Rete professioni tecniche | Jobs Act – Equo compenso

Rpt: « Professioni, è un obbligo morale completare il jobs act autonomi con l’equo compenso»

La Rete delle professioni tecniche considera l’equo compenso un tassello mancante al Jobs Act del lavoro autonomo. Per Rpt la determinazione e la regolamentazione del principio dell’equo compenso risultano presupposti fondamentali per garantire una concorrenza che abbia come priorità di riferimento la qualità della prestazione.

La Rete delle Professioni Tecniche risponde a Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni e autore di un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore in cui critica pesantemente la battaglia del sistema ordinistico sull’equo compenso, definendolo «iniquo compenso».

In particolare Rpt specifica che: «l’equo compenso è il tassello che ancora manca al cosiddetto Jobs Act del lavoro autonomo, il provvedimento meritoriamente sostenuto dal Governo e recentemente approvato. Completarlo con questo provvedimento è un obbligo morale soprattutto nei confronti dei cittadini. La determinazione e la regolamentazione del principio dell’equo compenso sono, infatti,  presupposto fondamentale per garantire una concorrenza che abbia come riferimento primario la qualità della prestazione a garanzia di un’attività  professionale, in tutti i settori, adeguata e proporzionata alle sempre più complesse problematiche che la riguardano.
L’attuale quadro normativo nazionale, calato su un mercato dove l’offerta è abbondantemente maggiore rispetto alla domanda, ha infatti generato, nei fatti, una competizione sconsiderata, pericolosa e dannosa che ha messo a repentaglio la qualità della prestazione professionale e ha fortemente impoverito tutti i professionisti italiani, vero patrimonio culturale, tecnico e scientifico del nostro Paese, ormai incapaci e impossibilitati a fare ricerca, investimenti e sviluppo nei rispettivi settori di competenza. 

Nel suo articolo Deiana cita a favore delle sue tesi alcune istituzioni internazionali che, è bene ricordare, negli ultimi anni hanno prodotto analisi e previsioni che si sono rivelate talmente fallaci da indurle a pubbliche ammissioni, sia pure a malincuore. Noi preferiamo rifarci ai dati aggiornati delle Casse previdenziali che dimostrano come a soffrire per la mancanza di parametri di riferimento per i compensi siano proprio le fasce più deboli dei professionisti italiani. L’esatto contrario di quanto afferma Deiana.
Purtroppo a beneficiare della mancanza di un equo compenso sono i soliti noti, i soggetti forti come banche e assicurazioni che lucrano sulla pelle dei professionisti e si contraddistinguono per offrire ai propri clienti italiani servizi che sono di gran lunga i più costosi in Europa. Per quanto riguarda il sollecito rivolto da Deiana all’Antistrust è sufficiente ricordare che a favore della compatibilità delle tariffe professionali col diritto europeo ci sono già state numerose pronunce della Corte di Giustizia europea, la più recente della quali è la sentenza della Prima Sezione c-532/15 e c-538/15».

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