Guida Pratica | Puliture

Opere di conservazione degli elementi lapidei del Pantheon del cimitero di Staglieno

L’opera di restauro del Pantheon del cimitero di Staglieno a Genova è iniziata nel 2001 e ha incluso la pulitura dell’altare principale, la pulitura e ripresa di stucchi e il restauro di alcune delle colonne in marmo nero all’interno della chiesa. In questa scheda vengono descritte le operazioni eseguite sugli elementi lapidei.

Nel 2001 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria ha iniziato un intervento di restauro del Pantheon, realizzando la pulitura dell’altare principale, la pulitura e ripresa di stucchi e il restauro di alcune delle colonne in marmo nero all’interno della chiesa.

Il Comune ha eseguito i lavori di restauro dei due campanili laterali sul retro, dei due cavedi tra chiesa e campanili, dello scalone e dei locali sottostanti, mentre la Soprintendenza ha completato l’intervento già precedentemente iniziato nel 2001. In particolare in questa scheda vengono descritte le operazioni eseguite sugli elementi lapidei.

I materiali

Nel complesso architettonico del Pantheon del cimitero di Staglieno furono utilizzati molti marmi differenti, i loro colori dovevano comporre un sapiente gioco, alternando le diverse sfumature. La lavorazione delle superfici, poi, sottolineava ulteriormente tali sottili differenze. Spesso gli stessi colori delle pietre venivano ripresi anche nelle parti intonacate. Tali materiali sono stati scelti per ottenere leggere variazioni cromatiche dal bianco al rosato.

Dopo un attento esame dei lacerti si è presa la decisone di rimuoverli con impacchi e solventi e con l’impiego di una microsabbiatrice nei punti di maggiore resistenza.

Nello specifico i materiali utilizzati sono: arenaria di La Spezia, marmo bianco di Carrara, marmo Bardiglio o marmo grigio di Carrara, marmo Rosso e Verde di Levanto, Verde e Rosso di Polcevera, pietra calcarea di Nizza (o di La Turbie), pietra di Varenna, Rosso di Francia.

  • Arenaria di La Spezia è utilizzata in tutto il cimitero, con «finitura a martellina fine e bocciarda», per rivestimenti di pilastri, zoccoli, «bauli» di coronamenti, scalini, «bocche di chaivica», pavimenti posti a «bagni di calce e pozzolana», marciapiedi e per i ripiani della grande scalinata (poi rifatti in cemento e ora in acciottolato). In particolare nel Pantheon viene utilizzata questo litotipo nel Basamento e nelle Gallerie laterali del Pantheon. Nei documenti della costruzione così si legge: «Per la grande cornice sopra la trabeazione marmorea del colonnato interno del Pantheon era prevista una fabbrica di mattoni e ardesie e pietra della Spezia per addentellature decorato con mensole e un fregio in stucco con metope triglifi e campanelle compresi gli arpioni di rame (perni di ancoraggio). Alla sequenza metope e triglifi verrà poi preferito un fregio continuo con girali fitomorfi e teste di cherubino».
  • Marmo Bianco di Carrara: è impiegato all’interno del Pantheon per la trabeazione, le basi e capitelli delle colonne, le acquasantiere, i 5 altari, le statue, parte del pavimento, i lunettoni sopra i portali e i profili intorno alle nicchie, e nelle parti esterne per le 6 colonne doriche del pronao (diametro di 1,5 m e altezza 8,6 m), relativi capitelli e scalinata. Sono stati usati diversi tipi di marmo bianco: il più pregiato, detto «statuario» è stato impiegato per statue, altari e per le parti più riccamente lavorate, mentre varietà di marmo più economico con venature grigie molto evidenti o con un fondo leggermente grigio sono state impiegate nelle lastre di rivestimento e negli architravi all’interno. All’esterno è più diffuso il marmo di qualità inferiore: nelle parti erose delle colonne del pronao si evidenziano forti disomogeneità nella consistenza del materiale e nella colorazione.
  • Marmo Bardiglio o Marmo Grigio di Carrara: all’interno il bardiglio fu utilizzato nelle pavimentazioni insieme al bianco di Carrara.
  • Pietra Calcarea di Nizza (o di La Turbie): la Pietra Calcarea di Nizza è un calcare ricco di porosità e di venature dorate nel cimitero si trova anche nelle imposte di archi, cornici, dadi, trabeazioni, colonne e mezze colonne, e in alcune cornici esterne del Pantheon. Le semicolonne scanalate sono in pietra calcarea di Nizza lavorata superficialmente con la bocciarda.
  • Pietra di Varenna: gli acroteri della scalinata sono blocchi unici di pietra di Varenna estratta nei pressi di Cogoleto. Nell’esterno del Pantheon, nella parte basamentale è utilizzato il Gabbro della val Varenna (valle nell’immediato ponente genovese).
Tra il 2003 e il 2004 il Pantheon è stato oggetto contestualmente di due interventi di restauro realizzati, con due finanziamenti distinti, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria e dal Comune di Genova.

Fenomeni di degrado

In corrispondenza del timpano vi era un grave dissesto statico, causato dallo schiacciamento con rottura del blocco angolare sinistro della trabeazione, dovuta al peso del timpano. Muschi e licheni sono stati rilevati in diverse parti del manufatto e in particolare nella scalinata del pronao. Uno spesso strato di polveri sedimentate sulle superfici rendeva difficoltosa la lettura dei particolari di molte statue in marmo. Depositi più o meno consistenti sono più intensi e presenti all’interno del Pantheon.

L’ossidazione dei perni di ferro e lo schiacciamento stesso dei blocchi marmorei aveva provocato scheggiature e rotture nel pronao; in diversi casi è stato possibile individuare anche le stuccature effettuate nel passato.

Disgregazione e macchie. Non sempre il marmo impiegato nell’architettura del pronao era di qualità buona e omogenea.

Mancanze. Quasi tutte le originali stuccature tra le commettiture degli elementi erano alterate o saltate.

Tra il 2003 e il 2004 il Pantheon è stato oggetto contestualmente di due interventi di restauro realizzati, con due finanziamenti distinti, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria e dal Comune di Genova.

L’intervento di restauro

Per rimediare al dissesto del timpano, la parte di blocco distaccato dal resto della trabeazione è stato ancorato nuovamente alla struttura muraria mediante perni tra le due parti e resine e malte adesive.
Per rimediare agli altri fenomeni di degrado si è operato nel seguente modo:

  • all’interno i marmi bianchi hanno richiesto una pulitura molto simile a quella realizzata sugli stucchi con l’utilizzo di una soluzione satura di bicarbonato d’ammonio; il loro stato di conservazione era comunque discreto e in taluni casi, dove non si è intervenuti, era addirittura ottimo.
  • all’esterno lo stato di conservazione dei marmi (Carrara bianco e venato e Bardiglio chiaro) era eterogeneo: quelli al di sotto del colonnato erano in uno stato di conservazione buono mentre, gli altri, nelle zone più esposte erano erosi. A causa della differente qualità e uniformità del materiale impiegato, spesso erano presenti erosioni diseguali con macchie di color ocra dovute all’alterazione delle impurità presenti all’interno del marmo. Depositi piuttosto consistenti e croste nere erano presenti nelle parti non soggette al dilavamento. Tali depositi sono stati eliminati con l’applicazione, a seconda dei casi, di spray manuali ad acqua, di impacchi di carbonato di sodio e d’ammonio e in alcuni limitati punti, anche con l’impiego di una microsabbiatrice.

Le stuccature sono state effettuate con impasti a base di calce idraulica Lafarge pigmentata e inerti. Infine su tutte le superfici è stata applicata una mano di consolidante protettivo a base di silicato di etile, in molti punti replicando il trattamento a causa della erosione e grande assorbenza del materiale.

Le cornici in pietra calcarea di La Turbie hanno avuto un trattamento simile, benché avessero subito in maniera meno rilevante i danni da dilavamento, a causa della maggior compattezza della loro struttura cristallina. Queste parti però presentavano residui di una tinteggiatura ocra novecentesca (nella prima metà del ‘900, in occasione di sostanziali ampliamenti e modifiche del cimitero, venne stesa una tinta ocra gialla e rossa).

La secolare esposizione agli agenti atmosferici ha dato luogo alla disgregazione cristallina superficiale, alla formazione di fenditure e macchie color ocra per la presenza d’impurità di ferro.

Chi ha fatto Cosa

Settori operativi: interventi sui marmi del Pantheon del cimitero storico di Staglieno (Ge)
Progetto di restauro primo lotto: n.2/2000 del 23/2/2000 Cap.7704
Esecuzione in cantiere e Alta Sorveglianza: Rup Soprintendente arch. Liliana Pittarello
Progettista e direttore dei lavori: ang. Rita Pizzone
Collaboratori alla progettazione e direzione dei lavori: restauratori Paola Parodi e Stefano Vassallo
Coordinatore per la sicurezza: arch. Augusto Marchioni
Progetto di restauro secondo lotto: n.37/SL/01 del 5/3/2003 AF 2001 cap.7704 del 23/2/2000 Cap.7704
Esecuzione in cantiere: Rup arch. Gianni Bozzo
Progettista e direttore dei lavori: Ing. Rita Pizzone
Collaboratori alla progettazione e direzione dei lavori: restauratori Paola Parodi e Stefano Vassallo
Ispettore di cantiere: arch. Michele Cogorno. Collaboratori Rup arch. Michele Cogorno e Giuseppe Burgio
Coordinatore per la sicurezza: arch. Augusto Marchioni
Alta Sorveglianza: Soprintendente Maurizio Galletti

Riflessioni a margine dell’esperienza di restauro

L’osservazione attenta del manufatto e dei marmi ha evidenziato anche alcuni piccoli interventi di restauro eseguiti in passato (per esempio tasselli lapidei inseriti in corrispondenza di piccole mancanze); anche queste parti, opportunamente trattate, sono state conservate.

La pulitura ha avuto un esito soddisfacente e ha anche consentito di apprezzare nuovamente tutti i diversi trattamenti superficiali del materiale, messi a punto dagli scultori nelle grandi statue delle nicchie, e anche la raffinata esecuzione dei capitelli ionici.

«La pulitura ha comunque consentito di recuperare le originali sfumature nel trattamento del materiale lapideo, evidenziando zone con materiale più scuro e altre con marmi leggermente venati (sempre bianco Carrara) oppure gli accostamenti tra parti lucidate e altre volutamente lasciate opache, come il rivestimento della facciata in rapporto con le cornici delle porte» (Ministero per i Beni, op. cit, pp.72-73).

Per saperne di più

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria (a cura di), La cappella dei Suffragi Pantheon del civico cimitero di Staglieno. Studi e Restauri 2001-2004, prefazione di Rita Pizzone, Ideazione e supervisione di Rita Pizzone, ricerche di Luce Tondi, Paola Parodi, Stefano Vassallo, redazione del testo di Stefano Vassallo, Rita Pizzone e Paola Parodi, ed. Ape, Genova 2004.

di Daniela Pittaluga,
Università di Genova, Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio

Glossario

Marmo Bianco di Carrara. Il marmo apuano bianco saccaroide (calcari metamorfici) è composto quasi interamente da calcite con cristalli piccoli e bianchi (ma non mancano varietà colorate come bardigli, cipollini) tipici di un ambiente di formazione di scogliera e lagune marine di mare basso con clima caldo tropicale.
Marmo Bardiglio. Caratteristico marmo apuano, con fondo di colore variabile tra il grigio chiaro, cenere, azzurrognolo fino a quasi nero; la sua origine è legata a deposito di materiali argillosi e sostanze carboniose (di ambienti riducenti) che si alternano a livelli di carbonato di calcio più puri. Ne esistono diverse qualità, la varietà è spesso sfumata e si basa in pratica sulla presenza di impurità e venature biancastre e istoriature, con masse allungate di metabrecce, tipo marmi arabescati.
Arenaria di La Spezia. Le cave di Arenaria, da tempo esaurite, sorgevano nelle vicinanze del Comune di Casella nello Spezzino. La formazione è chiamata del monte Macigno, dal luogo di estrazione. Si tratta di un flysch arenaceo esteso in tutto l’appennino settentrionale, da La Spezia fino al Trebbia e al lago Trasimeno. La roccia è costituita da grovacche fedelspatiche, contenenti fedelspati, miche e quarzo con matrice cloritica o più raramente carbonatica. Lo spessore massimo della formazione è duemila metri con età compresa tra oligocene medio superiore e miocene inferiore. Si tratta di sabbie sedimentate alternate a sottili livelli di argillite su fondo oceanico prossimo all’antico continente paleoafricano. Nel XIX secolo, e in buona parte del XX, è stata la pietra più utilizzata per pavimentazioni stradali a Genova, insieme al granito, alla pietra di promontorio e alla pietra di Luserna. In architettura fu utilizzata in alternativa alle arenarie toscane.
Pietra Calcarea di Nizza (o di La Turbie). Si tratta di un calcare sedimentario compatto, tipico della Provenza e del Delfinato, utilizzato fin dall’antichità. La pietra, proveniente da «Nizza Marittima», era apprezzata per la sua colorazione, che variava dal bianco al rosato.
Pietra di Varenna. Si tratta probabilmente di Eclogite o di un Fe-Gabbro, derivante dalla metamorfosi di rocce a chimismo femico. Questa roccia, facente parte della formazione del monte Beigua, è reperibile nelle località di Voltri, Acquasanta, Pegli, Cogoleto; è un materiale duro e tenace a elevato peso specifico utilizzato nel XIX secolo per ponti, muraglie di ferrovie e monumenti. La roccia è composta da diversi minerali tra cui pirosseno sodico, granati, anfibolo sodico, rutilo.

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