Beni culturali | Patrimonio e Fiscalità

Restauro e conservazione: leve per indotto economico e lavoro

Minore Iva e minor costo del lavoro, miglioramento della fruibilità del 5 per mille, no ai finanziamenti a pioggia: queste le richieste delle associazioni operanti nel comparto dei beni culturali e del restauro riunitesi a Mantova ospiti dell'Unione Giovani dottori commercialisti ed esperti contabili.

Rendere il patrimonio culturale italiano il più fruibile possibile senza pesare su finanziamenti statali “a pioggia”, abbattere l’Iva sui lavori di restauro e sui servizi culturali, intervenire sul segmento-opere d’arte considerando la conservazione come priorità finale e il restauro come tramite.Oratorio dei S.S Angeli Custodi | Interni prima del restauro. Sono state messe in atto strategie per arrestare il processo di degrado dei materiali, restaurando le parti originali e rimuovendo ciò che non risultava coerente con l'impianto originale. Effettuati interventi di cucitura, scucitura e consolidamenti delle murature allo scopo di eliminare l'umidità di risalita. Questa è la sintesi emersa dal confronto “Economia e fiscalità a misura di cultura” tenutosi a Mantova in occasione del convegno nazionale dei Giovani dottori commercialisti che hanno analizzato come il peso del fisco si stia facendo sentire sul panorama culturale schiacciato tra un’Iva al 22% sui lavori di restauro e al 10% sui servizi culturali, un costo del lavoro che non ha uguali su tutto il territorio dell’Unione europea e un sistema del 5 per mille che va rivisto.

valdo spini
Valdo Spini | Presidente Associazioni Istituzioni Culturali

Portavoce di questa situazione è stato il presidente dell’Associazione nazionale Istituzioni culturali italiane Valdo Spini che ha evidenziato come “… quest’anno sia l’anno che ha visto la cessazione del flusso d’intervento pubblico per quanto riguarda gli istituti culturali e le fondazioni: sia il Miur sia il Mibact non hanno ancora sbloccato l’ultima tranche di fondi che ci spettavano per gli anni precedenti. Questo è il segnale inequivocabile che il settore pubblico non riesce più a sopperire alle necessità impellenti del patrimonio culturale del Paese che invece potrebbe essere aiutato da una maggior precisazione del 5 per mille così che non vi siano dubbi in riferimento alle destinazioni scelte dai contribuenti”.

Antonio Mannaioli, presidente associazioni Fabbricerie italiane, nel suo intervento ha posto l’accento sul costo del lavoro e sulla conservazione: “… il costo della conservazione dei beni è inferiore al costo del restauro ma è necessario che i lavoratori utilizzati in questi lavori abbiano un costo minore, altrimenti si rischia di perdere una buona parte del patrimonio culturale del Paese perché tutti quei siti turistici che non sono in grado di sostenersi con l’indotto turistico rischiano di fatto il collasso. Per questo, un aiuto potrebbe arrivare da un corretto uso del 5 per mille. Il patrimonio culturale genera indotto economico e posti di lavoro. dobbiamo fare del nostro meglio affinché i beni siano gestiti al meglio e siano fruibili dal vasto pubblico”.Lavori restauroStefano Monti, prof. Csr, Università Tor Vergata, Roma, ha evidenziato il valore del patrimonio culturale italiano che ammonta a 51 miliardi di euro ma “… a livello di mercato nel mondo rappresentiamo lo 0,8% e questo dato è dovuto soprattutto al mondo dell’economia sommersa legata alle opere d’arte in Italia.
È necessario agire sul fronte della tassazione perché il patrimonio culturale del Paese non è solo qualcosa che genera indotto ma è un elemento che offre posti di lavoro. Le stime mostrano come il settore culturale possa vedere coinvolte ulteriori figure professionali agenti nel comparto pari a un milione 300mila professionisti: è necessario dunque che sia il costo del lavoro sia le aliquote Iva siano abbassate”. (Patrizia Spada)

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