L'Editoriale | Livia Randaccio

Promemoria su cratere del sisma, rigenerazione urbana, peso fiscale

Il 4 marzo si voterà per il nuovo Parlamento, il Governo che ne deriverà dovrà necessariamente metter mano a una serie d'interventi che interessano famiglie e imprese per animare una ripresa assolutamente flebile. Il mio promemoria ai parlamentari che verranno comprende la pressione fiscale, la rigenerazione urbana e delle periferie, la reale ricostruzione dei Paesi del Centro Italia devastati dal sisma.
Livia Randaccio | Direttore editoriale Imprese Edili.

Il prossimo 4 marzo si voterà per l’elezione del nuovo Parlamento: la prima seduta di Camera e Senato si terrà il 23 dello stesso mese. Attendiamo di conoscere le formazioni delle liste, intanto ha già avuto inizio una campagna elettorale che si sta manifestando dura e intensa.

In attesa di conoscere in dettaglio i programmi dei partiti e i principali protagonisti che si contenderanno gli scranni parlamentari, soprattutto quei programmi che interessano l’industria delle costruzioni, mi permetto l’elaborazione di un piccolo promemoria riguardante alcuni aspetti che non possono più essere lasciati in secondo piano e che chiunque andrà al Governo del Paese dovrebbe farsi carico di affrontare in modo organico e strutturale: la ricostruzione del Centro italia, il peso fiscale su famiglie e imprese, le periferie e la rigenerazione urbana.

Ricostruzione del Centro Italia

Quasi ogni giorno i tg (reti nazionali e private, senza distinzione) ci forniscono servizi su quanto avviene nelle zone terremotate del Centro Italia. Sono notizie che trattano degli interventi ancora legati all’emergenza, alla fase della ricostruzione che procede tra mille difficoltà, dalle macerie da rimuovere alla consegna delle casette provvisorie (con più onestà si dovrebbe dire della “parziale consegna” visto che delle 3668 richieste ne sono state installate neppure la metà e di quelle installate sono palesi le inadeguatezze dei materiali utilizzati in relazione al clima appenninico). A queste notizie si aggiungono i “legittimi rifiuti” di alcuni sindaci nel consegnare le casette visti i problemi legati  all’elettricità mancante, alle fognature intasate, alle finiture interne ed esterne tutt’altro che a regola d’arte.

Sono notizie che danno conto anche dell’impegno degli amministratori locali e dei residenti per dare nuovamente vita alle realtà produttive, per riavere e dare lavoro alle popolazioni del cratere colpito dallo sciame sismico. Sono notizie che però impediscono una visione complessiva della realtà della situazione di un territorio devastato, per molti addirittura compromesso nella sua ricostruzione. Un territorio che stando all’analisi della Protezione Civile ha subito danni per quasi 25 miliardi di euro.

In questi mesi, dopo gli eventi sismici dell’agosto e del novembre del 2016, sovente ho partecipato a eventi e conferenze che avevano per oggetto la devastazione del Centro Italia. Ho ascoltato i commenti di professionisti, vertici aziendali, costruttori, istituti di ricerca, esponenti di enti locali e istituzioni governative, opinioni alcune chiare e altre a metà tra il “dico e non dico”. Da queste molteplici fonti ho maturato una considerazione “riassuntiva”: permane la mancanza di un’analisi esaustiva di quel che ha funzionato e di quello che non ha funzionato. Mi si può obiettare: “chi è preposto a tirare le somme conclusive su ciò che è stato fatto o sul fallimento dell’emergenza-ricostruzione post sciame sismico?”. Per dare una risposta  a quest’interrogativo parto da un presupposto. Il 4 marzo il Paese dovrà affrontare l’impegno elettorale e la formazione di un Governo. Credo che tutta l’opinione pubblica italiana e soprattutto i residenti del cratere abbiano diritto di sapere quali forze politiche e in che modo si assumeranno le responsabilità per affrontare i problemi irrisolti del territorio del Centro Italia, con quali modalità e con altrettanti contenuti realizzabili. Dopo questi mesi le troppe parole “… non vi lasceremo soli!” sono finite nell’oblio. Credo che il perno sul quale far leva e soprattutto predisporre realistiche ipotesi di ricostruzione sia la Protezione Civile, accompagnata in questo possente sforzo da un gruppo di lavoro coordinato da categorie professionali e imprese. Qualche mese fa il vertice nazionale dei Geometri, in una conferenza stampa, citava come esempio quanto avvenne nel Dopoguerra con la ricostruzione dell’Italia, riproponendo il Piano Fanfani come modello d’intervento da seguire.

Qualsiasi Governo (piaccia o no alla UE) dovrà farsi carico di porre in modo indiscutibile al vertice del programma la ricostruzione del Centro Italia avendo chiaro nella mente cosa non ha funzionato, senza timore di essere pronti a porre rimedio alle incongruenze di un sistema di gestione di interventi paralizzato nella sua genesi, nelle sue procedure burocratiche, statiche, leganti, frutto di una struttura amministrativa burocratica che non è stata capace di formulare un’applicazione snella dei procedimenti giuridici del sistema. in questo scenario anche il nuovo codice degli appalti ha la sua parte di responsabilità e perciò molto va rivisto poiché la lunga attesa di ripresa dei paesi e dei cittadini terremotati del Centro Italia non deve continuare.

Sistema fiscale e burocratico

Proprio dagli operatori dell’industria delle costruzioni ripetutamente sono emerse considerazioni sul Paese oppresso da un pesante sistema fiscale e burocratico. Un dato supporta queste considerazioni: emerge dall’Indice della Libertà Fiscale, monitoraggio comparato predisposto per il terzo anno consecutivo dal centro Studi Impresa-Lavoro su elaborazione dei dati Eurostat e Doing Business (Banca Mondiale). Partendo da semplici indicatori che analizzano un determinato aspetto della questione fiscale è emersa una conclusione che risulta pesante come un macigno per il nostro Paese.

In sintesi, l’Italia raggiunge cattive performance riguardo alla pressione fiscale su famiglie, intesa come la percentuale di tasse sul reddito familiare lordo che paga un nucleo tipo composto da due genitori che lavorano e da due figli a carico. Siamo agli ultimi posti nelle graduatorie riguardanti il numero delle procedure e il numero delle ore necessarie per pagare le tasse, al total tax rate sulle imprese, alla pressione fiscale in rapporto al Pil e alla differenza della pressione fiscale in rapporto al Pil maturata dal 2000 a due anni fa, al costo in termini di personale impiegato per il disbrigo delle procedure burocratiche sostenute, per essere in regola con il fisco.

Ancora più chiaro è stato Massimo Blasoni, il presidente del centro studi Impresa-Lavoro quando illustra che il peso delle imposte su Pil è passato dal 18% del periodo del secondo dopoguerra al 24% degli anni ’70 fino all’attuale, pesantissimo 43%. Dice Blasoni che si pagano “una pletora di tasse e di tasse sulle tasse perché dopo aver subito il prelievo sul nostro reddito da lavoro, quando acquistiamo casa o depositiamo i nostri risparmi subiamo altre gabelle. Negli ultimi 5 anni le tasse sul risparmio e sugli immobili sono cresciute di 8 e 10 miliardi mentre l’elevato cuneo fiscale rimane pesante come un macigno per la ripresa dell’occupazione. Siamo tra i Paesi che presentano il maggior numero di adempimenti fiscali e il tempo richiesto dall’eccesso di burocrazia è un ulteriore onere per i già vessato sistema delle imprese“. Le considerazioni conclusive di Blasoni sono simili a quelle espresse dagli operatori della filiera delle costruzioni, è necessaria la riduzione del perimetro dello Stato, della spesa improduttiva e mettere mano alla costruzione di un’Italia fiscalmente meno vessata, pena il vanificarsi di una ripresa che si sta manifestando in modo flebile.

Periferie e rigenerazione urbana

Un ultimo aspetto di questo promemoria riguarda le periferie e la rigenerazione urbana, in particolare priorità che si chiamano stati di rischio, condizione di scarsa urbanità, domanda di case. Proprio domani pubblicheremo sul sito la notizia dello stanziamento governativo per riqualificare le periferie: 850 milioni di euro stanziati con la Legge di Bilancio 2018. Oggi, in un altro articolo, diamo notizia dei bonus sisma e riqualificazione energetica. Noi crediamo però che i bonus fiscali, rinnovati di anno in anno perdano quella caratteristica che li potrebbe far divenire una leva fondamentale per ridare forza all’intero comparto delle costruzioni: la loro strutturalità. Essere elementi di struttura per la messa in sicurezza e il rinnovo urbano, per dare avvio a reali programmi integrati di demolizione-ricostruzione di complessi edilizi energivori, insicuri, tecnologicamente inadeguati, non in linea con le esigenze dei nuovi stili di vita degli abitanti, ubicati in un assetto urbano risultato dalla sommatoria di interventi edilizi quasi totalmente sprovvisti di spazi e servizi della cosiddetta città pubblica.

Livia Randaccio
direttore editoriale

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