Punti di Vista | Architetto Moreno Pivetti

Pnrr e progettualità per una conservazione sostenibile del paesaggio diffuso

Nell’ambito di un poliedrico tessuto di indirizzi strategici, il Pnrr ricomprende il tema della conservazione e valorizzazione del paesaggio antropizzato e del relativo patrimonio culturale ed architettonico. Con il dm del 18 marzo 2022, n. 107 viene trasformata la visione anticipatrice e  progressista del precedente legislatore in occasione di pianificazione ed evoluzione di quel ‘bene culturale diffuso’ che è il nostro paesaggio rurale.
Punti di Vista | Arch. Moreno Pivetti | Riconcettualizzare la ruralità.

L’economista latino-americano Manfred Max-Neef affermava che per garantire la trasformazione sostenibile di un dato sistema antropico un Paese virtuoso deve promuovere la combinazione di tre fattori: un corretto stato di diritto, vigilato e tutelato da un efficace tessuto normativo; un finanziamento creativo, alimentato da un processo partecipativo capace di calamitare e far interagire le forza vitali del territorio; non ultimo, un buon disegno, in grado di guidarne lo sviluppo strategico nel rispetto dei suoi equilibri ecologici e sociali.

L’onda della iattura pandemica ha risvegliato i Paesi dell’Unione Europea da una cronica miopia di fronte a fenomeni di uguale globalità e criticità, legati alla trasformazione (o ‘transizione’) ecologica dell’ambiente diffuso.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) sembra aver tracciato indirizzi strategici comuni a più Paesi per rispondere ai grandi cambiamenti accelerati dalla contemporaneità, nella consapevolezza che lo stato di salute del custode-garante del comune futuro – l’ambiente diffuso – sovrasta confini geografici, politici e socio-economici.

Nell’ambito di un poliedrico tessuto di indirizzi strategici, il Pnrr ricomprende altresì il tema della conservazione e valorizzazione del paesaggio antropizzato e del relativo patrimonio culturale ed architettonico, risvegliando impulsi programmatici in parte suggeriti dalla precedente legislazione.

Paesaggio rurale nella Pianura Padana (foto Arch. Moreno Pivetti)

Già la legge del 24 dicembre 2003, n. 378 (“Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale”) si prefiggeva di salvaguardare le tipologie dell’architettura rurale realizzate tra il XIII e il XIX secolo, “che siano testimonianze significative, nell’ambito dell’articolazione e della trasformazione storica, antropologica ed urbanistica del territorio, della storia delle popolazioni e delle comunità rurali, delle rispettive economie agricole tradizionali, dell’evoluzione del paesaggio”. Vi rientravano altresì “le testimonianze materiali che concorrono alla definizione di unità storico-antropologiche riconoscibili, con particolare riferimento al legame tra insediamento e spazio produttivo e, in tale ambito, tra immobili e terreni agrari”. Inoltre, erano considerati espressione della stratificazione antropica dei luoghi “la viabilità rurale storica, i sistemi di canalizzazione, irrigazione ed approvvigionamento idrico, i sistemi di contenimento dei terrazzamenti, i ricoveri temporanei, gli elementi e i segni della religiosità locale (…)”.

Come anticipato, i suddetti contenuti vengono assorbiti e normalizzati dal Pnrr, che tramite il dm del 18 marzo 2022, n. 107 (alla sezione Investimento 2.2: Protezione e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale) trasforma la visione anticipatrice e  progressista del precedente legislatore in occasione di pianificazione ed evoluzione di quel ‘bene culturale diffuso’ che è il nostro paesaggio rurale.

Tramite la pubblicazione di specifici Avvisi di gara, Regioni e Province Autonome in qualità di soggetti attuatori hanno attivato provvedimenti per la presentazione e l’aggiudicazione di proposte di intervento, con l’obiettivo di assegnare risorse per un plafond complessivo di 600 milioni di euro (Art. 1 – “Riparto delle risorse e numero degli interventi”), suddivisi per ambiti regionali, per l’attuazione di circa 4.000 interventi (3.393 progetti).

Il segmento dell’Investimento 2.2. “Protezione e valorizzazione dell’architettura rurale” è quindi “finalizzato alla realizzazione di un’azione sistematica di conoscenza, tutela e valorizzazione di edifici storici e del paesaggio rurale”, nel perseguimento dei due principali obiettivi:

  • “Preservare i valori dei paesaggi rurali attraverso la tutela e la valorizzazione dei beni della cultura materiale e immateriale e al mantenimento e ripristino della qualità paesaggistica dei luoghi”;
  • “Promuovere la creazione di iniziative e attività legate ad una fruizione turistico-culturale sostenibile, alle tradizioni e alla cultura locale”.

Oltre ai beni dichiarati di interesse culturale (ai sensi del dlgs n. 42/2004 e ss.mm.ii), gli interventi potranno altresì riguardare “spazi aperti di pertinenza degli insediamenti rurali e aree produttive agro-silvo-pastorali che si caratterizzano come componenti tipiche dei paesaggi rurali tradizionali”.

Superata la formula del finanziamento cosiddetto “a fondo perduto” – modalità rivelatasi assai critica in altri segmenti di ‘aiuto’ pubblico, per una deresponsabilizzazione del soggetto beneficiario non chiamato a compartecipare attivamente all’impegno finanziario – il contributo viene concesso come forma di cofinanziamento per un’aliquota dell’80% (oppure 100% se il bene è di interesse culturale), per una soglia massima di 150.000 euro.

Nonostante una parte della dotazione finanziaria sia già stata riservata alle proposte di intervento presentate entro il 20 maggio scorso, per consentire una più corale partecipazione di soggetti destinatari, sono stati riaperti i termini per la presentazione telematica delle domande di finanziamento, prorogati, quindi, al 30 settembre 2022 (ad esclusione delle sole regioni Abruzzo, Puglia e Valle d’Aosta).

Possono parteciparvi, tramite accreditamento al rispettivo applicativo di Cassa Depositi e Prestiti spa, “persone fisiche e soggetti privati profit e non profit, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, enti del terzo settore ed associazioni, fondazioni, cooperative, imprese in forma individuale o societaria, che siano proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo” di beni appartenenti al patrimonio culturale rurale. Sono altresì ammissibili progetti relativi a “beni di proprietà pubblica e di cui soggetti privati, profit e non profit, enti del terzo settore e altre associazioni ne abbiano la piena disponibilità, con titoli di godimento di durata pari almeno a 5 anni successivi alla conclusione amministrativa e contabile dell’operazione finanziaria (…)”.

Gli interventi ammessi dovranno essere realizzati entro il termine ultimo del 31 dicembre 2025, nel rispetto dei traguardi qualitativi (milestone) e quantitativi (target) definiti dalle misure del Pnrr.

In definitiva, il Decreto contribuisce a una riconcettualizzazione della ruralità nella dimensione contemporanea, in grado di generare rilevanti impulsi al palinsesto culturale e socio-economico del territorio, articolati in molteplici aspetti.

  1. Formazione di un efficiente apparato tecnico a costituire Nuclei di valutazione in grado di monitorare l’intero iter tecnico-amministrativo dei progetti finanziati, dalla fase di assegnazione delle risorse all’istruzione degli stati di avanzamento, dalla gestione delle varianti in corso d’opera all’ispezione in situ degli interventi realizzati, fino all’approntamento di meccanismi di revisione dei prezzi dei materiali in ragione di sensibili alterazioni dei mercati durante l’esecuzione delle opere. Non ultima, la costruzione di prezziari aggiornati per quelle opere di sistemazione ambientale e paesaggistica che spesso non trovano adeguata remunerazione (per carenza conoscitiva, per rigidezza di sistemi e metodi di determinazione dei prezzi). Appare infatti evidente come la verifica della buona condotta dei soggetti beneficiari durante il percorso tecnico-amministrativo degli interventi richieda il coinvolgimento di profili tecnici di alta formazione e comprovata esperienza in analoghi settori di intervento.
  2. Finalità pubblica legata all’azione di tutela e valorizzazione dei beni: restituire alla collettività ed alle future generazioni un patrimonio scarsamente conosciuto ed utilizzato “favorirà non solo le attività legate al mondo agricolo ma anche la creazione di servizi ausiliari a beneficio della fruizione culturale”, promuovendo la conoscenza dei luoghi. L’inclusione sociale – punto chiave tra gli obiettivi del New European Bauhaus – è quindi conditio sine qua non per ‘coltivare’ la cultura della conoscenza dei luoghi presso le future generazioni.
  3. Occasione di crescita e qualificazione per le imprese che operano negli ambiti, quelli della conservazione ambientale e del restauro architettonico, nei quali l’intrinseca finalità ecologica degli interventi obbliga sempre più i diversi operatori ad individuare una sintesi tra valori tecnici ed etici della produzione
  4. Promozione del Green Deal come esperienza culturale condivisa, includendo tra gli interventi ammissibili opere riguardanti il miglioramento dell’efficienza energetica del patrimonio costruito e l’implementazione di colture agro-forestali di interesse storico caratterizzate da una spiccata capacità di assorbire CO2.
  5. Restauro e valorizzazione del paesaggio antropizzato, inteso non tanto e soltanto nei suoi caratteri formali di contenitore di emergenze naturali o campionario di architettura rurale, bensì nella sua qualità di documento dell’azione dell’uomo nel modellarne i caratteri insediativi e produttivi, del suo secolare impegno per stratificare sulla condizione naturale il proprio sedimento culturale. Lungi dall’essere cristallizzato in una visione voyeristica e solo estetizzante, il paesaggio può essere restituito come ‘campo di forze’ nel quale l’uomo ricerca il proprio equilibrio nell’armonia con la natura. Nella sua intrinseca dimensione di ‘bene culturale diffuso’, il paesaggio rurale e le sue espressioni precipue (beni immobili e naturali) va protetto e trasferito alle future generazioni come un inclusivo eco-museo di sé stesso, espressione testuale e fenomenica dell’operare dell’uomo sulla e con la terra. Non una raccolta di frammenti da confinare negli archivi dell’archeologia come ruderi romantici erosi dal tempo, bensì una dialettica di documenti vivi – animati da vecchi e nuovi usi – da ri-consegnare come espressioni parlanti di una passata e presente civiltà, “porto pubblico dell’umano genere”, direbbe il Petrarca, nelle acque del tempo e della memoria. Case coloniche e fienili, mulini ed essicatoi, masserie e frantoi – “archemi” della ‘Ars aedificatoria’ rurale al pari di argini e terrazzi, vie d’acqua e vie di terra – oggi non sarebbero se prima l’uomo non avesse liberato terre su cui costruirli,  conducendo “le acque dove non erano e dove, se non l’avessero condotte, gli uomini non sarebbero” (“Vite dè pittori, scultori e architetti moderni”, Lione Pascoli e Antonio de Rossi, 1730).

Riconcettualizzare e conservare le matrici della ruralità contribuirà a restituire al nostro Paese quel fasto di grande “Giardino d’Europa” già ammirato da Goethe nel suo “Viaggio in Italia”, quello stesso giardino di fronte al quale Bertold Brecht affermava che “Lo spettacolo è negli occhi dello spettatore”.

A cura di Architetto Moreno Pivetti
Founder MPA Architecture

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