Corte di Cassazione | Sentenza 20266 del 15/05/14

Pagamenti: anche se «alla canna del gas» l’imprenditore deve pagare il fisco

Per la Corte di Cassazione non risulta rilevante la scelta dell’imprenditore di saldare prima i dipendenti e poi i tributi fiscali.

La sentenza n. 20266 del 15/05/2014 della Corte di Cassazione è destinata a fare discutere, vista la situazione di crisi che attanaglia il Paese. Resta il fatto che è una sentenza che ha palesato nessuna tolleranza verso le aziende in dissesto finanziario.Crisi economicaIn sostanza gli imprenditori che non pagano le imposte a causa della crisi sono ritenuti evasori fiscali. E infatti le accuse di evasione fiscale non cadono solo per l’impossibilità di riscuotere i crediti dai clienti. Per la sezione penale l’imprenditore deve accantonare il denaro per versare le imposte e rispondere sempre a titolo di dolo generico.

La Corte specifica che nella ricorrente casistica dei motivi dell’illiquidità che si assume essere incolpevole e che si chiede poter scriminare il mancato pagamento di tributi all’erario vengono sottoposte all’attenzione della Suprema Corte insieme o in alternativa a:

  • l’aver ritenuto di privilegiare il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti onde evitare licenziamenti
  • l’aver dovuto pagare i debiti ai fornitori, pena il fallimento della società
  • la mancata riscossione dei crediti vantati e documentati spesso nei confronti dello Stato.

Secondo la Corte di Cassazione nessuna di queste situazioni, seppure provate, può integrare l’invocato stato di necessità. La norma infatti esclude la punibilità per chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o gli altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Con l’espressione «danno grave alla persona» il legislatore ha inteso riferirsi ai soli beni morali e materiali che costituiscono l’essenza stessa dell’essere umano ma non anche quei beni che, pur essendo costituzionalmente rilevanti, contribuiscono allo sviluppo e al completamento della persona umana.

Le precedenti sentenze.
Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 10813 del 06/03/2014: la mancanza di denaro funge da discriminante solo quando l’imprenditore riesce a dimostrare di aver fatto davvero l’impossibile per saldare il debito con l’Erario, incluso aver messo mano al suo portafoglio.
Corte di Cassazione, sentenza n. 19426 del 12/05/2014: la crisi di liquidità della società che non versa l’Iva può far cadere il reato a carico del suo vertice solo nel caso in cui l’imprenditore abbia provato che neppure col credito bancario l’imposta sarebbe stata versata e che il dissesto dell’azienda non è dipeso da lui.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here