L'intervista

Roberto Vesentini, direttore generale Layher Italia: «con noi, più possibilità tecniche, meno manodopera»

Radiografia di un’azienda attraverso le parole del suo dg Roberto Vesentini. Layher, uno dei produttori leader mondiali nella costruzione e commercializzazione di opere provvisionali nei settori dell’edilizia, dell’industria e dello spettacolo, è presente in Italia dal 1994  e ha fatto dell’innovazione e dell’automazione il suo credo. 
Roberto Vesentini | Direttore generale di Layher Italia | ©Francesco degli Innocenti, Studio Fotografico Fdi
Roberto Vesentini | Direttore generale di Layher Italia | ©Francesco degli Innocenti, Studio Fotografico Fdi.

Alle spalle ha una storia di quasi ottant’anni, iniziata in Germania nel 1945, fatta di crescita e innovazione continua, e che oggi la vede presente in 42 paesi al mondo e impegnata a dare lavoro a 2.300 persone.

Stiamo parlando della tedesca Layher, una delle aziende leader mondiali nella produzione e commercializzazione di opere provvisionali nei settori dell’edilizia, dell’industria e dello spettacolo.

Venne fondata da Wilhelm Layher, commerciante di legname, per costruire attrezzi agricoli e scale in legno. Con la ricostruzione e la ripresa dell’economia tedesca, il fondatore si specializzò nella realizzazione di ponteggi da costruzione e nel 1948 iniziò la produzione di ponteggi a scala per l’agricoltura.

Nonostante l’attuale dimensione internazionale, Layher rimane un’azienda a conduzione familiare, la cui gestione è passata nelle mani dei figli: Ruth Langer ed Eberhard (uscito dalla società nel 1987) e Ulrich Layher, che ne hanno continuato con successo l’attività dopo la morte del padre, avvenuta nel 1962.

Oggi, la Wilhelm Layher GmbH & Co è portata avanti da Wolf Christian Behrbohm e Stefan Stöcklein e gestita dalla famiglia, composta da 25 soci tra cui fratelli, cugini e nipoti.

La multinazionale tedesca – la cui sede principale è a Güglingen-Eibensbach vicino a Stoccarda, dove si producono componenti per le impalcature dei ponteggi in acciaio, mentre nello stabilimento di Güglingen si realizzano componenti per i ponteggi, le strutture in alluminio e componenti in legno – è presente in Italia dal 1994 in sei località: nella sede principale di Sommacampagna aperta nel 2007, poi ad Augusta in Sicilia (2011), Trofarello in Piemonte (2012), Sarroch in Sardegna (2015), Colleferro nel Lazio (2018) e a Varna in Alto Adige (2021).

Layher ha come scopo principale l’attività di produzione e agisce come fornitore per i clienti dei vari settori di attività, fornendo loro tutto il supporto tecnico necessario. Non è nella filosofia Layher operare direttamente nell’ambito del montaggio e smontaggio dei ponteggi.

Sin dall’inizio si è distinta per le numerose innovazioni tecnologiche e di prodotto immesse sul mercato, tra cui, la più importante, nel 1974, fu il primo ponteggio multidirezionale al mondo, il sistema Allround.

A Firenze, oltre al restauro della cupola del Battistero di San Giovanni, i ponteggi Lahyer si trovano in diverse altre importanti zone della città: all’interno della cupola laterale del Duomo, nella Loggia del Bigallo, nella cappella Bardi della basilica di Santa Croce e nell’ex Teatro del Maggio Fiorentino.

Nei giorni scorsi, Imprese Edili ha intervistato Roberto Vesentini, direttore generale di Layher Italia. Ecco cosa ci ha risposto.

La multinazionale tedesca Layher è presente in Italia nella sede principale di Sommacampagna aperta nel 2007, poi ad Augusta in Sicilia (2011), Trofarello in Piemonte (2012), Sarroch in Sardegna (2015), Colleferro nel Lazio (2018) e a Varna in Alto Adige (2021).
La multinazionale tedesca Layher è presente in Italia nella sede principale di Sommacampagna aperta nel 2007, poi ad Augusta in Sicilia (2011), Trofarello in Piemonte (2012), Sarroch in Sardegna (2015), Colleferro nel Lazio (2018) e a Varna in Alto Adige (2021).

Dottor Vesentini, ci tolga una curiosità: cosa c’è alla base della concezione dei sistemi Layher?

L’idea base fu quella di immaginare e realizzare sistemi provvisionali in grado di ottimizzare i tempi di lavoro e di conseguenza ridurre l’apporto di manodopera. Il sistema multidirezionale Allround da noi ideato, che in Italia è noto anche come “universale”, ha sostituito quello precedentemente utilizzato nelle geometrie complesse, impiegato con le soluzioni conosciute come “tubo e giunto”.

Per quest’ultimo tipo di montaggio lavoravano squadre di montatori molto specializzati, che operavano secondo un’organizzazione di tipo piramidale, con figure specifiche, che si occupavano anche dell’ingegnerizzazione del ponteggio.

Vigeva una rigida divisione del lavoro. Con il sistema Allround questa organizzazione si rompe, assume importanza la fase di progettazione del ponteggio, mentre la fase di montaggio può essere svolta unicamente da un caposquadra e da una serie di manovali.

Questo cambiamento organizzativo è stato immediatamente recepito dalle società che operavano nel mondo dello spettacolo, che hanno colto le potenzialità del sistema multidirezionale, che ben si adattava alle esigenze specifiche di quel settore, in quanto replicabile quasi all’infinito, sempre allo stesso modo, con personale non tutto necessariamente dotato di alta professionalità.

E dopo il settore dello spettacolo, cosa è accaduto nel mercato?

Successivamente è arrivato il mondo dell’industria, che ha capito l’importanza del sistema e la sua capacità di adattarsi ai vari comparti industriali: chimico, petrolchimico, elettrico, navale, aereo. Ambienti in cui il lavoro è programmato e rigidamente organizzato. In cui il fermo macchina per l’attività di manutenzione doveva essere ridotto al minimo. Il nostro sistema, componibile e flessibile, ben si adattava a questi contesti produttivi.

E l’edilizia?

L’edilizia in questi ultimi vent’anni è molto cambiata. Ieri il traino erano le nuove costruzioni, oggi è la ristrutturazione e la manutenzione. Con la conseguenza che i tempi di produzione si sono notevolmente ridotti e i prodotti possono essere maggiormente standardizzati, con più organizzazione e una maggior definizione delle operazioni.

Il vostro slogan è “Più possibilità”. Cosa sta a significare?

In quelle parole è racchiusa la nostra filosofia. Offrire ai nostri clienti un novero di soluzioni, di possibilità, per rispondere in modo adeguato alle loro molteplici esigenze. Noi siamo in grado di creare nuovi sistemi o utilizzi particolari, utili a risolvere i più svariati problemi operativi e organizzativi.

L’anno prossimo Layher Italia compirà trent’anni…

Esatto. Siamo in Italia dal 1994; prima, alla fine degli anni Ottanta, eravamo presenti solo con una concessionaria. Qui in Italia ci siamo con sei sedi, 33 dipendenti e 50 milioni di fatturato. L’idea della casa madre risponde alla necessità di disporre di strutture proprie di progettazione e commercializzazione in ciascuno dei paesi in cui operiamo.

Questo perché ciascun Paese ha caratteristiche specifiche proprie. Qui, ad esempio, gli aspetti legati alla monumentalità degli edifici e alla sismicità del territorio sono una componente importante del comparto edilizio.

E a queste specificità corrispondono delle norme di funzionamento dei singoli segmenti di mercato, che dobbiamo conoscere e considerare nel nostro lavoro. Ecco spiegata la presenza diretta sul mercato, in questo caso italiano.

La produzione però è esclusivamente in Germania?

Certamente. Layher preferisce automatizzare che delocalizzare la produzione. Negli stabilimenti tedeschi vi lavorano infatti più di 1.600 persone. In Germania è possibile puntare molto sull’innovazione, sull’automazione, sulla robotica. Questo permette di ottenere prodotti di qualità a costi ragionevoli.

Quanto valgono oggi i vostri mercati di riferimento?

Se nel passato il nostro principale mercato di riferimento era l’industria, che valeva il 60% del totale, contro un segmento edilizio collocato al 30% e quello degli eventi al 10%, oggi, con la crescita del comparto delle manutenzioni edilizie, questo rapporto si è rovesciato: 60 quello delle costruzioni, 30 l’industriale, sempre 10 quello relativo agli spettacoli.

La vostra è una produzione per il magazzino, giusto?

Certo, noi produciamo per i nostri magazzini, perché il cliente deve sapere che da noi trova sempre il prodotto che cerca. Nel mondo disponiamo infatti di 140 magazzini, il principale si trova in Germania.

Che rapporti avete con le imprese di montaggio?

Come possiamo immaginare, negli ultimi anni, con l’esplosione del sistema degli incentivi, il numero di imprese di montaggio è cresciuto notevolmente. La maggior parte di queste lavora sulla quantità, sui volumi, di ponteggi da installare. Anche per questo non è facile individuare imprese desiderose di specializzarsi.

Quando individuiamo un’impresa che ha l’intenzione di svolgere lavori ben organizzati, allora, e solo allora, avviamo rapporti con loro, che possono durare nel tempo, come ci capita di avere con le imprese nostre clienti.

In Italia, quante sono le imprese di montaggio che hanno scelto la strada della specializzazione?

Se ci riferiamo a quelle più preparate, parliamo di 20-25 unità. Ma anche in questo caso, ciò dipende dalla tipologia di lavoro e di specializzazione. Poi, come in tutti i settori, esistono imprese di fascia alta e altre meno qualificate.

Ma chi sono i vostri clienti e come entrate in contatto con loro?

Oggigiorno conosciamo un po’ tutte le imprese specializzate di montaggio, che acquisiscono lavori o attraverso i general contractor oppure da appalti diretti. Noi lavoriamo con loro per trovare le soluzioni più efficienti ed economiche per rispondere alle loro esigenze.

L’importante ponteggio Lahyer realizzato per il restauro della cupola del Battistero di San Giovanni di Firenze (foto, Francesco degli Innocenti, Studio Fotografico Fdi
L’importante ponteggio Lahyer realizzato per il restauro della cupola del Battistero di San Giovanni di Firenze | ©Francesco degli Innocenti, Studio Fotografico Fdi.

Il vostro è un prodotto qualificato, quindi siete voi che selezionate il mercato, con lavori complessi e sofisticati come quelli del Battistero di Firenze, o vero è il contrario?

Noi veniamo scelti per la nostra capacità di offrire soluzioni nell’ambito delle geometrie complesse o in occasione di lavori ad alta rotazione di materiali o con la combinazione di entrambi.

Oggi, nel campo dell’edilizia manutentiva, dove siamo sempre più presenti, se l’impresa di manutenzione è in grado di compiere valutazioni economiche un poco più sofisticate del semplice costo, può facilmente comprendere che per lavori di una certa complessità, fatto 100 il valore del ponteggio, il 20% riguarda il materiale, l’80% il montaggio, lo smontaggio e la logistica, quindi la manodopera.

I nostri sistemi facilitano le operazioni manuali. Può sembrare che i costi dei nostri prodotti incidano più di altri sul valore finale: se però si considera che grazie a questi siamo in grado di ridurre sensibilmente i costi legati a quell’80% che pesa di più, allora è facile comprenderne la differenza. Chi coglie questo ragionamento, diventa nostro cliente stabile.

di Pietro Mezzi

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