Punti di Vista | Bruno Gabbiani, presidente Ala Assoarchitetti

Qualche nota al rapporto Censis 2020: sorprese e conferme nell’anno dell’epidemia

La situazione fotografata dal Rapporto Censis 2020 nell’anno della pandemia dona a piene mani sorprese e conferme e un attendibile quadro delle volontà e delle possibilità di ripresa del Paese. Per valutare le possibilità di un rilancio del settore delle costruzioni, che è quello che ci interessa in via primaria, ci sembra utile considerare due fattori fondamentali tra i numerosi illustrati dal rapporto: la tenuta del corpo sociale e l’intenzione degli operatori di contrastare i fattori di crisi.
Bruno Gabbiani | Presidente Ala Assoarchitetti.

La situazione fotografata dal Rapporto Censis 2020 nell’anno della pandemia dona a piene mani sorprese e conferme e un attendibile quadro delle volontà e delle possibilità di ripresa del Paese.

Per conseguenza di noti fattori, il real estate è in situazione d’incertezza, a eccezione della logistica, al centro di una bolla che comporta radicali cambi nel commercio e che è peraltro appannaggio di poche entità multinazionali.

Crisi per il segmento degli uffici e del commerciale, con il residenziale che registra un’interessante richiesta di nuovi standard qualitativi e di seconde case, per affrontare emergenze come quella del Covid-19, in modo meno precario.

Per valutare le possibilità di un rilancio del settore delle costruzioni, che è quello che ci interessa in via primaria, ci sembra utile considerare due fattori fondamentali tra i numerosi illustrati dal rapporto: la tenuta del corpo sociale e l’intenzione degli operatori di contrastare i fattori di crisi.

In questa prospettiva sorprende come un popolo che a volte si lascia andare a sussulti di ribellismo, è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute, lasciando ai Governi centrale e locali le decisioni sui minuti aspetti del comportamento sociale e addirittura familiare e individuale.

Così emerge che un terzo degli italiani è disposto a rinunciare ai propri diritti civili per il benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla libertà d’opinione e d’associazione; che oltre il 50% chiede il carcere per i contagiati che non rispettano la quarantena e poco meno si dichiara favorevole alla pena di morte nell’ordinamento.

Segnali che costituiscono la disfatta della difesa dei diritti civili – vanto secolare dell’Occidente – che non ha retto all’urto della prima vera emergenza del dopoguerra. E una disfatta particolare per la piccola imprenditoria e per le professioni, colpite in misura tragica dal blocco delle attività, dal calo dei fatturati, dal differimento negli incassi e sempre più schiacciate tra una riduzione dei profitti ormai strutturale e la crescita dei soggetti organizzati, alleati delle banche.

Forse questa è anche la tendenza internazionale consolidata, ma certamente rappresenta il declino di una formula che vedeva nell’intraprendenza individuale il principale ascensore sociale e che ha fatto di alcune regioni dell’Italia il paradigma mondiale della micro imprenditoria esportatrice.

Improvvisamente si fa chiaro che questa spinta si è molto affievolita e che il vero spartiacque non è più tra imprenditori e liberi professionisti da una parte e dipendenti dall’altra, ma sta invece tra i garantiti e i non garantiti, tra chi ha la sicurezza del posto di lavoro e del reddito e chi non ce l’ha.

Garantiti massimi, i tre milioni di dipendenti pubblici; tra i non garantiti gli addetti del settore privato, dove oltre la metà degli occupati nelle piccole imprese sente vicino il rischio della disoccupazione.

Il rapporto dice poi che il 13% degli italiani, dopo l’epidemia, crede ancora che avviare un’impresa, un negozio, uno studio professionale sia un’opportunità. Una percentuale minima se riferita agli operatori, forse non irrilevante, se calcolata sull’intera popolazione.

Sicuramente la ciliegiona su una ciambella riuscita senza il buco è la nuova bonus economy, con i suoi sussidi elargiti a oltre 15 milioni di elettori, senza alcuna attesa di ritorno produttivo.

Preoccupante è che la valutazione positiva dei bonus è molto alta tra i giovani; gli anziani invece lo considerano un meccanismo disincentivante, che rischia di mandare fuori controllo il debito pubblico e solo il 17% degli imprenditori ritiene che le misure di sostegno siano sufficienti a contrastare le conseguenze economiche dell’emergenza.

Così il 90% degli italiani è convinto che l’emergenza abbia danneggiato le persone più vulnerabili e acuito le disuguaglianze sociali. Infatti nel Paese 1.496.000 persone, il 3% degli italiani adulti, possiedono il 34% della ricchezza e questo sancisce la fine del sogno del benessere diffuso e raggiungibile (quasi) da tutti gli italiani di buona volontà.

Un Paese dalle smisurate disuguaglianze sociali, che attende la lotteria degli scontrini, il cashback e i ristori è contro gli interessi immediati e strategici di tutte le classi e categorie di italiani: è un Paese in cui l’iniziativa privata ha perduto efficacia e ruolo.

Infatti hanno avuto accesso al reddito d’ultima istanza tra il 40 e il 60% di architetti e ingegneri, avvocati, veterinari, psicologi e commercialisti: dobbiamo così dire che assistiamo anche alla fine del mito “professionista classe media benestante”.

È allora importante che i liberi professionisti italiani prendano atto di queste tendenze che regolano il lavoro intellettuale, che sappiano che le loro esperienze individuali rientrano in un flusso macroeconomico apparentemente ineluttabile.

Segnaliamo al Governo le nostre modeste valutazioni sulla linea che emerge dagli studi Censis, rivendicando l’attenzione della politica verso il complesso ma ancora essenziale settore della libera professione.

di Bruno Gabbiani, ALA Assoarchitetti

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here