L'intervista | Barbara Mezzaroma

Rigenerare le identità dei luoghi

Barbara Mezzaroma è Ceo di Impreme spa, una delle maggiori società immobiliari italiane con sede a Roma. Nel 2003 Barbara è entrata a far parte dell'azienda familiare (Pietro Mezzaroma & Figli sas) come chief strategy officer per seguire e attuare tutti i progetti speciali, ovvero tutti gli sviluppi premiati con il Premio Pritzker, nonché iniziative orientate all'eccellenza con un alto grado di sostenibilità. Nel 2009 Barbara è entrata a far parte del Consiglio e nel 2013 è diventata Ceo, superando le aspettative in termini di risultati. Entro il 2017 Barbara, supportata dal consulente globale per gli investimenti Värde, ha rilanciato la società con un piano di investimenti per un totale di 1 miliardo di turn-over e lo sviluppo di 2400 unità abitative e complessi multi-scope a Roma e dintorni.

Cil 181Lei è Presidente di un noto Gruppo immobiliare romano che sta puntando, nonostante la debole ripresa delle costruzioni, a produrre e commercializzare immobili per un valore complessivo di 1 miliardo di euro in 5 anni, con l’obiettivo di ridisegnare il tessuto urbano della Capitale. Ci racconta come il Gruppo ha affrontato questi anni di crisi? Quali sono state le opportunità che l’azienda ha  saputo cogliere per rafforzare la strategia imprenditoriale? 

Barbara Mezzaroma | Ceo Impreme spa.

Prima di tutto la ringrazio per l’opportunità offertami. La situazione contingente mi costringe ad una prima risposta abbastanza cinica: la ripresa è sicuramente ancora fragile, ma a presidiare la ricrescita ci siamo solo noi “sopravvissuti” ed in quanto tali pochi e più forti. Al posto di cedere alla tentazione di diminuire la qualità del prodotto, l’azienda ha deciso di puntare su una strategia di consolidamento di una tradizione che aveva già nella qualità e nell’innovazione due driver strategici, addirittura aumentando entrambe le features, investendo anche in progetti di innovazione sociale, che, a mio modesto parere, è la vera innovazione per un futuro migliore, riportando la tecnologia alla sua funzione di mezzo non di fine per la realizzazione del prodotto. Le opportunità derivano dal fatto che oggi le esigenze si sono moltiplicate a fronte di un periodo di vita media più lungo e di una generazione di millennials che rivede nell’acquisto della casa un’opportunità – anche per la rinnovata facilità di accesso al credito che alla convenienza incredibile del medesimo – che costringe, però ad un “cambio pelle” dell’approccio imprenditoriale che non va percepito come un vincolo ma un’opportunità. Un mercato più consapevole di cosa vuole, rende più semplice adeguare il prodotto, se organizzati ed attenti. Si arriverà a offrire anche una casa “House as a service”. È il nuovo concetto di living. Non vale più il detto “chi vivrà, vedrà”, ma come dico sempre io, “chi vede, vivrà”!

Belvedere gli Aceri, Rione Rinascimento – Quartiere Talenti a Roma.

Sempre più spesso l’imprenditore edile si scontra con la burocrazia e con i mancati pagamenti che rallentano tutto l’iter, dal progetto all’esecuzione di un’opera, con conseguenze economiche e sociali non trascurabili. Come, secondo lei, lo Stato può sostenere il mondo delle costruzioni e semplificare le procedure amministrative che bloccano le imprese, ma su altri fronti anche i cittadini?         

Su questa tematica, cito sempre Dante: “Lasciate ogni speranza Voi che entrate!”. Giustificate dall’apparente giustizia democratica della burocrazia, in realtà si costruiscono, da una parte, logiche di accentramento di piccoli poteri, dall’altra, si consolida una resilienza che null’altro è che la dimostrazione o conferma dell’incapacità della politica di programmare o determinare delle linee guida per gli investimenti. Tale vuoto di capacità gestionale porta un’ignavia da parte di tutto l’apparato burocratico amministrativo. In realtà i fondi ci sono, ma o non si sa come rubare o non ci si prende la responsabilità di decidere, molto spesso per motivi di ignoranza o per logiche di consenso. Il mondo della politica è fermo? Noi imprenditori dobbiamo trovare le soluzioni per non farci fermare e lentamente uccidere. Ora il consenso sta mutando: veniamo finalmente percepiti – noi imprenditori che crediamo che la nostra vocazione di produrre il denaro che paghi le tasse debba avere come caposaldo la creazione di valore aggiunto sociale – non come capitalisti vittime del proprio egoismo, ma come degli alleati per la ripresa.     

Rispetto agli edifici vetusti o degradati, con nessuna valenza storica o architettonica, che non rispondono né a requisiti energetici né a quelli di sicurezza strutturale, è inutile intervenire per recuperare con ingenti esborsi economici senza poi raggiungere opportune prestazioni; si dovrebbe, quindi, avere il coraggio di demolire e ricostruire. Cosa ne pensa? L’impegno del suo Gruppo nella riqualificazione della città di Roma ha previsto interventi significativi di sostituzione edilizia, può illustraci qualche esempio di best price in cui siete coinvolti?

Complimenti: qualcuno che ha il coraggio di dire la verità, che io sostengo e su cui sono molto criticata. Tale verità presume e denuncia l’inutilità di molti interventi senza destino, capienti solo di spreco ed insuccessi, che sono inoltre “figli” dell’abusivismo o di accordi con un’imprenditoria autoreferenziale. Sono interventi senza valore aggiunto, se non per il proprietario di vetustà indegna, che anzi rischiamo solo di peggiorare la situazione. Noi siamo intervenuti su due programmi di riqualificazione con l’intenzione e la finalità di una vera ristrutturazione urbana, ovvero con la volontà di curare ferite del territorio: non abbiamo ragionato su scala finanziaria-economica, ma su scala urbana e territoriale, prioritariamente. Non ci può essere riqualificazione di progetto: ci può essere solo riqualificazione di comunità. Tale visione aumenta il valore anche del costruito di perimetro, creando un’economia di scala. Inoltre, ricucendo alcune “ferite del passato, ancora aperte” si rigenera anche un senso di appartenenza, a volte perso a causa di presenze estranee alla vita e alla storia del luogo. Roma è la Città dei due Stati? No, non è così. Roma è la città di tanti Stati. È finito il tempo dell’anarchia voluta per motivi di disorientamento sociale: è arrivato il momento del confronto costruttivo, senza alcun rifermento materiale.

di Alfonsina Di Fusco Ingegnere, Confindustria Ceramica

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