Comitati interministeriali | Cipu

Riflessione sulla dimensione urbana

Il primo documento del Comitato interministeriale per le politiche urbane ha l’intento di trasformarsi da riflessione a traccia di metodo e di contenuto sulle priorità di una possibile Agenda Urbana da presentare al nuovo governo.

Il Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu) attraverso il documento «politiche e tecniche» ha chiesto ai ministri e ai rappresentanti delle Regioni, delle Province e dei Comuni una riflessione sui progetti che nell’ultimo anno hanno riguardato la dimensione urbana (aree metropolitane, grandi e medie città e sistemi di comuni delle aree interne), dalla specificità del Mezzogiorno alla problematica delle Aree interne.

Il Cipu ha il fine di trasformare questo documento in una traccia di metodo e di contenuto sulle priorità in tema di una possibile Agenda Urbana da presentare al nuovo governo.

Protocollo Qualità Urbana
Le tematiche più importanti trattate sono il Welfare, la riqualificazione, la mobilità, l’istruzione, la sicurezza e l’ordine pubblico, la finanza locale, il turismo. Ciascuna di queste aree è stata oggetto di analisi inserendo al centro priorità da mettere in atto all’interno di una visione strategica e di sviluppo territoriale che sia il più possibile condivisa.
Il coordinatore del Cipu, Fabrizio Barca, al momento della presentazione del documento aveva toccato alcuni punti essenziali per il rapporto con il Protocollo Qualità Urbana: «il contesto più favorevole alla pratica dell’urbanistica concertata o consensuale (si scelgono questi termini piuttosto che quello di contrattata, proprio per evitare quel forte senso di negatività in esso contenuta) è quello degli interventi di riqualificazione urbana (o, sostanzialmente sinonimi, di rigenerazione, di riconversione, di riabilitazione, di recupero, di trasformazione)».
Barca ha poi continuato motivando «la proprietà del patrimonio edilizio della città compatta che necessita di interventi per migliorarne la complessiva qualità (da quella tecnico-edilizia a quella delle modalità d’uso, da quella ambientale fino alle applicazioni più innovative della tecnologia) è nella quasi totalità posseduta da soggetti privati. E l’alto costo degli interventi generalmente non sostenibile da parte dell’amministrazione pubblica. Per cui gli interventi vengono quasi sempre proposti e attuati per “pezzi di città”, al di fuori di una visione dei futuri assetti del complessivo apparato urbano». Le domande che sono sorte in merito alla risoluzione di questo problema sono state:

  1. Come fare allora a tutelare il più generale interesse pubblico?
  2. Come evitare che la carenza di risorse finanziarie, la mancanza di una visione strategica del progetto urbano, la debolezza della struttura amministrativa caratterizzata da una non adeguata professionalizzazione possano determinare esiti negativi per l’interesse pubblico a favore di eccessivi vantaggi per il privato?
  3. Come evitare che il costo delle urbanizzazioni, delle opere pubbliche e quello di gestione dell’incremento del peso urbanistico sia posto a carico della spesa pubblica, lasciando il conseguente incremento e accaparramento della rendita a favore soltanto del privato?

I membri del Cipu hanno così commentato: «Al fine di evitare quelli che alcuni autori hanno definito “scambi ineguali”, muovendosi invece nel rispetto del principio di lealtà che dovrebbe caratterizzare i rapporti pubblico-privati, dovrebbe essere posta in essere una generale regolamentazione di tipo amministrativo in grado di disciplinare, contrattualizzare le modalità e le forme con cui amministrazioni pubbliche e soggetti privati individuano e pongono in essere progetti di trasformazione urbana. Questo mutamento della prassi urbanistica, visto in termini positivi e innovativi (inizialmente avviato nell’ambito della produzione di edilizia residenziale pubblica), può rappresentare anche l’altra faccia della medaglia, quella della crisi dell’urbanistica, della sua incapacità di dare risposte convincenti alla necessità di modernizzazione della città, di tener conto, con analoga velocità, dei mutamenti socio-economici della realtà, delle diverse condizioni d’uso dello spazio urbano conseguenti al mutato rapporto tra politica e cultura».

I compiti del Cipu. Il Comitato ha il compito di «coordinare le politiche urbane attuate dalle amministrazioni centrali interessate e di concertarle con le regioni e con le autonomie locali, nella prospettiva della crescita, dell’inclusione sociale e della coesione territoriale».
È composto dai ministri per la Coesione territoriale, per gli Affari regionali, il turismo e lo sport, dai ministri dell’Interno, dell’Economia e delle finanze, del Lavoro e delle politiche sociali, dello Sviluppo economico, Infrastrutture e trasporti, dell’Istruzione, Università e ricerca e dal ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Alle riunioni del Cipu partecipano, inoltre, i ministri aventi competenza sulle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche inseriti all’ordine del giorno.
Alle riunioni del Comitato partecipano anche un rappresentante delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, un rappresentante delle Province e un rappresentante dei Comuni, nominati dalla componente rappresentativa delle autonomie territoriali nell’ambito della Conferenza unificata.
Per la preparazione delle proprie riunioni, il Cipu si avvale di una segreteria tecnica istituita presso il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il funzionamento del Comitato e della segreteria tecnica saranno disciplinati con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Scarica il documento Politica-nazionale-per-le-città>>; allegato 1>>; allegato 2>>

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