Punti di Vista | arch. Alfonso Di Masi

Salerno, architetture di confine

In realtà in Italia, a differenza dei paesi del nord Europa o degli Stati Uniti, per fare l’architetto sembra occorra una sorta di investitura divina. Tolti i soliti Renzo Piano e Massimiliano Fuxas, esiste un’immensa massa magmatica di professionalità sommersa e aberrata, alla mercé della politica e con pochissime possibilità di riscatto.
Tornando a Salerno, purtroppo l’attuale modello di sviluppo (per ora in gran parte solo nelle intenzioni o oggetto di contesa a suon di carta bollata tra fazioni contrapposte o di grossi interventi che a mano a mano che vanno avanti si rivelano sempre più una palla al piede per tutti, con costi lievitati a dismisura), di fatto si autoalimenta con esterofilismi anglofoni, nippo-iberico e chi più ne ha più ne metta.
C’è un annebbiamento da un improbo tentativo di internazionalizzazione, che nasconde tutta l’ipocrisia di un sistema autoreferenziale, il quale per by-passare le pastoie burocratiche e per spianare la strada a colossali operazioni speculative si affida al populismo propagandistico che riescono a generare le Archi-star.
La cosa più grave è il risultato di un cocktail acido di stili, dove lo “instrumentum regni” può andare a farsi friggere.
Si, perché una volta le città venivano disegnate con il metro della pianificazione urbanistica, basta ricordarsi di Aimonino e Aldo Rossi.
Questo sistema, a suon di “lilleri” dei contribuenti, ma anche di imprenditori illuminati, o della finanza partecipata, del sistema bancario e dei vari fondi europei, va a rafforzare un modello d’intervento sulla città e il territorio che ancora una volta sembra essere ben lontano da logiche di pianificazione degne di questo nome.
Altro che smart-city!
In una recente intervista, comparsa su una rivista dell’Ordine degli Architetti di Salerno, ad un’importante personalità del mondo imprenditoriale salernitano in riferimento alla realizzazione del ciclopico porto Arechi, viene chiesto:
“Perchè la sua scelta è caduta su un’archistar straniera? Ha pensato ai professionisti italiani?
Risposta:
…non si voleva a tutti i costi l’archistar straniera, ma il ragionamento è stato: porto staccato dalla terra, quindi collegamento tra porto e terra con ponti, ponti, ponti, ponti = Calatrava.

 

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