Tecnologia | Ricostruzione post-sisma, Mirabello (Fe) 71-77

Il laterizio nella ricostruzione post-sisma in Emilia-Romagna: un caso di studio a Mirabello

Dopo il sisma del 2012, l’Emilia-Romagna ha affrontato la ricostruzione considerando il tessuto produttivo oltre a quello residenziale. Attraverso il rilievo sistematico del danno si è monitorato l’efficace comportamento delle strutture in laterizio. Nel contributo si espone il caso di studio di un edificio sul territorio di uno dei Comuni più colpiti.

Cil 183 – Tra il 20 e il 29 maggio 2012, un’intensa attività sismica ha interessato il territorio emiliano, caratterizzato da un elevata densità di popolazione, un livello di industrializzazione importante e un’agricoltura antropologicamente identificativa dei luoghi. A 8 anni esatti dalla tragedia che ha causato nell’immediato 27 morti, la risposta istituzionale ha consentito una ricostruzione avviatasi verso il termine [1].

La gestione di questo processo si è confrontata con un tessuto abitativo, ma soprattutto produttivo, imponente e diffuso: i Comuni colpiti contribuivano per il 2% al Pil italiano e costituivano il 27% del valore aggiunto regionale1 [2]. Il coinvolgimento degli Ordini delle professioni tecniche e delle rappresentanze comunali ha consentito di migliorare i processi di ricostruzione.

Inoltre, tale sinergia ha determinato la formazione di tecnici che possono vantare una capacità acquisita sul campo rispetto agli interventi di ricostruzione post-emergenziale. La reportistica pubblicata con cadenza biennale sui siti delle Amministrazioni regionali espone dati relativi a una ricostruzione mirata al ripristino delle condizioni di vita e di lavoro antecedenti all’evento.

Principali destinazioni d’uso nella ricostruzione (Elaborazione degli autori da dati Regione Emilia-Romagna).

Il patrimonio coinvolto annovera più di 10 mila edifici, corrispondenti a circa 27 mila unità immobiliari, un quarto delle quali destinato ad attività economiche e produttive: al marzo 2019, più di 5 mila di queste ultime, su poco meno di 7 mila, sono state rese agibili [1]. Per la ricostruzione delle attività produttive, industriali e agricole, su 3.500 progetti approvati, sono stati concessi 1,9 miliardi di euro, dei quali il 75% già erogato seguendo gli Stati di Avanzamento Lavori [2].

Rispetto agli interventi relativi ad altri contesti analoghi, il processo partecipato e supportato dalla tecnologia informatica ha consentito, nella tempistica necessaria, di ripristinare, per la maggior parte, un sistema territoriale attrattivo e dinamico. Il ruolo dei progettisti è stato innegabile: per fare in modo che il tessuto socioeconomico ristabilisse il proprio equilibrio è stato necessario intervenire anche sull’edilizia afferente al patrimonio produttivo.

Distribuzione territoriale degli edifici danneggiati a destinazione produttiva (Elaborazione degli autori da dati Regione Emilia-Romagna).

Molti progettisti sono stati investiti della responsabilità di rimettere in piedi le infrastrutture del settore agro-alimentare, con la consapevolezza che quel tipo di destinazione d’uso, oltre a essere sinergica nell’ambito di un intero sistema territoriale è complementare alla destinazione residenziale, e, pertanto, costituisce priorità nella ricostruzione.

Il settore agricolo: vulnerabilità di un sottosistema specifico

In Emilia-Romagna, il sistema agricolo e il comparto agro-alimentare sono talmente importanti che si può parlare di “cratere agricolo” [4]. Nella ricostruzione, l’equiparazione di edifici agricoli e residenziali o industriali, ha costituito una parte importante nella formulazione di politiche rispondenti alle peculiarità dei luoghi.

Classificazione sismica dei Comuni dell’Emilia-Romagna in relazione alla perimetrazione regionale del cratere (Elaborazione degli autori da dati Ingv e Regione Emilia-Romagna).

È noto che gli effetti di un sisma possono essere amplificati dalle caratteristiche socioeconomiche del territorio, così come dall’intervento istituzionale o dall’attività umana [5, 6]. Pertanto, si ritiene opportuno richiamare i principali elementi di specificità del settore. L’attività agricola largamente diffusa determina un assetto territoriale e un’attività imprenditoriale rarefatta ma continua.

La piccola dimensione delle imprese, tipica di tutto il territorio, comporta che la quantità di quelle coinvolte nel settore sia rilevante anche su aree contenute. Ulteriore conseguenza è la lentezza nella complessiva rilevazione dei danni unita all’onerosità della ricostruzione rispetto a settori in cui l’attività è concentrata come quello industriale.

Inquadramento territoriale dell’area di progetto.

Un aspetto caratterizzante il settore agricolo colpito è la frequente sovrapposizione tra le destinazioni d’uso residenziale e produttiva: chi gestisce l’attività agricola molto spesso risiede nel medesimo aggregato. Nonostante altri territori a forte connotazione agricola siano stati colpiti da eventi tellurici devastanti, come il Belice (1968) e l’Irpinia (1980), questi sono caratterizzati da vasti latifondi associati a borghi rurali concentrati, con una distinzione tra luoghi di lavoro e residenze [7]. I forti connotati di ruralità sono riscontrabili dai dati Istat [8].

Il territorio corrispondente al cratere più esteso ospitava più di 16 mila aziende agricole per una Superficie Agricola Utilizzata (Sau)2 pari a 266 mila ettari. A queste aziende vanno aggiunti gli allevamenti, pari a 1.690. Per comprendere quanto sia importante l’attività agricola per la regione si può paragonare il dato territoriale: se la superficie dei comuni all’interno del cratere è il 17,7% della superficie della regione, la Sau è il 25% di quella regionale.

Da tale specificità discende un sistema insediativo caratteristico: l’azienda agricola dell’area padana è spesso riconducibile alla tradizione funzionale, caratterizzata da una netta corrispondenza tra le unità ambientali e le destinazioni d’uso. Pertanto, le esigenze determinano una rigida disposizione dei manufatti [9]. La quasi totalità delle costruzioni presenti sul territorio risale alla seconda metà del XIX secolo, periodo in cui viene avviata un’importante ristrutturazione delle aziende agricole.

Per quanto riguarda le tecnologie costruttive, si predilige la muratura per le abitazioni e per gli spazi produttivi o di accantonamento con luci limitate, mentre frequentemente si sperimentano strutture a telaio in calcestruzzo armato, tamponate in laterizio, per i capannoni agricoli di grandi dimensioni. Le murature sono diffusamente in mattoni pieni di laterizio.

Prospetti.

Il comportamento sismico delle strutture in muratura

Le strutture in muratura hanno dimostrato di resistere bene al terremoto del 2012. Le ricognizioni attivate dall’industria dei laterizi per il monitoraggio dei comportamenti delle strutture contemporanee in laterizio hanno coinvolto più di 40 edifici, costruite nei primi anni del 2000 rispondenti ai requisiti richiesti dalle norme tecniche vigenti.

Tale studio ha documentato l’ottimo comportamento di quegli edifici che usano il laterizio seguendo gli accorgimenti relativi alla messa opera dei dettagli costruttivi, previsti dalle normative [10]. Il noto modello strutturale cosiddetto “scatolare” prevede che le strutture in elevazione verticale e gli orizzontamenti siano opportunamente collegati tra di loro.

Il collasso delle strutture in muratura, in genere, è governato invece da meccanismi locali che si possono classificare, in funzione della giacitura in cui si verificano [11]:

  • meccanismi fuori dal piano di intere porzioni di muri. Sono fenomeni di ribaltamento e flessione che possono portare al collasso dell’intera struttura per la perdita di equilibrio;
  • meccanismi nel piano, che generano danni per flessione e taglio. Quando si verificano, la rottura avviene per il superamento della resistenza ultima del materiale.

Nel caso del terremoto del 2012, l’edilizia rurale ha dimostrato una vulnerabilità sismica elevata, ma eterogenea. Rispetto all’edilizia residenziale in muratura storica dei centri urbani, costruita tra l’Ottocento e il Novecento, una delle maggiori differenze risiede nell’elevata snellezza delle fabbriche rurali3. Inoltre, le costruzioni adibite a stalle o fienili, in genere presentano una serie di irregolarità, sia in pianta sia in elevazione. Spesso, i muri interni non arrivano a coprire tutta l’altezza della costruzione, inoltre, più spesso delle residenze presentano uno spazio porticato sul fronte o sul fianco [12].

Molti dei rilievi sui fabbricati rurali effettuati dopo il sisma hanno dimostrato che la maggior parte dei collassi si è verificata fuori dal piano, soprattutto in assenza di muri trasversali interni. Questo ha comportato il collasso della copertura a falde inclinate, che, con tutta probabilità, ha contribuito, con il proprio carattere spingente, al cedimento dei muri.

Allo stesso tempo, nelle costruzioni in laterizio, grazie alla qualità dell’apparecchio, le ammorsature d’angolo hanno resistito in maniera soddisfacente. Al contrario, quasi nessuna crisi si è verificata nel piano: questo è da attribuirsi all’assenza di solai intermedi nelle architetture rurali a uso non residenziale, e, qualora presenti, alla loro flessibilità intrinseca e ai collegamenti deboli alla struttura in elevazione.

Il caso di studio di Mirabello (Fe)

Il nuovo intervento, progettato dall’architetto Alberto Ferraresi, è situato nel Comune di Mirabello, piccola realtà con poco più di 3.000 abitanti, in provincia di Ferrara tra questa e il corso del Reno. Collocato in un contesto rurale, questo intervento si è focalizzato sulla progettazione e ricostruzione di una delle due strutture produttive e di accantonamento preesistenti, danneggiata gravemente in conseguenza del sisma.

Lo stato di fatto dei luoghi prevedeva una corte rurale composta da due fabbricati per la produzione e uno per l’uso residenziale. L’edificio era articolato su due livelli e presentava al piano terra depositi per gli attrezzi e stalle, mentre il fienile era collocato al primo livello.

La struttura era realizzata in mattoni pieni, utilizzati per i pilastri, per i muri e per le pareti di divisione. Il solaio interpiano era in buona parte costituito da travi di tipo Varese, elementi prefabbricati in calcestruzzo armato a forma di doppia T, e tavelloni in laterizio. Il solaio di copertura a doppia falda era sorretto da capriate, arcarecci e tavolato in legno, e completato da un manto di copertura continuo in cemento-amianto.

Probabilmente, alcuni di questi fattori sono stati concause dei danni gravi: l’impiego di travi di tipo Varese prevede un collegamento rigido all’altezza del primo livello, mentre la grande apertura in quota e la presenza di un porticato, che funziona da “piano soffice”, molto probabilmente hanno indebolito l’insieme all’azione orizzontale.

Completato nel giugno 2016, il nuovo intervento, si inserisce nel contesto rurale in modo armonico, utilizzando materiali propri della tradizione posati applicando tecnologie attuali. Il nuovo fabbricato è stato modificato nella giacitura oltre che nella planimetria e in elevazione. Pertanto, è stato avvicinato e ruotato di 90° per formare una corte aperta a C insieme agli altri due fabbricati. Esso ha una superficie di 210 m2 su una pianta trapezoidale con il lato inclinato ispirato dalla direttrice di un vicino canale.

La struttura in elevazione è discontinua in calcestruzzo armato, con fondazione a platea, ed è nascosta dal rivestimento in mattoni pieni di laterizio che avvolge il tutto come una pelle dalle diverse sfumature. La scelta del materiale esprime la volontà dell’architetto di restituire un edificio nuovo ma coerente con il contesto. La copertura a due falde è sottesa da due capriate, in cui si ottimizza il materiale impiegando l’acciaio per le catene. Tali strutture, di luce poco superiore ai 13 metri, sono disposte parallelamente al lato sghembo della pianta trapezoidale.

Particolare dell’ammorsamento del paramento in mattoni.

Il richiamo agli edifici esistenti è evidenziato dalla scelta di due differenti coppie di elementi in laterizio per il manto di copertura: coppi e canali insieme a coppi ed embrici. Questi sono disposti assecondando la geometria degli aggetti diversi della falda, ispirati dall’edificio adiacente, e creano una continuità con il costruito a ribadire la volontà di inserirsi nel contesto reinterpretando la tradizione.

Le tamponature sono composte da blocchi in laterizio alleggerito in pasta, disposti a chiudere la specchiatura del telaio. La parete, non intonacata all’interno, ospita un’armatura orizzontale celata nei giunti di malta ogni due corsi: essa è composta da 2 barre di acciaio Φ8 ancorate ai pilastri mediante fori profondi 15 cm riempiti con resine epossidiche.

Spaccato assonometrico del nodo pilastro-parete-rivestimento (Ing. Andrea Giannantoni e Laura Ludovisi).

La chiusura verticale si interrompe solo in presenza di bucature, sormontate da architravi in laterocemento e chiuse da serramenti in ferro, con lo scopo di enfatizzare, attraverso contrasto cromatico, il colore confortevole del laterizio.

La parete è rivestita da mattoni pieni in laterizio di diverse gradazioni di colore con lo scopo di creare una pelle continua sui quattro prospetti, interrotta in modo impercettibile da sottilissimi giunti verticali. L’impiego di sottomultipli, come il mezzo lungo, insieme al mattone pieno, conferisce ai prospetti una vibrazione localizzata che richiama i pilastri in muratura della memoria del vecchio fabbricato e di quello esistente adiacente con cui trova nuovo equilibrio.

Le diverse cromie sono disposte a denunciare la struttura ovvero i tamponamenti retrostanti, e in presenza di aperture diventano più scure. Tale differenza è accentuata dalle ombre degli arretramenti dal filo esterno. Per aumentare la resistenza a ribaltamento di queste grandi superfici, e quindi meccanismi locali di danno fuori dal piano, il rivestimento esterno in mattoni è ancorato ai blocchi del paramento interno mediante un sistema di aggraffature metalliche.

Questo consiste nella disposizione, in corrispondenza delle armature orizzontali della tamponatura, di connettori in acciaio, che si innestano, perpendicolarmente, nei blocchi in laterizio mediante connessioni resinose. Tale tecnologia, impercettibile alla vista, esprime, la volontà dell’architetto di adoperare soluzioni tecnologiche che fossero adeguate dal punto di vista normativo e in grado di offrire un elevato standard qualitativo.

Sezione terra-tetto dell’edificio (Elaborazione degli Autori).

Conclusioni

Il rilievo sistematico del danno a seguito del terremoto in Emilia-Romagna ha messo in evidenza elementi ricorrenti di vulnerabilità delle strutture in muratura più datate in ambito rurale, ma, in generale, ha confermato la resistenza intrinseca del laterizio alle azioni orizzontali. Pertanto, quando non è stato possibile intervenire per il consolidamento, si è operata la ricostruzione impiegando il laterizio nell’ambito di tecnologie attuali.

Inoltre, grazie al quadro sistematico desunto, è possibile immaginare di introdurre innovazioni che riguardino soprattutto il potenziamento di prestazioni antisismiche. Migliorare la resistenza a trazione delle strutture è una strada consolidata, mentre è interessante la possibilità di utilizzare elementi di rinforzo in acciaio, in grado di ridurre le possibilità di collassi per meccanismi fuori dal piano.

Il caso di studio analizzato mette in evidenza come incrementare le già ottime prestazioni della muratura portante in laterizio, mediante la costruzione di un’ossatura flessibile che prevenga i meccanismi di collasso noti, sia una buona soluzione anche nel caso di nuove edificazioni. In questo senso, la tipologia dell’edificio rurale, per il suo carattere isolato e per la compattezza delle sue proporzioni legata alla regolarità intrinseca della sua geometria, può costituire ideale campo di prova sperimentale per nuovi modelli costruttivi in laterizio armato o rinforzato.

di Antonio Magarò Architetto, PhD, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Firenze e Luca Trulli, Architetto Libero professionista

Note

  1. In economia, il valore aggiunto è la misura dell’incremento di valore nell’ambito della produzione di beni e servizi per l’intervento di fattori produttivi partendo da beni e risorse primarie iniziali. In definitiva, un’impresa acquista beni e servizi che trasforma in altri beni e servizi, la differenza tra il valore dei beni e servizi finali e quelli iniziali fornisce una misura del valore aggiunto [3].
  2. La Sau è l’indicatore che comprende tutti i terreni destinati a seminativo, coltivazioni legnose agrarie, orti familiari, pascoli, etc. Esso è uno dei più utilizzati poiché individua esattamente tutta la quota di terreno effettivamente utilizzata in coltivazioni agricole [8].
  3. Per snellezza di un intero corpo di fabbrica si intende il rapporto tra l’altezza dei muri perimetrali dell’edificio e il loro spessore, considerata insieme al rapporto tra l’interasse trasversale dei muri e il loro spessore [12].

Riferimenti Bibliografici

[1] Regione Emilia-Romagna (2017). “2012-2017 L’Emilia dopo il sisma. Report su cinque anni di ricostruzione”, Agenzia di informazione e comunicazione della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna, disponibile da www.regione.emilia-romagna.it/terremoto (consultato il: 27.04.2020).
[2] Agenzia Regionale per la Ricostruzione (2019). “Analisi tecnico-economica della ricostruzione post sisma degli edifici produttivi”, Centro Stampa Regione Emilia-Romagna, disponibile da: www.regione.emilia-romagna.it/terremoto (consultato il: 27.04.2020).
[3] De Novellis, F. (2012) “Valore aggiunto” in Dizionario di Economia e Finanza, Treccani, disponibile da: www.treccani.it/enciclopedia/valore-aggiunto_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/ (consultato il: 27.04.2020).
[4] Pagliacci, F.; Bertolini, P. (2015). “Le specificità del sistema agro-alimentare nella ricostruzione post-sisma”, DEMB Working Paper Series, 68, pp. 1-30.
[5] Barone, G. e Mocetti, S. (2014). “Natural disasters, growth and institutions: a tale of two earthquakes”, Journal of Urban Economics, vol. 84, pp. 52-66.
[6] The United Nations and The World Bank (2010). Natural hazards, unnatural disasters: the economics of effective prevention, Washington D. C. (US): World Bank Publications.
[7] Chubb, J. (2002). “Three earthquakes: political response, reconstruction and the institutions: Belice (1968), Friuli (1976), Campania (1980)”, in Dickie, J.; Foot, J. and Snowden, F. M. (eds) Disastro! Disaster in Italy since 1860: Culture, Politics, Society, New York (US): Palgrave Macmillian, pp. 186-233.
[8] ISTAT (2010). “6° Censimento Generale dell’Agricoltura”, disponibile da: dati.istat.it (Consultato il 27.04.2020).
[9] Provincia di Piacenza (2007). “PTCP – Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Allegato C1.4(R) Il sistema insediativo dell’architettura rurale”, disponibile da: www.provincia.piacenza.it (Consultato il: 27.04.2020).
[10] Di Fusco, A. A. e Mosele, F. (2013). “Ricognizione post-sisma in maggio 2012. Gli edifici moderni in laterizio in Emilia”, Costruire in Laterizio, 152, pp. 52-60.
[11] Campagna, G. (2015). Strutture esistenti in muratura, Milano: Wolters Kluwer Italia.
[12] Bracchi et al. (2012). “Comportamento degli edifici in muratura nella sequenza sismica del 2012 in Emilia”, Progettazione Sismica, 3, pp. 141-161.

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