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Nzeb e degrado biologico delle superfici

Si riportano i risultati di una ricerca sperimentale volta a valutare l’influenza che l’introduzione di modelli costruttivi di tipo Nzeb potrebbe avere sul degrado biologico e durabilità delle superfici esterne degli edifici.

La direttiva 31/2010/UE richiede agli stati membri che tutti gli edifici di nuova costruzione, realizzati a partire dal 31 dicembre 2020 (2018 per gli edifici pubblici), siano «Nearly Zero Energy Buildings, Nzeb», ovvero edifici “a energia quasi zero”, al netto dell’energia autoprodotta tramite impianti per la climatizzazione con fonti energetiche rinnovabili. Già oggi [1] è possibile trovare a livello mondiale, ed anche in Italia, costruzioni che si avvicinano a questo standard.
A livello legislativo le azioni che vengono promosse (alcune sono di prossima attuazione) per raggiungere tale obiettivo privilegiano l’abbattimento dei consumi mediante l’introduzione di limiti di trasmittanza sempre più bassi. Appare possibile, a breve, un significativo abbattimento dei valori fissati dal D.Lgs. 311/06.

Acquario in vetro utilizzato per la prova di crescita accelerata in laboratorio.
Acquario in vetro utilizzato per la prova di crescita accelerata in laboratorio.

Sebbene questa strada sia quella più “facile” per ottenere ulteriori riduzioni dei consumi, va considerato che, in caso di estremizzazione del concetto di isolamento, si introducono nei componenti edilizi modelli di funzionamento differenti rispetto al passato e che possono implicare conseguenze indesiderate.
Oltre a problematiche di qualità dell’aria interna, per la progressiva introduzione di infissi ad altissima tenuta in assenza di una progettazione complessiva dell’intervento di retrofit energetico, si stanno registrando di recente, anche nel nostro paese, problematiche di degrado biologico delle superfici esterne.

La forte riduzione dei flussi termici passanti, positiva per il contenimento dei consumi energetici, rende infatti più sollecitate le superfici esterne soprattutto in contesti con inverni freddi e/o caratterizzati da UR% elevate, come rilevato già da alcuni anni in altri paesi europei [2]. In questa ricerca, seguendo studi già compiuti dagli stessi autori [3], [4], si riportano i risultati di una attività sperimentale volta a individuare le relazioni tra fenomeni di degrado biologico delle superfici esterne e l’introduzione di modelli costruttivi a bassissima trasmittanza. In particolare si è analizzata l’influenza, sullo sviluppo di microorganismi esterni (alghe), di particolari tipologie di materiali correlate a specifiche soluzioni costruttive.

Sviluppo algale al tempo zero (t0), dopo 1 settimana (t1), dopo 3 settimane (t3) e alla fine del test di Etics (t9). Il trend di Etics-2 è stato considerato separatamente dagli altri campioni di Etics, pertanto l’immagine contiene quattro campioni rappresentativi anziché tre.

Metodologia. Al fine di determinare quantitativamente, sul degrado biologico, gli effetti delle proprietà fisico-chimiche dei materiali si sono effettuati, su diverse tipologie di provini, test accelerati di invecchiamento, simulando le condizioni abiotiche ottimali per lo sviluppo algale.
Le tipologie di prodotti analizzate sono state scelte in relazione alla necessità di valutare l’influenza della tipologia costruttiva (posizione e spessore dell’isolamento), delle caratteristiche fisiche superficiali dei materiali (rugosità e assorbimento per capillarità) nonché della natura chimica dei materiali di finitura.
L’influenza della tipologia costruttiva è stata analizzata negli studi precedentemente pubblicati [3], [4], qui si riportano invece i risultati relativi all’influenza delle proprietà superficiali dei materiali di finitura sull’attecchimento e crescita di alghe.

I materiali analizzati sono riconducibili a tre categorie: finiture di sistemi Etics (isolamento a cappotto), laterizi faccia a vista in pasta molle, laterizi faccia a vista estrusi. Per ciascuna categoria sono stati presi in considerazione materiali differenti come evidenziato in tabella 1.
I campioni (3 per ciascun materiale) hanno una superficie ciascuno di 35 cm2 e spessore pari a 12 cm, in modo da considerare anche i processi relativi allo scambio di acqua con la parte retrostante. I campioni di Etics sono stati preparati applicando uno strato d’intonaco di finitura, con differenti composizioni, su pannelli in Eps in conformità con gli standard Eta [6, 7].
I ceppi algali testati, denominati Chlorella mirabilis Alcp 221B e Chroococcidiopsis fissurarum Ippas B445Z8, sono stati forniti dalla Algotheque du Laboratoire de Cryptogamie del Museo National d’Histoire Naturelle (Mnhn, Parigi, Francia).

Variazione cromatica superficiale dei campioni espressa tramite (ΔΕ). La differenza di colore totale tra due generiche misurazioni, inserite nel grafico, è data dalla distanza geometrica tra le loro posizioni nello spazio CIELab (∆L=Ln-L0 ; ∆a= an-a0; ∆b=bn-b0; n=n-esima misurazione al tempo t=n e 0=misurazione al tempo t=0).

L’attivazione biologica dei due ceppi è avvenuta separatamente in bottiglie di vetro da laboratorio contenenti 5 L di Bold’s Basal Medium (Bbm) [7] alle seguenti condizioni: 24°C, fotoperiodo di (14 h/10 h – luce/buio) e intensità luminosa di 1500 lux. Prima di iniziare i test accelerati, le due brodo-colture (5 litriciascuna) sono state miscelate e trasferite nei box-test in vetro. Preliminarmente ai test di crescita accelerata si sono determinati la porosità totale (W) con porosimetro a mercurio secondo la Astm D4404-10 [8], l’assorbimento d’acqua (Aw) secondo l’Etag04 [6, 7] e la Uni En 15801 [9].
La rugosità superficiale è stata misurata con Perthometer (M4P, Mahr Federal); le misure colorimetriche sono state infine effettuate con il colorimetro (Konica Minolta Cm 2600d), a un’apertura focale di 8 mm in accordo con la norma europea Uni En 15886:2010 [10]. Per valutare la crescita algale si è utilizzato il sistema raffigurato in figura 1 già validato in una precedente ricerca [11]. Durante il ciclo di crescita di 14 h di luce ogni campione ha ricevuto una radiazione luminosa pari a 1500 lux e 20 L di brodo colturale per 3 h.

Temperatura e umidità relativa sono stati monitorati da un data logger posto all’interno del box. Le stesse impostazioni strumentali utilizzate in questa ricerca sono state di recente usate da Tran et al. [12] per correlare i risultati di laboratorio al normale sviluppo di microorganismi osservabile all’esterno degli edifici, ricavando un fattore d’accelerazione pari a 10. La crescita microbica superficiale è stata infine valutata mediante ispezione visiva accoppiata all’acquisizione di immagini tramite uno scanner (a 600 dpi di risoluzione) e analisi colorimetrica.
Quest’ultima, espressa tramite l’indicatore ΔΕ (1) [10], consente la misura del colore delle superfici di materiali inorganici porosi e le loro possibili variazioni cromatiche. In particolare questo standard di misurazione permette di associare la variazione di colore, assunta da una generica superficie bio-contaminata, allo stato vitale di crescita che caratterizza gli organismi fotosintetici, ad esempio valori più bassi di a* (molto verde) e più alti di b* (molto giallo) indicano più clorofilla e più carotenoidi.

∆E= √(∆L^2+∆a^2+∆b^2 ) (1)
∆L*, ∆a* e ∆b* sono le differenze di colore misurate nello spazio delle coordinate CieLab.

Ulteriori test sono stati condotti al fine di valutare il grado di adesione tra il biofilm e la superficie dei campioni. Per la valutazione si è utilizzato un Clsm (Axioplan 200M Carl Zeiss Microscope dotato di un sistema d’acquisizione confocale Zeiss LSM510) con il quale si è calcolata la fluorescenza espressa con valori da 0 a 250 (unità arbitrarie) (2) come di seguito indicato:

Fluorescenza media= (∑▒(Ixf) )/P (2)
Dove I è l’intensità di fluorescenza (da 0 a 250), f è il numero di pixel aventi la stessa I e P è il numero totale di pixel contaminati.

Dove I è l’intensità di fluorescenza (da 0 a 250), f è il numero di pixel aventi la stessa I e P è il numero totale di pixel contaminati.

Risultati. La prima fase della ricerca ha riguardato la caratterizzazione dei materiali, come riportato in tabella 2. In particolare sono stati ricavati la porosità totale (W), l’assorbimento per capillarità (Aw), la rugosità superficiale (Ra) ed i parametri colorimetrici (L,a,b).
L’analisi dei dati evidenzia la forte differenziazione tra sistemi di finitura Etics e laterizi in merito alla porosità totale ed in merito all’assorbimento per capillarità.
I primi manifestano porosità più basse e coefficienti di assorbimento capillare minori. I secondi evidenziano porosità più elevate (soprattutto per i prodotti in pasta molle) e assorbimenti per capillarità più elevati. Netta differenziazione si ha anche per la rugosità.

Sviluppo algale al tempo zero (t0), dopo 1 settimana (t1), dopo 3 settimane (t3) e alla fine del test di Etics (t9). Il trend di Etics-2 è stato considerato separatamente dagli altri campioni di Etics, pertanto l’immagine contiene quattro campioni rappresentativi anziché tre.
Sviluppo algale al tempo zero (t0), dopo 1 settimana (t1), dopo 3 settimane (t3) e alla fine del test di Etics (t9). Il trend di Etics-2 è stato considerato separatamente dagli altri campioni di Etics, pertanto l’immagine contiene quattro campioni rappresentativi anziché tre.

I sistemi Etics osservati presentano rugosità più importanti, aspetto che potrebbe potenzialmente favorire il mantenimento delle cellule algali sulla superficie.
A seguito della caratterizzazione si sono effettuati i test di invecchiamento, procedendo, dopo l’inoculazione, alla verifica della velocità di crescita delle due specie algali prese in considerazione sulle superfici analizzate. La figura 2 mostra la copertura algale superficiale al tempo zero e dopo 1, 3 e 9 settimane di test accelerati di degrado.
Come si può osservare, l’estensione del biofilm algale è stato differente in ogni campione e, come atteso, dipendente anche dalla natura dei materiali utilizzati.
I campioni Etics -2 hanno registrato una crescita consistente ed anche un significativo attecchimento nel tempo delle alghe sulle superfici (i test prevedevano anche cicli di lavaggio per verificare l’adesione delle alghe).

Se si confronta questa tipologia di materiale con gli altri della stessa categoria, si osserva come questo sia quello con la maggiore porosità nella categoria unita al maggior valore di assorbimento capillare ed ad una delle più alte rugosità. E’ possibile pertanto che la disponibilità di acqua e l’alta rugosità unite alla presenza di sostanze organiche abbiano favorito l’attecchimento [13].
Il confronto tra i campioni Fve e Fvm mostra che i primi si sono coperti più lentamente rispetto ai secondi; ciò presumibilmente perché sono caratterizzati da minore porosità e rugosità superficiale, come dimostrano precedenti ricerche condotte nello stesso ambito [5, 14, 16].

L’analisi colorimetrica condotta per la verifica della copertura algale ha confermato quanto prima indicato [5,16] ed ha permesso anche di evidenziare la maggiore copertura al termine della prova per i campioni di tipo Etics.
Dopo un iniziale picco per una tipologia di prodotti in laterizio (subito smorzato in quanto con il lavaggio atto a simulare l’azione dell’acqua piovana il delta E si è immediatamente abbassato) i campioni Etics hanno mostrato un incremento della copertura algale, mentre i laterizi sia in pasta molle che estrusi hanno manifestato stabilità, segno dell’influenza della rugosità sulla capacità di attecchimento delle alghe (fig. 3).

A conclusione dei test accelerati, il ΔΕ medio (viraggio cromatico) della categoria Etics è stato ca. 22 mentre per i laterizi è stato ca. 14 con un conseguente incremento di biodegrado a carico dei primi che hanno mostrano minore resistenza alla proliferazione algale rispetto ai mattoni faccia a vista. Si consideri che più è alto il valore ΔΕ più si percepisce la differenza cromatica. Per l’occhio umano variazioni pari a 2-3 sono non percettibili.
Variazioni dell’ordine di 20 significano un netto cambio di colore. Una spiegazione di quanto rilevato può ricavarsi incrociando i dati di caratterizzazione con i risultati dell’invecchiamento accelerato. La figura 4 mostra l’evidente influenza della rugosità sulla biorecettività dei campioni [15].

In particolare appare evidente il fatto che i campioni caratterizzati da maggiore rugosità superficiale sono quelli risultati maggiormente bioricettivi.
Stesso discorso può essere effettuato per la porosità e per l’assorbimento capillare. Le figure 5 e 6 mostrano rispettivamente il legame tra la biorecettività e la porosità dei materiali testati.
La proliferazione algale aumenta velocemente se c’è maggiore ritenzione idrica e maggiore quantità di nutrienti disponibili [16].

Conclusioni. Le attività sperimentali hanno permesso di valutare, a parità di condizioni d’esercizio gli effetti, sulla crescita di alghe, di grandezze che caratterizzano il comportamento superficiale dei materiali analizzati (rugosità, porosità, etc…). E’ evidente il peggior comportamento di alcuni campioni riconducibili alla categoria Etics per la combinazione di rugosità, porosità totale, assorbimento per capillarità e presenza di nutrienti che li caratterizza. Va rilevato che questi comportamenti sono esaltati ancora di più se questi stessi materiali sono impiegati a finitura di sistemi di isolamento ad altissimo spessore per via dell’ovvia inibizione degli scambi di natura sia termica che igrometrica con la parte retrostante della parete.

Bibliografia
[1] G.B. Caruso, G. Evola, G. Margani. Progettare un net ZEB in clima mediterraneo, Costruire in Laterizio n. 155 (2014), 52-58.
[2] M. Nay, P. Raschle. Algen und Pilze an Fassaden im Blickwinkel der Forschung. EMPA, 2003.
[3] M. D’Orazio, G. Cursio. I componenti edilizi e il «troppo risparmio energetico», Costruire in laterizio n.155 (2013), 52-55.
[4] M. D’Orazio, G. Cursio. Facciate in laterizio contro il bio-degrado: risultati analitici, Costruire in laterizio n.155 (2014), 64-68.
[5] W. De Muynck et al. Evaluation of strategies to prevent algal fouling on white architectural and cellular concrete. International Biodeterioration & Biodegradation, 63 (2009) 679-689.
[6] ETA-04/0018. External thermal insulation composite systems with rendering for the use as external insulation of building  alls. European Organization for Technical Assessment (EOTA), 2000.
[7] ETA-07/0280. External thermal insulation composite systems with rendering for the use as external insulation of building walls. European Organization for Technical Assessment (EOTA), 2000.
[8] ASTM D4404-10. Standard test method for determination of pore volume and pore volume distribution of soil and rock by mercury intrusion porosimetry. American Society for Testing and Materials, 2010.
[9] UNI EN 15801:2010. Conservation of cultural property e test methods e determination of water absorption by capillarity. Ente Nazionale Italiano di Unificazione, 2010.
[10] UNI EN 15886:2010. Conservation of cultural property e test methods e colour measurement of surfaces. Ente Nazionale Italiano di Unificazione, 2010.
[11] Graziani L, Quagliarini E, Osimani A, Aquilanti L, Clementi F, Yéprémian C, et al. Evaluation of inhibitory effect of TiO2 nanocoatings against microalgal growth on clay brick façades under weak UV exposure conditions. Building and Environment
2013; 64:38-45.
[12] Tran TH, Govin A, Guyonnet R, Grosseau P, Lors C, Damidot D, et al. Influence of the intrinsic characteristics of mortars on their biofouling by pigmented organisms: comparison between laboratory and field-scale experiments. International Biodeterioration & Biodegradation 2014; 86:334-42.
[13] Ivanova E. The biodegradation of layered silicates under the influence of cyanobacterial-actinomycetes associations. Geophys Res Abstr 2013;15:2013.
[14] Guillitte O, Dreesen R. Laboratory chamber studies and petrographical analysis as bioreceptivity assessment tools of building materials. Sci Total Environ 1995;167:365-74.
[15] Barberousse H, Ruot B, Yéprémian C, Boulon G. An assessment of façade coatings against colonisation by aerial algae and cyanobacteria. Build Environ 2007;42:2555-61.
[16] Dubosc A, Escadeillas G, Blanc PJ. Characterization of biological stains on external concrete walls and influence of concrete as underlying material. Cem Concr Res 2001;31:1613-7.

Marco D’Orazio, professore ordinario, Università Politecnica delle Marche

Gianluca Cursio, ingegnere edile

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