Punti di Vista | Bruno Gabbiani, Presidente Ala Assoarchitetti

Le vere priorità per architetti, ingegneri e costruttori

È il momento di rivolgere un appello alle diverse forme della rappresentanza degli architetti e degli ingegneri, Ordini, Cassa, Sindacati, affinché, in alleanza con i costruttori e le loro associazioni di categoria, cerchino d’invertire la tendenza. È urgente che all’interno delle nostre categorie, sulla scia della legge sull’equo compenso, siano emanate norme deontologiche che proibiscano non soltanto le prestazioni gratuite, ma anche gli sconti rispetto all’equo compenso stesso.
Bruno Gabbiani | Presidente Ala Assoarchitetti.

L’attività svolta da Ala in oltre 20 anni di promozione della qualità, anche attraverso quel Premio Dedalo Minosse alla Committenza, che ha attivato in dieci edizioni, un confronto internazionale tra committenti, architetti e ingegneri di 60 paesi, costituisce una riflessione sul progetto e sui suoi attori, a promozione della qualità degli interventi su paesaggio, monumenti, città, periferie, esponendo fianco a fianco, le opere di celebrità e di giovani promesse dell’architettura.

Ma proprio durante questo stesso periodo i semi impiantati dalla legge Merloni del 1994 e dalle sue figliazioni hanno prodotto i loro frutti tossici, che le pur numerose gemme architettoniche prodotte nel frattempo, non sono riuscite a bilanciare: così oggi si sono maturate condizioni, per cui la priorità urgente è di ripristinare le condizioni operative minime, che consentano di produrre la qualità.

Ormai è in gioco la sopravvivenza degli studi e dei costruttori e con essi dell’architettura italiana: per produrre qualità è indispensabile che vi siano condizioni di sopravvivenza professionale dei progettisti, dei loro studi e delle imprese realizzatrici.

Beninteso, la genesi del problema è più remota della Merloni e sta nel disordine istituzionale dell’Italia, che ha fatto si che sono veramente troppi i soggetti che si contendono le ridotte occasioni progettuali e costruttive, che offre un Paese impoverito, invecchiato e scoraggiato.

60 milioni di italiani non possono offrire occasioni sufficienti a 170.000 architetti e ingegneri, 75.000 geometri e alle aggregazioni private e pubbliche che oggi producono progetti: dagli uffici tecnici degli enti pubblici, alle università.

È un fatto ormai noto che come il rapporto tra progettisti e abitanti è in Italia è anomalo, come anomali sono i criteri di selezione delle offerte, che anche nei casi di valutazione del vantaggio economico privilegiano il prezzo, senza dare sufficiente peso alla qualità del prodotto.

È quindi il momento di rivolgere un appello alle diverse forme della rappresentanza degli architetti e degli ingegneri, Ordini, Cassa, Sindacati, affinché, in alleanza con i costruttori e le loro associazioni di categoria, cerchino d’invertire la tendenza.

È urgente che all’interno delle nostre categorie, sulla scia della legge sull’equo compenso, siano emanate norme deontologiche che proibiscano non soltanto le prestazioni gratuite, ma anche gli sconti rispetto all’equo compenso stesso.

Sono necessari disciplinari tipo, obbligatori, che evitino che gli incarichi vengano normati da formulari standard di enti e aziende, che non tengono in considerazione i passaggi indispensabili per fornire qualità e valore sociale al lavoro professionale. L’unificazione dei contenuti del progetto costituisce tanto uno strumento di repressione della concorrenza sleale, quanto uno strumento di riduzione delle asimmetrie informative.

Verso il Governo, l’opinione pubblica, le forze sociali, le professioni unite e gli appaltatori devono far comprendere che le attività di trasformazione del territorio incidono sulla qualità del paesaggio e dell’ambiente e quindi sulla qualità della vita di tutta la popolazione; che per ottenere trasformazioni di qualità, i progetti devono essere anch’essi di qualità e di conseguenza il sistema degli affidamenti e delle gare dev’essere in grado d’indurla in tutte le occasioni, grandi o minute che siano; che senza equa remunerazione non vi possono essere prestazioni adeguate, né equa retribuzione per gli addetti alla produzione delle elaborazioni e delle opere, tecnici o operai che siano.

Di conseguenza, il sistema delle professioni deve chiedere con forza l’emanazione di norme che identifichino le offerte anomale, sia nella progettazione, sia nell’esecuzione delle opere e che impediscano che ne derivino affidamenti; che inducano verifiche ex post sulla completezza dei progetti posti a gara, per ridurre il rischio di prestazioni prive dei contenuti necessari a garantire la qualità.

Il mondo delle professioni deve inoltre opporsi alle norme che introducono la spersonalizzazione del rapporto, come alle formule d’assegnazione mediante sbrigative gare telematiche, forse idonee alle forniture di beni di consumo seriali, ma certamente non a prestazioni complesse e dai contenuti delicati e sperimentali, come quelle d’architettura e ingegneria.

E ciò sia per il settore pubblico, sia per il privato. Di ciò dev’essere edotta l’opinione pubblica, che così com’è attenta nella scelta di un medico o di un avvocato, deve comprendere che è altrettanto essenziale il rapporto personale e fiduciario con l’architetto, l’ingegnere, l’appaltatore.

Parimenti beninteso, la fede pubblica dev’essere tutelata con l’obbligo della preventiva definizione dell’impegno economico, che deriva al committente dall’incarico professionale o dall’appalto delle opere.

Sono soltanto alcuni dei provvedimenti indispensabili e urgenti dei quali necessitano architetti, ingegneri e imprenditori, non certamente gli unici, ma sono quelli fondamentali per arrestare il degrado del Paese e riavviare un processo di diffusione nel territorio di nuova bellezza, efficienza, miglioramento della qualità della vita.

di Bruno Gabbiani, Presidente Ala Assoarchitetti

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