Puliture | Recupero del modellato originale

Restaurato il modello in «terra cruda» di Giambologna

È stato restaurato il modello in «terra cruda» del Ratto delle Sabine di Giambologna nella Galleria dell’Accademia. La scultura aveva subito molte manipolazioni consistenti in stuccature e ridipinture ampie e di notevole spessore, anche a seguito degli inevitabili danni prodotti dai successivi e frequenti spostamenti.
La scultura dopo i restauri.
La scultura dopo i restauri.

È stato presentato il restauro del modello in «terra cruda» del Ratto delle Sabine di Giambologna, la cui versione in marmo si può ammirare nella Loggia dei Lanzi.
Erano presenti il direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze, Angelo Tartuferi, la direttrice del restauro (e già direttore dello stesso museo) Franca Falletti, la restauratrice Cinzia Parnigoni e il presidente della fondazione no profit Friends of Florence, Simonetta Brandolini d’Adda, che ha finanziato le indagini diagnostiche sull’opera.
Insieme a quelli della Vittoria di Firenze su Pisa (Giambologna) e del Torso di fiume (Dio fluviale, di Michelangelo), il modello del Ratto delle Sabine realizzato tra il 1579 e il 1580 è tra i più antichi originali in scala 1:1 che si siano conservati in tutto il mondo.

La diagnostica. Presente nel museo di via Ricasoli sin dal 1911, prima della vasta operazione di indagine diagnostica propedeutica al restauro, il modello presentava uno stato di conservazione preoccupante.
La superficie plastica risultava rivestita da più strati di gesso usato durante vecchi restauri. In alcuni punti della scultura gli strati delle sovrammissioni raggiungevano spessori tali da modificarne le forme, in altri celavano punti di frattura, e in altri ancora il gesso era stato usato per ricostruire parti mancanti (braccia della Sabina e gamba sinistra del Sabino).
La scultura aveva subito molte manipolazioni consistenti in stuccature e ridipinture ampie e di notevole spessore, anche a seguito degli inevitabili danni prodotti dai successivi e frequenti spostamenti.
La loro rimozione ha permesso di recuperare il modellato originale, pesantemente ottuso su tutta la superficie e alterato del tutto in particolari zone, dando a fine restauro un’immagine delle capacità scultoree del Giambologna assolutamente inedita.

Un dettaglio prima dei restauri.
Un dettaglio prima dei restauri.

Gli interventi. Molte erano le incognite e le incertezze da affrontare sia per la tipologia del materiale (terra cruda) piuttosto insolito, sia per la scarsità d’informazioni da cui prendere spunto relative a lavori precedenti fatti in questo campo. In alcuni punti della scultura gli strati delle sovrammissioni raggiungevano spessori tali da modificarne le forme, in altri celavano punti di frattura, e in altri ancora il gesso è stato usato per ricostruire parti mancanti (braccia della Sabina e gamba sinistra del Sabino).
Per trovare una linea di condotta convincente è stato quindi indispensabile svolgere un’approfondita campagna conoscitiva mirata a svelare la tecnica costruttiva dell’opera e l’identificazione dei materiali, originali e non.
Sulla base di tutte le informazioni raccolte in alcuni anni di ricerca scientifica e storica è stato possibile restituire all’opera quel tratto «leggero» e «fresco» tipico dei bozzetti nei quali si possono riconoscere le capacità creative ed istintive dell’artista.
Per rimuovere gli strati di gesso che occultavano i modellati originali si è operato meccanicamente con l’azione del bisturi, controllando il lavoro sotto lenti di ingrandimento. Questo ha permesso di eliminare gli strati di gesso risalenti a vecchi restauri e rispettare una prima finitura sottile e aderente alla terra cruda di un leggero color carnicino. Dove il gesso si ispessiva è stato necessario usare piccoli scalpelli o fresette da dentista.

Un particolare durante i lavori, rimuovendo il gesso sono state rimesse in luce linee di vecchie rotture che, in qualche caso, hanno significato il distacco di alcuni frammenti.
Un particolare durante i lavori, rimuovendo il gesso sono state rimesse in luce linee di vecchie rotture che, in qualche caso, hanno significato il distacco di alcuni frammenti.

Durante la pulitura delle superfici, inoltre, si è provveduto a consolidare la terra cruda, ove fragile, con applicazioni a pennello di un materiale a base di fluoro, elastomeri e polimeri acrilici in acetone inerte chimicamente e stabile cromaticamente.
Rimuovendo il gesso si sono rimesse in luce linee di vecchie rotture, in qualche caso, questo ha significato il distacco di alcuni frammenti che sono stati poi riadesi usando resina epossidica resa elastica attraverso l’aggiunta di alcool etilico. La stessa resina è stata usata per rinforzare la tenuta del braccio destro della Sabina iniettandola mediante l’impiego di siringhe.
Per suturare crepe e fessurazioni o eseguire piccole ricostruzioni formali intese sempre come collegamenti di parti mancanti di facile definizione, si è messa a punto una pasta per modellare a base minerale, molto simile alla creta. È stato usato il tipo bianco al quale sono state aggiunte terre colorate per ottenere almeno 5 toni cromatici. Il risultato di tale mescolanza ha prodotto un materiale di facile applicazione, con tempi di indurimento relativamente veloci, con un effetto visivo molto simile al materiale originale e perfettamente reversibile. Stuccando le lacune con tale materiale e mescolando i 5 colori, si è evitato di intervenire con un ulteriore ritocco pittorico.

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