Rapporto | Circular Economy Network

Rapporto sull’Economia Circolare in Italia – 2021, focus sull’industria delle costruzioni

Il Rapporto sull’Economia Circolare in Italia - 2021 nel capitolo dedicato al settore delle costruzioni sostiene che andrebbe avviata una riflessione sull'ottimizzazione delle sinergie derivanti da una riqualificazione energetica degli edifici non limitata a interventi puntuali, quali sostituzione di impianti o isolamento termico, ma allargata anche alle positive ricadute che la razionalizzazione dell’uso dei materiali dell’edilizia può avere sulla riduzione delle emissioni.

È stato presentato ieri online dal Circular Economy Network l’annuale Rapporto sullo stato dell’economia circolare in Italia: questa è la terza edizione, realizzata in collaborazione con l’ENEA.

Il Rapporto propone un focus di apertura sul ruolo dell’economia circolare per la transizione alla neutralità climatica, tema affrontato analizzando la riduzione delle emissioni di gas serra determinate appunto dalle misure di circolarità.

L’unità di misura utilizzata è la CO2 equivalente (CO2 eq), che permette di confrontare tra loro le emissioni di diversi gas serra con effetti climalteranti usando un unico indice, il cosiddetto potenziale di riscaldamento globale (Global Warming Potential, GWP).

La CO2 è stata presa come riferimento dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) e il suo GWP stabilito pari a 1. Gli altri gas serra vengono quindi convertiti in CO2 eq in funzione del loro potenziale di riscaldamento globale: ad esempio, una tonnellata di gas con potenziale climalterante 21 volte superiore rispetto all’anidride carbonica viene contabilizzato come 21 tonnellate di CO2 eq.

Conferenza Nazionale Economia Circolare 2021

Il Rapporto prosegue con un’analisi del contesto europeo e nazionale su strategie e politiche di economia circolare e con una valutazione delle performance attraverso un set di indicatori relativi alla circolarità della produzione, dei consumi, della gestione dei rifiuti e delle materie prime seconde oltre che a innovazione, investimenti e occupazione in tre attività tipiche dell’economia circolare: il riciclo, la riparazione, il riutilizzo. Le fonti dei dati sono Eurostat, ISTAT e ISPRA.

La valutazione delle performance è effettuata mediante la comparazione dei risultati ottenuti dall’Italia rispetto al resto dell’Unione europea e, in particolare, rispetto alle altre quattro più grandi economie continentali: Francia, Germania, Spagna e Polonia (con l’uscita del Regno Unito, la Polonia risulta la 5° economia dell’UE).

Si procede poi mediante una ponderazione dell’importanza dei singoli indicatori e alla riduzione di questi a un solo indicatore, che si propone di rappresentare il livello di avanzamento verso la circolarità.

Il Rapporto è, infine, completato da un’analisi critica di questa comparazione – anche tenendo conto delle serie storiche – per comprendere se e dove sono rilevabili in Italia rallentamenti o invece andamenti di crescita verso la circolarità. È utile ricordare che i dati e le comparazioni elaborate in questo documento sono precedenti alla pandemia da Covid-19.

Le misure di circolarità per il settore delle costruzioni

Negli ultimi anni si è assistito a forti stimoli per una generale riqualificazione dell’ambiente costruito tesa a migliorare le prestazioni energetiche (e più di recente anche le caratteristiche antisismiche) delle strutture edilizie pubbliche e private (sia abitazioni private che uffici).

Quest’esigenza è emersa fortemente a fronte di una serie di ragioni che hanno ancora di più incrementato i già alti consumi energetici degli edifici e il relativo contributo in termini di emissioni di gas serra. Ad esempio, la progressiva terziarizzazione e digitalizzazione delle attività economiche con una fetta crescente di forza lavoro passata gradualmente dalla fabbrica al lavoro di ufficio, la diffusione dei condizionatori per il raffrescamento degli ambienti nei mesi più caldi, l’accresciuto utilizzo di strumenti elettrici ed elettronici anche per il tempo libero.

Le varie forme di incentivo o bonus messe in atto in Italia negli ultimi anni hanno avuto proprio lo scopo di indurre il generale miglioramento dell’efficienza energetica del settore edilizio.

Ragionando in termini di sostenibilità ambientale complessiva, questi provvedimenti sono anche funzionali a ridurre il consumo di suolo, di cui si discute ampiamente in sede politica alle diverse scale di governance per arrestare o ridurre la progressiva artificializzazione del territorio.

D’altro canto, però, va notato che le ristrutturazioni, quando interessano opere murarie, comportano la produzione di rifiuti da costruzione e demolizione, che costituiscono un’ampia fetta dei rifiuti speciali (42,5%) e dei rifiuti speciali non pericolosi prodotti in Italia (45%, con aumento del 20% nel 2018 rispetto al 2014) (L’Italia del riciclo 2020).

Anche se in gran parte tali rifiuti (77,4% nel 2018) sono poi recuperati, la loro destinazione d’uso è solo minimamente indirizzata al riutilizzo in edilizia (circa il 7%), mentre gran parte è impiegata in infrastrutture quali strade, ferrovie, piste ciclabili.

Il rischio che potrebbe esserci dietro la strategia di rilancio del settore, orientata non tanto alla sostenibilità complessiva degli edifici quanto prevalentemente a quella energetica/climatica, è di limitarne i benefici con uno spostamento del carico ambientale alle materie prime necessarie per la riqualificazione delle strutture edilizie.

Per prevenire tale rischio, andrebbe avviata una riflessione sull’ottimizzazione delle sinergie derivanti da una riqualificazione energetica degli edifici non limitata a interventi puntuali, quali sostituzione di impianti o isolamento termico, ma allargata anche alle positive ricadute che la razionalizzazione dell’uso dei materiali dell’edilizia può avere sulla riduzione delle emissioni.

Da una parte andrebbe incentivato l’utilizzo di materiali che riducono la necessità di energia per il condizionamento (riscaldamento e raffrescamento degli ambienti) e/o che siano essi stessi in grado di contenere le emissioni di carbonio, dall’altra sarebbe utile analizzare il potenziale energetico di materie prime alternative o seconde in luogo delle materie prime vergini tradizionalmente usate.

Per ottimizzare le scelte progettuali verso la sostenibilità degli edifici, i progettisti hanno a disposizione strumenti come l’LCA (Life Cycle Assessment) e l’LCC (Life Cycle Costing), che permettono di valutare un’opera lungo tutto il ciclo di vita, dal punto di vista ambientale ed economico.

Sono metodologie peraltro già previste dal Codice degli appalti e verso cui anche l’Europa sta spingendo, con strumenti open source come Level(s)59. Tali strumenti richiedono una uniformità di calcolo e una precisa definizione del corretto perimetro di ciclo vita, indispensabile per ricomprendere tutti gli impatti connessi a produzione, utilizzo e fine vita dei materiali e delle soluzioni costruttive nella loro interezza, vigilando contemporaneamente affinché tutti i materiali siano valutati con il medesimo approccio, per l’ottenimento di soluzioni costruttive sostenibili.

Di seguito sono riportati alcuni esempi di stime di impatti positivi sul risparmio di energia, frutto di politiche applicate ai materiali nel settore edilizio e che dunque possono contribuire al percorso verso la neutralità climatica.

L’International Resource Panel evidenzia come con adeguate strategie quali l’uso più intensivo delle abitazioni, l’aumento delle pratiche di riciclo, l’applicazione dell’eco-design per la costruzione di nuovi edifici con minor materiale, si potrebbe raggiungere un abbattimento quasi completo delle emissioni prodotte dal settore residenziale durante la vita utile degli edifici nei Paesi G7 nel 2050 (80-100%), pari a 5-7 GtCO2eq nel periodo 2016-2050.

Allargando poi la visione in ottica di ciclo di vita, quindi considerando anche la fase di costruzione e demolizione, il risparmio complessivo di emissioni arriva al 35-40% (IRP, 2020).

Un recente studio commissionato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente mira a definire un metodo innovativo per monitorare e valutare i benefici dell’economia circolare sulla neutralità climatica, in particolare nel settore delle costruzioni, responsabile per due terzi delle emissioni di gas serra connesse alle varie fasi del ciclo di vita delle opere, fra cui la produzione dei materiali impiegati, anche se l’80% delle emissioni è dovuto alla fase di utilizzo degli edifici (consumi energetici per riscaldamento, raffrescamento, illuminazione, ecc.).

Facendo riferimento alle diverse forme in cui si possono esplicare la circolarità e il miglioramento nella gestione dei materiali – estensione della vita utile dei prodotti, riduzione della perdita di materiale, ricircolazione di materiali e prodotti, preferenza per materiali a ridotta impronta di carbonio – si stima una possibile riduzione di emissioni fino al 61% nel 2050 attraverso il miglioramento del loro utilizzo in fase di progettazione, idonee forme di riuso e riciclo alla fine della vita utile degli edifici, l’ottimizzazione degli spazi e della manutenzione degli edifici e delle loro componenti (EEA, 2020; Ramboll, 2020).

Guardando in modo più specifico al potenziale connesso ai materiali, focalizzando l’attenzione su cemento e calcestruzzo, l’annuale disamina del World Economic Forum sulle 10 tecnologie emergenti (WEF, 2020) illustra alcune promettenti linee di ricerca per sostituire il cemento tradizionale, la cui manifattura è responsabile, insieme a quella per la produzione di acciaio, alluminio e plastiche, del 20% delle emissioni di CO2 mondiali, con analoghi di nuova generazione a basse emissioni di CO2 che utilizzano ad esempio più argilla rispetto al calcare come materia prima e attraverso calcestruzzi innovativi.

Con la pubblicazione della Carbon Neutrality Roadmap da parte del Cembureau, l’Associazione europea dei produttori di cemento ha presentato la strategia per raggiungere al 2050 emissioni nette zero di gas a effetto serra lungo la catena del valore del cemento, del calcestruzzo e del settore delle costruzioni. Ciò in linea con i target europei.

Tra le azioni individuate dal Cembureau nella Roadmap per la neutralità carbonica applicabili al clinker (il componente prevalente del cemento) si riscontrano l’efficienza termica ed elettrica e l’utilizzo di materie prime di recupero già decarbonatate, nonché l’utilizzo dei combustibili di recupero nella produzione del clinker.

Per quanto riguarda il cemento, vi è l’uso di materiali sostitutivi del clinker, l’efficienza elettrica nella produzione, l’innovazione e la ricerca applicata alla produzione di clinker e leganti innovativi e a tecnologie Carbon Capture Storage and Usage.

Tra le soluzioni prospettate da Cembureau, la riduzione del consumo di combustibili fossili non rinnovabili e l’aumento dell’utilizzo di combustibili di recupero contenenti biomassa rappresentano la principale possibilità, immediatamente accessibile per il settore, di ridurre le proprie emissioni di CO2 e contribuire al raggiungimento degli obiettivi fissati dal Green Deal europeo: in Italia potrebbe portare a un risparmio di 6,8 MtCO2eq (Federbeton 2020).

In questa strategia assume un ruolo rilevante il coinvolgimento dei produttori di calcestruzzo e delle imprese di costruzione, attraverso processi di ottimizzazione progettuale delle strutture e dei mix design.

La caratteristica del calcestruzzo di durare nel tempo abilita un minore consumo di risorse non rinnovabili, contribuendo a non impoverire gli ecosistemi e a ridurre le emissioni associate alle costruzioni. Nel caso degli edifici, il calcestruzzo ha un ruolo importante anche nella fase di utilizzo.

Grazie alla elevata capacità termica, alla tenuta all’aria a lungo termine e ad altre caratteristiche, il calcestruzzo può essere progettato per ridurre i consumi degli edifici a 50 kWh/m2/anno o meno, quando il consumo medio è stimato in 150-200 kWh/m2/anno di energia.

In questo contesto il settore è stato capace di andare oltre le caratteristiche più note del materiale, sviluppando soluzioni ad alto contenuto innovativo. Ne sono un esempio il calcestruzzo drenante che consente all’acqua di filtrare, riducendo l’impermeabilizzazione e la temperatura al suolo, oppure il calcestruzzo fotoluminescente, cioè capace di assorbire energia solare e riemetterla come fonte luminosa di notte.

Anche nell’evoluzione tecnologica dei calcestruzzi a uso strutturale, l’aspetto ambientale ha avuto un ruolo fondamentale, come nel caso del calcestruzzo ultra performante (UHPC), scelto per le eccezionali prestazioni meccaniche e che contribuisce a diminuire le quantità di materia prima impiegata grazie alla riduzione del volume totale di calcestruzzo necessario a sostenere i carichi strutturali.

Infine, è molto interessante la rassegna di Urge-Vorsatz et al. (2020) che descrive diverse modalità per minimizzare l’energia incorporata nei materiali e stoccare il carbonio nei materiali da costruzione.

Ad esempio, a fronte di un uso leggermente maggiore di materiali, la riduzione del fabbisogno energetico delle case “passive” può arrivare al 30%. Tale stima varia in funzione della diversa durabilità dei materiali e della necessità di interventi di manutenzione, che in genere sono a minore contenuto energetico per le case passive.

Un altro caso è relativo al potenziale dei bio-materiali a crescita molto rapida quali paglia e canapa, che se usati per l’isolamento termico delle facciate possono permettere nel 2050 una rimozione di anidride carbonica pari al 3% di quella emessa dall’intero settore delle costruzioni nel 2015 su scala europea (Pittau et al., 2019).

Circular Economy Network | Cos’è

Il Circular Economy Network, promosso da un gruppo di imprese e di organizzazioni in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, opera per sostenere la transizione a un’economia circolare. A tal fine:

  • costituisce una rete di dibattito, di scambio di informazioni e buone pratiche, per dare forza a una visione condivisa e a un’azione comune sui vari aspetti dell’economia circolare: dal risparmio delle risorse al loro utilizzo prolungato nelle produzioni e nei consumi, dall’aumento dei livelli, quantitativi e qualitativi, del riciclo dei rifiuti e dell’impiego di materie prime seconde all’impiego rigenerativo di risorse e di energie rinnovabili;
  • effettua analisi delle criticità e delle barriere ed elabora proposte per valorizzare i potenziali di sviluppo della transizione all’economi circolare in Italia;
  • produce studi e ricerche, con attenzione all’elaborazione e all’iniziativa europea e internazionale, sui vari aspetti dell’economia circolare, con particolare attenzione alle sue ricadute positive per nuove possibilità di sviluppo, di benessere e di occupazione, per il risparmio di risorse naturali, per il clima, l’innovazione e la digitalizzazione;
  • elabora proposte di politiche e di misure per i decisori politici, promuovendo un’interlocuzione con le istituzioni ai vari livelli.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here