Edilizia rurale | Bondeno, Ferrara

Ricostruire tra costruito e natura

L’intervento di ricostruzione si reinserisce armonicamente nel contesto tramite ricostruzioni semplici e misurate, riorganizzando razionalmente le funzioni produttive e rinnovando, senza stravolgerli, i caratteri tipologici, figurativi e materici degli insediamenti rurali. Le strutture primarie in acciaio sono ancorate a una platea in c.a. addizionata con polveri al quarzo di color cocciopesto e lisciata con macchine levigatrici fino al raggiungimento di superfici lisce e omogenee.

Arch. Moreno Pivetti | Progettare i luoghi di lavoro

Arch. Moreno Pivetti | Progettista | Progettare i luoghi di lavoro

«Per l’uomo, non vi è cosa più facile che vestirsi del progresso, e non vi è cosa più difficile che spogliarsi della natura. In quanto teatro della nostra quotidianità operativa, i luoghi del lavoro sono occasione per riconciliare l’uomo con la dignità del fare e la semantica dell’esistenza. La loro configurazione abilita la funzione con la tecnica e la nobilita con la natura. Gli spazi, le geometrie e le forme vanno concepiti e modellati secondo un’etica attenta alle reali finalità del progetto come strumento per indagare, ricercare, affinare e raffinare lo spazio dell’uomo nelle sue interrelazioni con l’ambiente naturale e costruito. Il progettista, che opera con gli strumenti della stimolazione percettiva, ha il dovere di coltivare coscientemente la “sua mansione di giardiniere dello sviluppo nervoso e sensoriale”. Poiché, come insegna Richard Neutra, “dominio della Natura non significa sconsiderata perversione delle sue forme e dei suoi processi, bensì l’arte di intonare al Suo ordine l’azione dell’Uomo”».

La nuova spina dorsale della galleria agricola a cielo aperto, passeggio coltivato in forma di decumano verde misurato dall’ordito ritmico dei profili di attraversamento tra i due edifici.

Là dove le “paterne rive” cantate dall’Ariosto sfumano in radure campestri strappate alle acque dall’ingegno dell’uomo, nel ventre della campagna emiliana patria della canapa, si presentava l’insolito tema di riabilitare un insediamento produttivo compromesso dal sisma del 2012.

E con esso quegli spazi di pertinenza, fatti di orti e giardini interstiziali, che relazionano gli edifici al paesaggio pettinato dal fluire delle stagioni. Come rimettere in scena la natura nel teatro della nostra quotidianità operativa? Come reinserire nuove strutture in un paesaggio che tramite segni minimali racconta le secolari battaglie tra uomo e natura?

Un paesaggio sempre meno spontaneo e sempre più pianificato da un’economia agricola intensiva, nel quale resistono, al più, sparuti esemplari di alberi a memoria di antichi confini poderali, dove un tempo la vite si maritava al gelso o all’olmo.

Insediamento rurale a Bondeno.

Nel suo compendio “La Bonifica di Burana” (1949), Erminio Porta tracciava la natura di un territorio costantemente conteso tra terre ed acque. Ancora oggi i segni minimali delle secolari battaglie tra uomo e natura si conservano nelle matrici strutturali del paesaggio e nei suoi lievi dislivelli, sulle cui alture maturarono e s’intensificarono gli insediamenti.

Una batteria di piccoli nuclei agricoli in forma di corti, annidati su dossi e rilevati, lanciavano le proprie aspirazioni conquistatrici nell’entroterra, nel tentativo, talvolta vano, di far emergere terre coltivabili da un paesaggio governato dalle acque.

In “Guida al Ferrarese” (1966), Ugo Malagù parla di “terre guaste e corrotte” da “desolanti specchi liquidi dai quali sporgevano i filari delle viti e i rami degli alberi”.

Ma i tempi della rivoluzione idraulica erano ormai alle porte. Il 30 dicembre 1892 il Re Umberto I appose la propria firma sul progetto di legge “Genala”, che prevedeva la costituzione di un Consorzio Interprovinciale per l’esecuzione delle bonifiche, coordinato da apposito comitato tecnico-esecutivo.

L’opera di “redenzione” del territorio ebbe inizio. In breve tempo una vera e propria architettura dell’irrigazione disegnò una rete capillare regolata da chiaviche, sifoni e impianti di sollevamento che consegnarono all’uomo “terre fresche, feraci ed argillose”. L’acqua, da gravoso flagello del territorio, divenne risorsa primaria per regolarne la fertilità.

La ricomposizione dell’insediamento

Risolto il problema delle acque, il pericolo poteva pur sempre giungere via terra. Così nel maggio 2012 il territorio fu messo a dura prova da un ulteriore nemico: un doppio sisma di magnitudo 6 colpì la vivace imprenditoria locale nel vivo delle sue strutture produttive.

Valutazioni e verifiche strutturali confermavano che la configurazione del danno sul plesso di fabbricati dell’insediamento produttivo in oggetto era tale da rendere inefficace qualsiasi intervento di miglioramento sismico che prevedesse “opere necessarie a conseguire un livello di sicurezza pari ad almeno il 60% di quello previsto per le nuove costruzioni”.

Insediamento rurale a Bondeno.

Pertanto, il quadro complessivo del danno si configurava tale da richiedere la demolizione e la ricostruzione degli immobili. Il nuovo insediamento è stato ridisegnato con il proposito di ricucire il dialettico e stringente rapporto tra costruito e natura.

Volume e superficie sono stati ridistribuiti secondo un’articolazione spaziale che riproponesse le caratteristiche insediative dell’architettura rurale, intercalando ai corpi costruiti gli orti, piccole corti e gallerie a cielo aperto.

I nuovi edifici sono stati riconfigurati al fine di razionalizzarne la matrice insediativa, nell’ottica di migliorarne la funzionalità e nel perseguimento di un più equilibrato rapporto tra le parti. La vecchia cortina verso la corte esistente, ritmata da semplici aperture ritagliate su superfici “nette e polite”, diviene quinta-frammento che regola la ricomposizione dell’insediamento.

Demolizione degli edifici produttivi compromessi dal sisma 2012.

I nuovi volumi tendono a riconnettere, rinnovandola, l’intera edificazione: percorsi interni, tagli e cannocchiali visivi (“viste lunghe”) contribuiscono non solo alla riorganizzazione logistica e produttiva degli spazi, ma anche al benessere sensoriale di chi vi lavora.

Partendo da questo schema, l’intervento ricompone planimetricamente la trama del tracciato, mentre volumetricamente rifiuta la compattezza del blocco concluso proponendo invece la serialità delle tecnologie di taglio industriale.

Il complesso si articola lungo la nuova spina dorsale della galleria a cielo aperto, ‘passeggio coltivato’ in forma di ‘decumano verde’ misurato dall’ordito ritmico dei profili di attraversamento tra i due edifici.

Disposti ordinatamente ai bordi del quadrilatero, a ricucitura delle giaciture primarie dell’insediamento, i due corpi si fronteggiano in una distesa narrazione di elementi assemblati, semplice ma al tempo stesso complessa di riferimenti in libera circolazione, dalle nitide geometrie padane – cartesiane aggregazioni di blocchi specializzati per funzioni – alle ‘fabbriche verdi’ di memoria olivettiana che sempre più nel panorama recente armonizzano “l’azione dell’uomo all’ordine della natura”.

Una galleria agricola coltivata s’incunea tra i corpi di fabbrica e traguarda il paesaggio, moltiplicandone i piani percettivi.

Platee di fondazione addizionate con polveri al quarzo.

La morbidezza di una natura ricostruita ritorna nel semplice alternarsi di specie autoctone – lavanda, edera, rosmarino ed altre piante rampicanti – che dialogano con colture di stagione, a descrivere un orto-giardino lineare che anima patii e percorsi. Ritorna, in forma tesa ed evocativa, il tema degli spazi segreti, introversi, pensati per coltivazione e sosta, in cui la natura si rende necessaria alle pratiche produttive e al tempo stesso si trasfigura in artificio.

L’intervento, quindi, si reinserisce armonicamente nel contesto tramite interventi semplici e misurati, riorganizzando razionalmente le funzioni produttive e rinnovando, senza stravolgerli, i caratteri tipologici, figurativi e materici degli insediamenti rurali.

Montaggio delle strutture primarie in carpenteria metallica zincata e verniciata.

Prospetti esterni

I prospetti esterni che celano gli orti segreti sono modulati da pannelli rivestiti di edera che filtrano il rapporto con il contesto circostante, ad armonizzare l’inserimento dei nuovi volumi nel paesaggio.

Il tema del muro verde, caratterizzante i prospetti dei fabbricati, prosegue nel limite che definisce il patio interno che li separa dalle preesistenze (legnaia, cantine, ex bucataia). Tale patio, popolato di alberi, comunica con la corte principale tramite due nuove aperture in asse con quelle esistenti, a formare una sorta di portico passante protetto.

Bondeno | Montaggio delle strutture primarie in carpenteria metallica zincata e verniciata.

Nell’edificazione orizzontale adottata, grande importanza assume la sistemazione del verde. La natura troverà dimora in tralicci e pergolati, risarcendo, almeno in parte, la predita di una piccola porzione di campagna con la costruzione di un paesaggio artificiale che entra in risonanza con il paesaggio naturale.

I limiti poderali dell’insediamento sono disegnati da filari alberati, nell’auspicio che la vite possa ‘maritare’ i pioppi proprio “là dove un tempo il sole illuminava le cime degli alberi da frutta piegate e stanche del peso dei loro frutti”.

Ossatura metallica della nuova galleria agricola a cielo aperto baricentrica all’insediamento produttivo, con i profili trasversali di collegamento dei due corpi gemelli segnati in asse da un doppio tondo a supporto di piante rampicanti

Caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive

La giacitura dei nuovi edifici è rigenerata dalle direttrici dettate dal nucleo primitivo della corte: due corpi accoppiati di uguale larghezza (m 11,44) ma diversa lunghezza – rispettivamente m 23,44 e 37,04 – ridefiniscono l’insediamento complessivo, dando vita a un passeggio mediano coltivato – una galleria agricola a cielo aperto – scandito da profili di attraversamento.

Un pergolato aereo i cui elementi costruttivi misurano lo scorrere del tempo in forma di meridiane, dato l’orientamento nord-sud della galleria. Gli edifici “gemelli” sono disegnati da una griglia comune di 5 campate strutturali d’interasse pari a m 4,55, che prosegue per ulteriori 3 moduli a formare la prua del corpo di maggiore sviluppo, svuotato in forma di portico coperto.

La struttura primaria che informa gli edifici è data dalla sequenza di portali di luce costante, pari ad 11 metri, costituiti da profili metallici Hea 160, alleggeriti nel pergolato baricentrico da doppi profili Upn 120, accoppiati con calastrelli e vincolati alle strutture interne tramite piatti asolati e bullonati che limitano gli attraversamenti di facciata.

Il pergolato è segnato in mezzeria da un doppio tondo di acciaio (2Ø12 mm) a supporto di piante rampicanti, ancorato alla base tramite appositi plinti gettati in opera su casseri ‘a perdere’.

Le strutture primarie in acciaio sono ancorate a una platea in c.a. direttamente addizionata con polveri al quarzo di color “cocciopesto” e ‘lisciata’ con apposite macchine levigatrici fino al raggiungimento di superfici lisce ed omogenee.

Tamponamenti di facciata in pannelli sandwich a planarità stabilizzata rivestiti in lamiera di acciaio zincata e preverniciata.

I telai in carpenteria metallica, zincati e verniciati colore Ral 9010, sono controventati sui piani di falda e di facciata a mezzo di croci di Sant’Andrea costituite da tondini in acciaio (Ø12 e Ø14 mm). Le strutture di copertura incorporano lucernari in forma di “vele” orientati verso la galleria interna (e, quindi, non visibili all’esterno dell’insediamento), funzionali alla ventilazione passiva e all’illuminazione naturale dei luoghi di lavoro.

La relazione tra gli spazi interni e le pertinenze esterne all’insediamento (orti e giardini introversi) è la ricerca di condizioni di vivibilità e lavoro funzionalmente adeguate e spazialmente ricche, di un rapporto empatico tra l’uomo e lo spazio in cui vive ed opera. Così, le testate dei nuovi edifici sono dotate di moduli scorrevoli, sovrapponibili alle spalle laterali e tali da aprire completamente gli spazi del lavoro verso la campagna.

La possibilità di ventilare direttamente i locali vuole anche interpretare le abitudini ancora legate a una dimensione dei luoghi di lavoro tipica della tradizione padana, favorendo una relazione diretta con l’ambiente naturale.

Insediamento rurale a Bondeno.

I tamponamenti di facciata sono costituiti da pannelli sandwich monolitici a taglio termico in poliuretano espanso (densità 40 kg/mc) a planarità stabilizzata, con supporti esterni in lamiera di acciaio zincata e preverniciata (colore Ral 9010). Provvisti di giunto a scomparsa, i moduli sono montati su apposita retrostruttura in acciaio ancorata al telaio primario degli edifici.

La finitura dei supporti è data da un rivestimento organico ottenuto mediante ciclo di preverniciatura a caldo in poliestere. Il sistema di facciata è completato da elementi di finitura interamente customizzati, quali angoli retti, raccordi e bandinelle.

I pannelli sono ancorati alla base su angolari di acciaio inox (80x80x5 mm), schermati da lamiere pressopiegate (grembiuli) sagomate con un’angolazione a 60°. In base alle condizioni e all’incidenza della luce, le diafane facciate incorporano il paesaggio naturale, sdoppiandone l’orizzonte campestre; la pelle degli edifici si tatua così di un paesaggio riflesso e smaterializza la corporeità dei volumi.

Essenzialità impiantistica

Gli impianti elettrici speciali sono integrati alla configurazione architettonica degli spazi interni. Luci led scorrono al piede delle vele di copertura, sottolineandone lo sviluppo e garantendo l’illuminazione diffusa dei luoghi di lavoro, amplificata altresì dal colore bianco (Ral 9010) delle superfici interne (strutture e finiture).

Alimentazioni elettriche e rispettivi pozzetti d’ispezione s’integrano con discrezione alle pavimentazioni e alle aiuole esterne. Strip led accorpate all’anima dei pergolati accentuano la galleria mediana in forma di filigrana di luce, indicando i percorsi di attraversamento.

Skyline dell’insediamento produttivo durante le fasi di montaggio delle strutture metalliche.

Greenbelt factory. Verso una post covid Utopia

La locuzione Post War Utopia – visione profetica di un mondo in grado di risorgere dalle ceneri della II Guerra sull’onda del progresso tecnologico – alimenta, dagli anni Settanta in poi e oggi più che mai, una vivace riflessione sulle delicate relazioni tra innovazione tecnica ed equilibri ambientali.

Già nel 1945 l’architetto minnesota Ralph Rampson lanciava nell’ambito del Case Study House Program – un programma di ricerca progettuale orientato alla più avanzata sperimentazione edilizia – la sua Greenbelt Home (letteralmente una casa-cintura di verde) allo scopo di incorporare la natura nell’abitare quotidiano.

Una struttura a padiglione accoglieva due corpi speculari suddivisi per funzioni ma congiunti da una fascia coltivata (vegetable garden) in forma di giardino interno. Era questo un principio di antica concezione, radicato nella casa-patio romana e ancora negli horti interni alle case-cassero medievali, tradotto in un sistema costruttivo di elementi modulari a parziale chiusura di una griglia strutturale prefabbricata.

Materiali costruttivi di produzione industriale e innovativi e sistemi impiantistici completavano la sfida verso nuovi modelli abitativi che riavvicinavano l’uomo alla natura, esplorando le relazioni sensoriali con il suo ambiente vitale.

Nato inizialmente come programma per clienti ipotetici e teso a sondare le potenzialità di un’industria delle costruzioni sempre più votata a componenti standard, ben presto il programma si rivelò una risposta decisa alle esigenze di clienti reali alla ricerca di una migliore condizione abitativa.

Non solo; negli stessi anni maturava un parallelo filone di ricerca orientato a indagare e raffinare gli ambienti e le condizioni di lavoro dell’uomo moderno. Illuminati industriali di rara visione filantropica – dal magnate olandese del tabacco Kees Van der Leeuw al nostro Adriano Olivetti – davano vita a vere e proprie “insule” del lavoro organizzate attorno ad ambienti di grande civiltà.

Oggi, la sensibilità verso spazi di lavoro a misura d’uomo (“ville” piuttosto che “templi del lavoro”) è sempre più fondamento di una filosofia della produzione sostenibile ormai sedimentata in esempi di colta eleganza.

Lo sguardo va ad alcuni magistrali progetti come gli Headquarters Prada e Smeg, officine-verdi in cui gli elementi primari della natura (“terra, acqua e cielo”), al pari e forse ancor più dei materiali artificiali della costruzione, riconciliano l’uomo con la semantica del lavoro.

Insediamento rurale, finito.

Chi ha fatto Cosa

Opera: Insediamento produttivo agricolo biosostenibile, Bondeno (Ferrara)
Committente: Privato
Progetto e direzione lavori: Arch. Moreno Pivetti
Progetto Impianti: P.I. Pierluigi Orlandi
Superficie totale: 1.200 mq
Carpenterie metalliche primarie e montaggi: Naldi srl
Strutture di fondazione e pavimenti industriali: Lineacem srl
Chiusure di facciata: Elcom System spa
Serramenti: Naldi srl
Impianti speciali: Tecnimpianti srl
Bonifiche ambientali: C.S.A. Consulenze e Servizi Ambientali srl
Demolizioni: Taddia Service srl
Indagini geologiche: Intergeo srl
Contributo al testo e foto: arch. Moreno Pivetti

Planimetria generale dell’insediamento rurale.

Planimetria generale dell’insediamento

1. Antiche scuderie e stalle;
2. Cantine e depositi;
3. Fabbricati produttivi;
4. Abitazione principale;
5. Corti interne;
6. Orti e giardini (alberi da frutta: albicocchi, ciliegi, peschi, noccioli, prugneti e vigneti; essenze: rosmarino, piante rampicanti e colture stagionali; sistema di irrigazione con impianto a goccia);
7. Giardino preesistente;
8. Prati delimitati da filare di pioppi.

  • a. Partizione esterne dei fabbricati produttivi;
  • b. Reti di supporto piante rampicanti;
  • c. Doppi tondini metallici per l’accompagnamento di piante rampicanti;
  • d. Pavimentazioni in calcestruzzo in opera lisciato con finitura a cocciopesto.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here