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Osservatorio del cambiamento Fidec: Nomisma sul settore immobiliare

Nelle grandi città, le variazioni dei prezzi medi nel primo semestre 2018 sono state mediamente negative dello 0,5% per le abitazioni e i negozi e dello 0,8% per gli uffici. E il segno meno le abitazioni se lo dovrebbero scrollare di dosso soltanto nel 2020 con una crescita dello 0,2%. Tanto che i valori immobiliari sono mediamente ancora del 15% sotto i livelli pre-crisi.

La fragilità del contesto economico e un’inadeguatezza del patrimonio immobiliare trasversale a tutti i segmenti riducono l’intensità della ripresa del mercato immobiliare.

Al di là delle incognite, il mercato rimane comunque positivamente orientato, anche se la dinamica espansiva dei prezzi è destinata a mantenersi contenuta. Quel che è certo è che in Italia, come sottolineano i dati Ance, ci sono 12,2 milioni d’immobili a uso abitativo di cui il 70% è stato costruito prima del 1974 e di essi 9,3 milioni sono stati costruiti in territori a significativo rischio sismico.

Alla luce di questi dati si stima che servirebbero 105 miliardi di euro per opere strutturali di miglioramento sismico e 33,5 miliardi per la riqualificazione energetica. E il ruolo della manutenzione è dimostrato anche dal fatto che su un valore della produzione 2017 di 167 miliardi di euro, 124 sono frutto del recupero edilizio. Recupero che dal 1998 al 2017 ha interessato 16 milioni di famiglie (il 62% del totale) attivando investimenti per 264 miliardi.

Quotazioni del mattone

Tornando alle quotazioni del mattone, l’eccesso di offerta, da un lato, e l’entità degli interventi di ristrutturazione in molti casi necessari dall’altro, costituiscono una sorta di calmiere naturale dei prezzi, inefficace solo in presenza di spirali speculative. Il mismatching tra aspettative e stock rappresenta uno dei principali fattori di penalizzazione del mercato che, oltre a ridurre la dinamica inflazionistica, ne pregiudica le possibilità di ulteriore ampliamento dimensionale.

Resta rilevante il ruolo della componente finanziaria, stante che la gran parte delle compravendite è assistita da mutuo. E che il sistema bancario è disponibile a prendere in considerazione solo i progetti che presentino condizioni di sostenibilità (tempi di rientro, dimensionamento flussi di cassa) poco compatibili con interventi di deep renovation.

Infine, tra i fattori di freno vi è un’offerta, certamente interessata ad allargare i propri orizzonti di mercato, ma non ancora incisiva con prodotti chiavi in mano in grado di persuadere i clienti sul comfort complessivo e le banche sulla garanzia del risultato finale.

Il mercato nelle grandi città

Nelle grandi città, le variazioni dei prezzi medi nel primo semestre 2018 sono state mediamente negative dello 0,5% per le abitazioni e i negozi e dello 0,8% per gli uffici. E il segno meno le abitazioni se lo dovrebbero scrollare di dosso soltanto nel 2020 con una crescita dello 0,2%. Tanto che i valori immobiliari sono mediamente ancora del 15% sotto i livelli pre-crisi.

 Il ruolo del credito

Circa il 60% delle transazioni è sostenute da un mutuo. Ma l’incremento delle transazioni registrato (nel 2017 le compravendite sono state 542.480, ma nel 2013 al culmine della crisi erano state meno di 390mila, e dovrebbero salire a 566.057 nel 2018 per portarsi oltre quota 594mila nel 2020) non esaurisce in alcun modo il potenziale espansivo, come si evince dall’imponenza delle intenzioni di acquisto.

Sono, infatti, oltre 2,6 milioni le famiglie che manifestano ambizioni proprietarie, prevalentemente alimentate dal desiderio di miglioramento della condizione abitativa attuale o dall’esigenza di emancipazione dal nucleo di origine. La percentuale di conversione di tale fabbisogno in acquisto reale sarà in larga parte riconducibile alla disponibilità con cui il sistema bancario accetterà le scommesse sulle future capacità di rimborso, stante che la dipendenza da mutuo connota oltre l’80% della domanda potenziale.

L’indagine, inoltre, conferma una crescita della domanda di prestiti da parte delle famiglie rispetto alla scorsa rilevazione che prefigura un miglioramento dell’offerta di credito e della domanda residenziale: il 35% delle famiglie che intendono acquistare un’abitazione prevede di ricorrere sicuramente al canale bancario (925mila famiglie), mentre il 47,5% (1,2 milioni di famiglie) ritiene altamente probabile l’accensione di un mutuo.

Le richieste, come nelle precedenti rilevazioni, continuano però ad essere assecondate in misura parziale dal mondo bancario. Dall’indagine emerge, infatti, che negli ultimi 12 mesi sono circa 362mila le famiglie che hanno fatto richiesta di un mutuo ipotecario alle banche, senza che poi gli venisse concesso (1,4% delle famiglie; erano lo 0,5% nel 2017), a causa di una condizione finanziaria non soddisfacente.

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