Prospetti esterni

Ripristinata la lettura del tessuto costruttivo

Progetto di rifunzionalizzazione dell’ex chiesa di S. Maria in Gradi a Viterbo e parziale realizzazione dell’intervento di consolidamento, posa in opera delle nuove strutture di copertura e predisposizione degli impianti per essere adattata alla destinazione in aula magna, sala convegni e auditorium dell’Università della Tuscia e sede di grandi eventi.
Il portico in pietra a cinque campate con volte a crociera in muratura.

Il convento dei Domenicani di S. Maria in Gradi (Viterbo) fondato nel 1215 è stato oggetto di distruzioni belliche e di abbandono. Gli ultimi lavori documentati sono stati eseguiti negli anni ‘90 e hanno interessato il rifacimento di ampie porzioni murarie e in particolare la ricostruzione a tufelli del timpano della facciata. Non si hanno invece notizie sull’esecuzione della deturpante stilatura in cemento di tutti i conci di cortina.

La facciata della chiesa di S. Maria in Gradi ha subito nel corso del tempo numerose trasformazioni, che hanno mutato il suo aspetto originario. Le variazioni sono consistite nell’ampliamento, sia in altezza che in larghezza, della costruzione primitiva, con la sola perdita della parte apicale del corpo centrale compresa tra la parte bassa del rosone e il tetto. Queste trasformazioni sono ben evidenziate dalla diversità dei materiali costitutivi e dei metodi costruttivi. In questa prospettiva, il portico viterbese si pone come un organismo autonomo rispetto alla chiesa, che funziona più da filtro o schermo che copre e «corregge» la fabbrica medievale, con cui non stabilisce un rapporto di consequenzialità formale e tipologica. Non a caso, il classicista Salvi, nella sua indifferenza nei confronti della fabbrica medievale, conserverà il portico rinascimentale, pur con le sue incongruenze.
La facciata originaria, prima dell’intervento di Salvi è chiaramente visibile in una veduta di Gaspar Van Wittel (1721) confermata dalla più approssimativa incisione pubblicata da Bussi nel 1742, a ridosso dei grandi lavori di trasformazione. Si tratta di una grande facciata a salienti, iscrivibile in un rettangolo sviluppato in larghezza, con un grande finestrone circolare al centro, la cui cornice è conservata per circa il quarto inferiore, e due oculi più piccoli, ancora esistenti, ai lati, in corrispondenza presumibilmente delle navate laterali. La sopraelevazione della facciata fu a opera di Nicola Salvi: corpo centrale rialzato, tetto a capanna e spioventi laterali ma il corpo centrale era molto più alto di quello antico, con al centro una grande finestra quadrangolare centinata; al centro del timpano vi era un’altra apertura di dimensioni minori. Quattro rosoncini ciechi erano inseriti lungo la base del timpano. La versione del Salvi ha conservato i due rosoncini medioevali, mentre ha occultato la grande rosa centrale.

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