tempo. C’è l’idea di una piazza che aiuterà a migliorare la qualità delle aree che la circondano. Il tutto con l’obiettivo di migliorare profondamente la situazione, a dare fra il resto nuova vita a Corso Buenos Aires. I flussi saranno migliorati. Prevediamo una piazza ipogea a tre livelli per la fruibilità delle persone, con spazi commerciali e per la cultura che sarà realizzata procedendo per step al fine di non bloccare il traffico. Ci sarà una parte, quella rivolta a nord, dove non si potrà accedere durante i lavori, ma sarà una superficie parziale e non creerà problemi alle auto. Dobbiamo anche considerare che nel tempo il traffico su gomma è destinato a ridursi e ciò contribuirà a rendere ancor più interessante quest’area una volta terminata la profonda riqualificazione.

Milano | Riqualificazione di Piazzale Loreto.
Milano | Riqualificazione di Piazzale Loreto.

Lei che ben conosce anche i meccanismi interni alla Pubblica amministrazione e i complicati processi sottesi a interventi rilevanti come la riqualificazione di Piazzale Loreto, cosa può raccontarci delle dinamiche interne al Comune in simili circostanze?

In Italia non c’è altra città come Milano, dove i grandi progetti possono essere realizzati con successo. La struttura amministrativa comunale è preparata a tali dinamiche, sin dall’attuazione dell’intervento sulla Bicocca di alcuni decenni fa. Qui, appunto, c’è la capacità di gestire tali processi complessi. Un’esperienza molto più difficile da attuare in altre città perché nessuna è come Milano! In più ha recentemente introdotto, grazie all’applicazione del C40 (che prevede l’alienazione o la costituzione del diritto di superficie di siti da destinare a progetti di rigenerazione urbana in chiave sostenibile, ndr), un nuovo approccio culturale alla rigenerazione urbana che facilita una più chiara lettura dell’interesse pubblico e privato. Le sfide da vincere riguardano sostenibilità ambientale, tecnologia e innovazione. Avanza un’idea nuova idea della città, con i privati che propongono al pubblico, confrontandosi anche in chiave dell’interesse pubblico. Se riflettiamo, si tratta di una grande novità, di una rivoluzione copernicana perché prima il privato partiva solo dal suo interesse. Ora si considerano i vantaggi generali e insieme, pubblico e privato, capiscono che un intervento tanto più avrà valore, quanto maggiore sarà il vantaggio collettivo che garantirà alla comunità, anche i vantaggi per i privati perché si è capito che un intervento avrà più valore tanto più darà vantaggi collettivi, come parchi e servizi pubblici. Che a loro volta incrementano il valore delle strutture private. Anche quello della Stazione di Bovisa è un grande progetto, anche se abbiamo partecipato e non abbiamo vinto, è un intervento che vede una sinergia tra Politecnico e Stazione ferroviaria che funziona, che trasforma positivamente un pezzo di città che oggi non ha una sua identità e non presenta qualità. Aggiungo che il salto culturale reso possibile dal C40 è una realtà ma c’è ancora nel pubblico la paura che il privato faccia solo il suo interesse, che usurpi il territorio. È presente un po’ meno a Milano rispetto a tutte le altre città e anche questo fa sì che Milano sia il traino di tutte le altre, che sperimenta prima. Il grande salto culturale che dovrebbe compiere la pubblica amministrazione è quello di avere una strategia sviluppo di sviluppo degli spazi pubblici, del territorio, attirando i privati ad investire sul territorio per fare in modo che le iniziative pubbliche siano realizzate dai privati. Oggi si fa il contrario, a parte Milano che è una mosca bianca. Mentre dovrebbe funzionare così in tutte le città: il pubblico immagina lo spazio di vita della comunità, con le interconnessioni, i parchi, e poiché se li realizzasse con le proprie risorse non ce la farebbe mai, per non parlare di processi amministrativi lunghi e contorti, è opportuno che inviti i privati per attivare processi di rigenerazione urbana che abbiano come ricaduta l’attuazione di processi di rigenerazione utili a tutta la comunità. Avremmo un completamento della rivoluzione copernicana: non è più il privato che dice faccio quello che mi pare e poi rompe le scatole al pubblico per ottenere il disco verde. Con il pubblico che in qualche modo frena, frena, finché te lo fa fare, chiedendo qualcosina in cambio per il territorio. È il contrario, è il pubblico che immagina la città, una città sempre più attrattiva che possa concorrere con le altre grandi città del mondo, e attira i privati con le adeguate risorse. Non può essere che il pubblico abbia paura di quel che fa il privato. Il pubblico deve volerlo l’investimento privato e deve sapere dove dev’essere orientato. Sul tema dello stadio nuovo di Milano, se un errore è stato fatto, è che secondo me l’amministrazione comunale non è stata chiara su cosa voleva, non sui vincoli da mettere al privato, ma come visione generale del cosa voglia davvero l’amministrazione per il territorio, per la città affinché sia più attrattiva. Poi se lo stadio è da mantenere o da buttar giù, è un altro discorso.

E sul versante degli operatori che partecipano a un bando di tale complessità, come devono muoversi, quali strumenti devono avere per essere vincenti?

Dobbiamo anzitutto tenere presente che la rigenerazione urbana è un processo e non un progetto! È un processo di ripensamento, di coinvolgimento continuo e di comprensione puntuale delle necessità del territorio. Quando lo affrontiamo per prima cosa lavoriamo su quello che definiamo place making lab, per cercare di capire cosa possa rendere interessante quel pezzo di città. Non basta un bel progetto disegnato dagli architetti perché il processo funzioni. Non è vero. Funziona se la gente è interessata a prendere casa lì; quindi, la prima attività è lo studio del territorio. È un processo con più attori e multidisciplinare. L’architetto deve confrontarsi con chi poi userà gli spazi, commerciali o di altra natura. Deve parlare con chi segue gli aspetti economici perché se non ha appeal in tal senso non decollerà. Nelle grandi rigenerazioni uno degli aspetti principali concerne l’individuazione e il confronto preventivo con coloro che occuperanno gli spazi rigenerati. In primis gli spazi commerciali. Non ha senso immaginare spazi dando per scontato sulla carta che funzionino. Infatti, ci sono spazi commerciali che non funzionano, come a Santa Giulia e nel quartiere Adriano. È mancato il confronto con i protagonisti: anzitutto la pubblica amministrazione, quindi sviluppatori, stakeholder e soggetti interessati all’intervento con competenze varie. C’è una grande complessità da attivare e seguire. Un progetto urbano c’è una grande complessità da mettere in atto. Si devono tenere in conto l’innovazione tecnologica e l’impatto sulla città. Dobbiamo considerare due pilastri fondamentali per il successo di un processo di rigenerazione urbana: uno è l’interesse pubblico e l’altro la sostenibilità economica del privato, che si declinano nel processo in esame, dal place making lab al business plan, che cambiano continuamente, appunto perché si tratta di un processo per sua natura dinamico, che si sviluppa su tempi lunghi. Per cui serve flessibilità, a iniziare dall’amministrazione comunale perché certe idee che ho oggi possono cambiare in cinque anni.

Quali sono le reali potenzialità della rigenerazione urbana per Milano?

Sono tante, la rigenerazione è fonte di attrazione, perché riqualificando un’area s’incrementa il valore anche del territorio circostante e se sono capace di fare una buona rigenerazione attraggo presenze buone che prima non c’erano. La rigenerazione è ossigeno per il territorio. Ricordo che quando ero assessore erano tutti contro i progetti di rigenerazione, in particolare contro Porta Nuova e City Life che erano abbastanza densi, oggi questi rappresentano oggettivamente un simbolo della rinascita della città. Quindi, quali sono i valori positivi della rigenerazione possibile, noi lo possiamo raccontare perché lo abbiamo visto, anche su progetti che possono avere delle imperfezioni.

E per altri territori e per altre città?

Vedo che ci sono tante città che si stanno muovendo in modo significativo, vedo Genova protagonista di tanto fermento positivo che, anche grazie alla rigenerazione, sta riprendendo un’immagine che aveva perso. Genova era diventata la città vecchia, dalla quale i giovani scappavano, una città con un buon clima ma nella quale non c’era da lavorare, una città triste. Oggi sta riprendendo vigore grazie ai progetti di rigenerazione urbana che sono in corso. Ovviamente il sindaco Marco Bucci sta spingendo molto. Un altro sindaco che sta spingendo molto in questa direzione è Giorgio Gori a Bergamo, che sta pure dando vigore alla città. Bergamo è una città che potenzialmente sta crescendo tantissimo nonostante il collegamento con Milano non sia ancora così veloce, ma che trovandosi a 40/45 minuti da Milano diventa, in un’ottica un po’ più europea quasi un quartiere di Milano. Uno può abitare a Bergamo Porta Sud, dove ci sarà un grande intervento di rigenerazione urbana e lavorare a Milano, spostandosi in 45 minuti. Città come Bergamo, come Genova, per fare due esempi che conosco bene perché ci stiamo lavorando, rappresentano due casi di come la rigenerazione possa cambiare il volto della città. Poi ci sono le città dell’hinterland milanese che sono in grande fermento, penso a Sesto San Giovanni, peraltro collegata a Milano dalla metropolitana. C’è molto movimento e fermento in tante città; una riflessione merita il raggiungimento dell’equilibrio economico che in queste realtà più che a Milano è più difficile perché nel capoluogo i valori di uscita sono diversi. Qui s’innesta un tema molto importante legato sempre al rapporto tra pubblico e privato e sul quale io credo ci sia un errore sull’utilizzo del Pnrr per la rigenerazione urbana. Si è tanto parlato di Pnrr e rigenerazione urbana ma io ancora non ho capito come sarà gestito in tale ambito il tema della rigenerazione urbana. Se la dinamica immaginata è pubblico su pubblico, cioè i soldi pubblici che vanno a soggetti pubblici per fare rigenerazione urbana, secondo me sarà un fallimento. Invece, sarebbe molto contemporaneo, molto utile, che il contributo pubblico fosse una delle leve su cui attrarre l’investimento privato. Quando parlavo della correlazione tra pubblico e privato con il privato attratto dal pubblico, spesso e volentieri quando parliamo d’interesse pubblico parliamo d’infrastrutture che hanno un certo peso economico, un certo impatto, potrebbero essere delle case in un quartiere che viene rigenerato proposte con un prezzo accessibile. Frequentemente il privato non arriva in fondo a fare operazioni complicate perché non sono economicamente sostenibili in quanto la parte pubblica costa troppo. D’altro canto, il pubblico da solo non è in grado di prendere certe iniziative, men che meno di fare rigenerazione urbana. Se l’investimento pubblico diventa la leva per attrarre l’investimento privato, sono convinto che con i fondi del Pnrr per attuare la rigenerazione urbana, un euro pubblico ne varrebbe cinque, dieci d’investimento privato perché sosterebbe il costo di quelle infrastrutture altrimenti non realizzabili. Si aprirebbero spazi interessanti per progetti di project financing e di Partenariato pubblico privato (Ppp).

Quali vantaggi e quali rischi comporta la progettazione intermedia?

L’unico rischio è che le amministrazioni non siano capaci di farla. Io la vedo solo come un vantaggio. Che cosa è la progettazione intermedia? Ci sono i Pgt e i singoli progetti, affinché il pubblico sia attrattivo per il privato deve anzitutto sapere cosa vuole: parchi pubblici, nuove piazze, collegamenti, servizi. Questa è la progettazione intermedia, una progettazione su larga scala che mette insieme diversi interventi. Un esempio di progettazione intermedia può essere il collegamento della Superstrada Ciclabile da Milano all’aeroporto di Malpensa, del quale parlavamo. Il pubblico la può fare. Quando il pubblico ha chiara la visione può contare sulle risorse del Pnrr e sulle risorse del privato, attratto dai vantaggi offerti dal progetto, secondo la modalità che io chiamo del Reverse engineering rispetto alla modalità normale. Cioè, quest’ultima vede il privato iniziare un’operazione di sviluppo e il pubblico che lo rincorre. Mentre con il Reverse engineering il pubblico individua le necessità e le priorità per il territorio e la collettività, e se non lo sa fare in casa chiama dei consulenti che sanno farlo, normalmente dovrebbe essere così. Noi lo abbiamo fatto in diverse realtà, stiamo ad esempio seguendo questo schema a Jesolo: il pubblico con i consulenti fa la progettazione intermedia e gli sviluppatori interessati a sviluppare il loro interesse privato, lo fanno a partire dalle indicazioni puntuali del pubblico. Quindi la progettazione intermedia è quello strumento che aiuta il pubblico ad attrarre il privato.

La cooperazione fra pubblico e privato, soprattutto in tema di aree da riqualificare, è uno strumento efficace?

È indispensabile ma serve un percorso per effettuare quel ribaltamento copernicano del paradigma, non è l’amministrazione comunale che aspetta ma è l’amministrazione che corre.

Pubblica amministrazione e filiera del costruito, sono mature e pronte ad applicare con efficacia la collaborazione?

Stiamo sviluppando un progetto molto interessante a Laveno-Mombello, a dimostrazione che anche nelle piccole amministrazioni se si hanno sindaci e amministratori visionari, attirano quel percorso di progettazione intermedia che attrae gli sviluppatori e quindi genera valore economico. I progetti non ci sono quindi serve qualcuno che li inventi. Questo tipo di rapporto può incrementarsi tanto più cresce la consapevolezza in tal senso della pubblica amministrazione.

Parrebbe che il Partenariato pubblico privato stenti in molti casi a decollare. Se è così, per la sua esperienza dove stanno i problemi, più sul pubblico, sul privato o su entrambi i fronti?

C’è un po’ di movimento, noi stiamo facendo un po’ di lavoro in questa direzione. Diciamo che culturalmente l’Italia non ha ancora visto esempi che certifichino la bontà di questo tipo di processo. Quindi nelle piccole città non c’è la consapevolezza di tale strumento. Da parte del privato c’è la preoccupazione di non avere interlocutori capaci di portare avanti il processo sino in fondo. Il processo in sé è un processo un po’ lungo perché quanto previsto dal Codice appalti richiede tanto tempo. Quindi è un meccanismo che va oliato e per farlo bisogna sfondare il muro. Qualcosa sta comunque accadendo, noi di Arcadis ci stiamo provando e sono piuttosto fiducioso che possa diventare uno strumento importante. Però anche qui, ci vuole un poco di education nelle amministrazioni, non devono avere paura di questo strumento ma devono gestirlo, devono attrarre. In sostanza il Ppp nasce dal pubblico che intende realizzare un intervento ma non dispone dei soldi necessari e cerca il privato per farlo. Come fare ad attrarre il privato? Occorre fare in modo che il privato intervenga e guadagni, consentendo al pubblico, alla collettività di avere l’infrastruttura necessaria. La regia pubblica, come discutevo quando ero assessore, non dev’essere un freno al privato, dev’esserne l’acceleratore.

Ingegner Masseroli, lei è responsabile per Arcadis Italia del programma internazionale Buc – Big Urban Cities, per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini delle grandi città attraverso la rigenerazione e la riqualificazione urbana, applicato con successo in Europa e nel mondo. A Milano e nelle principali città italiane qual è la situazione?

Noi stiamo facendo ottimo lavoro, stiamo raccontando progetti in realizzazione, quindi sta funzionando. Le differenze tra il nostro e il lavoro dei colleghi impegnati nelle grandi città in giro per il mondo si può descrivere così: là c’è un rapporto diretto e semplice tra il pubblico e consulenti capaci di fare una certa attività. Qui in Italia non partano mai progetti di grandi infrastrutture cittadine attraverso gare semplici ed efficaci, tutto è complicato, farraginoso. In giro per il mondo nelle grandi città, il rapporto tra chi fa consulenze di grande livello e le pubbliche amministrazioni è un rapporto di semplice partnership. Da noi il nostro rapporto con il pubblico è sempre triangolato con il privato, cioè io interloquisco con il pubblico come consulente del privato, è molto difficile che io sia direttamente consulente del pubblico. Mentre vedo che in giro per il mondo fanno progetti fantasmagorici, giganteschi di rigenerazione delle città, di infrastrutturazione delle città, nei quali il pubblico, grandi realtà di consulenza come noi e il privato sono facilmente partner.

Oltre a Milano, quali sono i principali progetti che vedono impegnata in questa fase Arcadis Italia?

Oltre a Milano stiamo facendo cose molto interessanti a Genova, a Bergamo, a Padova. Nel Nord Italia abbiamo tanti comuni di media e piccola dimensione in cui stiamo lavorando, le citavo prima Jesolo, Laveno-Mombello, Mondovì, stiamo facendo veramente un po’ ovunque interventi con alto valore aggiunto. Richiamo ancora la Superstrada Ciclabile Cadorna – Malpensa che per me assume il ruolo del filo d’insieme delle perline che si collegano, creando un sistema di collegamento tra potenziali progetti di rigenerazione urbana. Nel nord Italia stiamo lavorando tanto sulla rigenerazione. Abbiamo provato a Roma ma la partecipazione al C40 non ha avuto un esito fortunato. Abbiamo realizzato lo stadio del Parma, stiamo lavorando molto anche nella città emiliana.

Parma | Stadio Ennio Tardini.
Parma | Stadio Ennio Tardini.
Parma | Stadio Ennio Tardini.

Chi è? | Carlo Masseroli – City Executive Arcadis Italia

Carlo Masseroli – City Executive Arcadis Italia.
  • Carlo Masseroli, classe 1967, si è laureato in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano. Nel suo percorso professionale ha maturato una profonda conoscenza nella gestione di strutture organizzative complesse coinvolte in progetti di trasformazione e valorizzazione di grandi aree urbane, attraverso processi virtuosi di partnership pubblico – privato.  Ha inoltre sviluppato competenze tecniche e analitiche rivolte alla gestione delle relazioni con corporate e istituzioni finanziarie, allo studio e al monitoraggio dei progetti, ai piani di comunicazione.
  • Come Assessore allo Sviluppo del Territorio del Comune di Milano nel quinquennio 2006-2011 si è occupato della stesura del Piano di Governo del Territorio (Pgt) e della pianificazione urbanistica della città gestendo i processi amministrativi e le fasi di sviluppo di progetti strategici quali Porta Nuova, City Life, Portello, Cascina Merlata in stretta collaborazione con gli interlocutori privati.
  • Masseroli ha poi collaborato con alcune tra le maggiori realtà immobiliari presenti in Italia, tra cui Beni Stabili (di cui è stato anche consigliere di amministrazione con delega per i progetti di social housing), Bnp Paribas e Investire Sgr.
  • In qualità di Direttore Generale di Milanosesto spa si è occupato dello sviluppo dell’area Ex Falck di Sesto San Giovanni per la realizzazione di nuovi quartieri urbani caratterizzati dalla presenza di funzioni differenti integrate e dalla rifunzionalizzazione di edifici di archeologia industriale su un’area di 1,4 milioni mq.
  • Dal 1° gennaio 2020 è entrato a far parte del team di Arcadis Italia ricoprendo il ruolo di City Executive per gestire il programma Big Urban Cities.

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