Punti di Vista | Achille Colombo Clerici, presidente Assoedilizia

Polizza assicurativa obbligatoria sugli immobili come un ulteriore tributo

Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, interviene sul tema della polizza assicurativa obbligatoria per gli immobili. Ritenendo che sul piano dell’equità qualsiasi forma di chiamata diretta dei cittadini per concorrere a fronteggiare le calamità naturali rappresenti una forma larvata di imposizione tributaria.
Achille Colombo Clerici | Presidente Assoedilizia
Achille Colombo Clerici | Presidente Assoedilizia

La polizza assicurativa obbligatoria per gli immobili suscita serie perplessità, perché a ben vedere, sul piano sostanziale risolve ben poco, mentre presenta un costo individuale e sociale molto rilevante.
Caricare i circa 40 milioni di unità residenziali e complementari del costo obbligatorio dell’assicurazione significa onerarle in misura dai 5 ai 6 miliardi di premi assicurativi annui, in una fase economica di grave crisi del settore immobiliare e in una prospettiva di trattamento fiscale non certo favorevole, nella quale qualsiasi previsione d’incentivazione attraverso forme di defiscalizzazione, seppur auspicabile, potrebbe risultare nell’immediato irrealistica e velleitaria.
Lo abbiamo potuto constatare in particolare in occasione della stretta fiscale sugli immobili intervenuta nel 2011/2012, con la riduzione della deduzione forfetaria dei costi di produzione del reddito locativo. Quindi, una prospettiva di defiscalizzazione, allo stato dei fatti, irrealistica e velleitaria nell’immediato, tanto per il nuovo prodotto edilizio, quanto per il patrimonio immobiliare già destinato a produrre reddito.

Prendere in considerazione solo il rischio terremoto e trascurare gli altri rischi legati alle diverse calamità naturali (quali inondazioni, esondazioni, frane, smottamenti) o legati agli eventi catastrofali per l’uso del gas, dei quali ricorre una casistica quasi quotidiana, significherebbe lasciare il problema irrisolto.
Per converso, includere questa copertura nella garanzia, a parte la questione del presumibile aumento dei costi, significherebbe fornire allo Stato se non l’alibi, quanto meno una via d’uscita per venir meno al compito istituzionale legato alla tutela, alla salvaguardia, alla sicurezza del territorio attraverso stanziamenti, come storicamente è avvenuto, sia pure in maniera disorganica ed insufficiente, di adeguati investimenti. Quando lo Stato già percepisce imposte per assolvere a questo compito. Sarebbe in altri termini il colpo di grazia al Bel Paese.

D’altro lato, poiché il sistema assicurativo, soprattutto considerando l’entità delle catastrofi ambientali degli ultimi anni, potrebbe non essere in grado di fronteggiare autonomamente indennizzi di tale portata, lo Stato si ridurrebbe comunque a far da riassicuratore delle compagnie di assicurazione; i costi fatti uscire dalla porta rientrerebbero dalla finestra.

In ogni caso ritengo che, sul piano dell’equità e della ragionevolezza costituzionale, qualsiasi forma di chiamata diretta, in via obbligatoria, dei cittadini a concorrere all’onere di fronteggiare le calamità naturali (siano esse solo i fenomeni tellurici o anche gli altri fenomeni naturali) rappresenti una forma larvata ed indiretta di ulteriore imposizione tributaria.

Achille Colombo Clerici, presidente Assoedilizia

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