Cantiere | Organizzazione e gestione

Sicurezza sul lavoro e modelli organizzativi

L’adozione di procedure basate sul concetto di Bim per la gestione aziendale e la sicurezza sembra ben rispondere alle richieste normative e di mercato, in cui qualità e sicurezza sono strettamente legate l’una all’altra.
L'autore | Ing. Mauro De Luca Picione Dottore di Ricerca in ingegneria edile, libero professionista e docente a contratto, Università degli Studi della Basilicata.
L’autore | Ing. Mauro De Luca Picione
Dottore di Ricerca in ingegneria edile, libero professionista e docente a contratto, Università degli Studi della Basilicata.

Il settore delle costruzioni, al pari di molti altri settori industriali, attraversa un momento di grande mutamento anche sotto la spinta di una crisi che dura ormai da molti. La trasformazione ha visto il ridimensionamento delle aziende e spinto a innovare processi e procedure di organizzazione aziendale al fi ne di ottimizzare costi e tempi. Questo periodo di innovazione ha coinciso con importanti novità operative anche sull’aspetto della sicurezza sul lavoro a partire dall’entrata in vigore, e con la sua progressiva applicazione, del Testo Unico nel 2008. In questi anni si sta realizzando una vera e propria rivoluzione nell’approccio metodologico al tema sicurezza sul lavoro e, nello specifi co, nell’edilizia e nei cantieri. Si sta passando da una visione stretta dell’applicazione della norma (più ai fi ni del superamento delle ispezioni che a una vera politica della sicurezza) a una sua gestione metodologica attraverso lo studio, il disegno e il progetto delle soluzioni operative. La sicurezza diviene un altro aspetto, un altro tema della complessa organizzazione aziendale.

L'autore | Ing. Vittorio Mottola Laureato in ingegneria edile, libero professionista e imprenditore edile, consulente software tecnico.
L’autore | Ing. Vittorio Mottola
Laureato in ingegneria edile, libero professionista e imprenditore edile, consulente software tecnico.

La nuova visione pone al centro modelli organizzativi e procedure che devono integrarsi e connettersi con gli altri modelli che seguono altri settori del processo. Emerge quindi con forza la necessità per di dotarsi di applicazioni, metodi e sistemi, per gestire la sempre più ampia, vasta e complessa mole di dati e d’informazioni. È su questo aspetto che il Bim si sta conquistando il ruolo concreto e signifi cativo di metodologia idonea alla costruzione e defi nizione del luogo digitale dove avviene l’integrazione dei sistemi aziendali. Nel percorso di analisi e approfondimento sull’innovazione di settore, anche attraverso il Bim, abbiamo intervistato l’ing. Alberto Cotta Ramusino del gruppo Pls, che opera da tempo nel settore della consulenza in temi di sicurezza.

Ingegner Ramusino, qual è la sua visione dell’evoluzione normativa in tema sicurezza sul lavoro avvenuta negli ultimi dieci anni?
L’evoluzione fondamentale in termini normativi, con particolare riferimento al tema del cantiere è stata, soprattutto, in seno al tipo di approccio. Quello precedente era stato di tipo prescrittivo, adesso si è passati a uno, definiamolo, un po’ più «prestazionale ». La normativa ormai abrogata dava molta importanza all’ambito sanzionatorio imponendo vincoli ferrei e senza dare libertà ai professionisti di entrare in merito a possibili interpretazioni.
Una normativa per cantieri che rimandava a decine di norme, alcune molto molto datate, assolutamente non più attuali, che contenevano riferimenti a procedure tecniche non più in essere, non più amicabili, che davano come punto di partenza e punto di arrivo semplicemente la prescrizione che vi era inserita.
L’avvento del Dlgs 81/08 ha portato maggiore chiarezza e ordine. Noto che un aspetto che sta assumendo molta importanza nei cantieri è quello legato alla prevenzione incendi durante la fase stessa di cantiere. Il cantiere era sempre visto come un limbo, un luogo in cui le norme non sono ancora vigenti, ci sono quelle relative al cantiere, ma che non è ancora un’unità a sé stante e quindi non si possono ancora applicare normative sul costruito.
Un altro aspetto molto importante è stato dato dall’accordo Stato-Regioni del 2011, entrato in vigore l’anno successivo che ha fi nalmente fatto un po’ di chiarezza sulla formazione che devono avere gli addetti in tutti i settori e anche nei cantieri. La nuova norma ha fatto chiarezza sul concetto di prestazione di lavoro mettendo fine all’escamotage adottato da molte imprese di creare tante piccole sotto-imprese individuali (che poi individuali non erano) che riuscivano a schivare la normativa evitando obblighi particolari se non di carattere amministrativo.
Una grandissima differenza, infine, è che nella 494 la responsabilità dell’impresa affidataria era limitata alle sole opere e non aveva responsabilità alcuna rispetto ai propri subappaltatori. Sono capitati cantieri in cui la grossa impresa prendesse l’appalto perché aveva le qualifiche, le certificazioni, le Soa, una struttura in grado di partecipare alle gare e poi trovare in cantiere posatori o installatori di ditte appena nate in cui l’oggetto della contratto era diverso da quello dall’appaltante.
Con il Dlgs 81/08, invece, l’impresa affidataria risponde per se stessa ma anche per i propri subappaltatori. Questo ha portato a una notevole crescita delle imprese perché adesso si espongono in maniera più seria.

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Cantiere di restauro, opere provvisionali e di sicurezza, Sant’Elmo (Na).

Quali gli obblighi e i certifi cati menzionati cui fa riferimento?
Negli ultimi anni vi è stata una prima fase di corsa alla certifi cazione da parte di tutte le imprese perché la stessa era stata intesa esclusivamente come un requisito fondamentale per partecipare alle gare. Devo dire che invece, ora, le imprese stanno acquisendo la certificazione come un reale sistema gestionale.
Mi accorgo che sui cantieri non trovo più solo la grande impresa che ha nome e struttura, sia economica che di personale, in grado di sopravanzare le altre. Adesso anche l’impresa di livello medio-piccolo, tramite consulenti, tramite strutture certificative che sono cresciute nel tempo rendendo la certifi cazione un valore aggiunto sul campo.
Esistono oggi imprese che hanno una loro procedura certifi cativa che si riscontra sul campo, non è più solo un organigramma che viene dato al Direttore dei Lavori o al Coordinatore ma è un organigramma reale e strutturato.

Quali sono, secondo Lei, i punti fondamentali che, in termini operativi, hanno caratterizzato il passaggio dalla 494/96 al 81/08?
La 494/96 dava dei cardini fondamentali di definizioni di cantiere perché precedentemente c’era davvero molta confusione. In passato la normativa era abbastanza fumosa ed era, soprattutto, molto specialistica.
Il cantiere era visto come la parte relativa al ponteggio trattato da un testo dedicato, la parte sicurezza trattata da un’altra normativa, la sicurezza in generale era un rimando a tante piccole sotto-leggi. Era compito del coordinatore leggerle tutte, tenersi aggiornato, capire anche quale fosse l’interferenza che a volte metteva in contrasto una legge con l’altra. La 494 ha messo insieme molti di questi aspetti, però è stato solo un primo step evolutivo che ha sollevato tante domande ma non ha fornito tante risposte.
La differenza fondamentale tra la 494 e l’81 riguarda il fatto che le imprese hanno lentamente preso coscienza che la sicurezza non è un costo puro ma è un vantaggio per l’impresa stessa.
L’ambito cantiere è molto complesso e la sicurezza ne è lo specchio. Le imprese sono tutte in grado per loro formazione di eseguite il lavoro, ma non sempre di eseguire il lavoro rispettando tutta la parte normativa e soprattutto non assumendosi rischi. Le imprese che lavorano bene hanno capito che il Coordinatore, come d’altro canto il Progettista e il Direttore dei Lavori agevolano il lavoro in sicurezza per le persone e velocizzano le attività.

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La Torre Della Cultura a Milano, coordinamento per la Sicurezza in fase di esecuzione. Planimetria di cantiere. 

Quali sono gli errori più ricorrenti legati a una mancanza di previsione operativa che ha riscontrato con maggiore frequenza?
Il problema principale è legato alla mancanza di un’organizzazione globale, di una visione che vada oltre la produzione della singola impresa, il che, generalmente, porta come conseguenza che la macchina evolutiva del cantiere si interrompa non appena uno degli ingranaggi rallenti un minimo. È fisiologico che vi possano essere imprevisti dovuti alle condizioni climatiche o al ritardo nella consegna dei materiali, non si può prevedere se effettivamente un operaio riuscirà a fare un lavoro in una settimana esatta o in dieci giorni. Non tutto è prevedibile e programmabile nel cronoprogramma.
È anche vero, però, che una visione un po’ più ampia e strutturata del programma lavori che consenta sovrapposizioni spaziali se non spaziali- temporali, permette di sopperire a una carenza occupandosi di un’altra fase del cantiere che si era programmata successivamente solo per non interferire con quella in essere.
Bisognerebbe essere più elastici e, soprattutto, parlarsi prima, molto prima delle fasi operative successive. Sembra che una volta scritte nel cronoprogramma tutte le attività vadano da sole. Bisognerebbe dedicare riunioni operative alla corretta organizzazione del cronoprogramma. Le imprese più brave riescono a essere elastiche non solo perché hanno più personale ma proprio perché sono in grado di riorganizzarsi.

Riuscirebbe a stimare un valore sommario della perdita economica legata a una cattiva gestione/ programmazione del lavoro?
I valori possono essere anche considerevoli a causa di ritardi diretti e indotti. Una stima, a spanne, può tranquillamente oscillare tra il 20% e il 30% dell’importo complessivo previsto dei lavori.
Il ritardo viene percepito in termini economici prima di tutto dalla committenza. Anche le imprese non possono permettersi di aspettare tempi non definito per un singolo cantiere: è probabile ne abbiano altri aperti o in programma su cui distribuire il personale.

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Complessità organizzativa della fase di predisposizione delle casseforme per le strutture.

Come viene percepita dal datore di lavoro e dalle imprese, dopo numerosi anni di emanazione di normative in tema di sicurezza, la figura del coordinatore?
Anche in questo le cose sono cambiate molto e devo dire che sono molto migliorate. È sempre difficile che un coordinatore riesca a controllare tutto, perché una grossa carenza dal punto di vista normativo è, secondo me, ancora quella di non prevedere una sua presenza costante. Il coordinatore non ha l’obbligo di presenza giornaliera, qualsiasi sia l’entità del cantiere.
Per cantieri impegnativi, se non giornaliera, la frequenza periodica maggiore è praticamente dovuta perché con fasi molto delicate, altamente rischiose, il contributo del coordinatore è fondamentale. In alcuni casi è l’impresa stessa a chiamare avvisandomi sulla tempistica delle lavorazioni e sulla necessità di un confronto per la riduzione dei rischi.
Anche dal punto di vista delle ispezioni molto è cambiato. Tra i vari incarichi che ricopro c’è quello di Coordinatore della Sicurezza e Direttore dei Lavori dell’ortomercato Sogemi, al cui interno sono presenti circa 500 imprese e che rappresenta, forse, il primo datore di lavoro a Milano. Qui si lavora nella stessa direzione: arrivare alla realizzazione dell’opera senza imprevisti, rischi per gli operai e nel rispetto delle norme.

Parlare di metodologie comporta parlare anche di organizzazioni aziendali. Quanto la progettazione della sicurezza di un cantiere può intervenire sulle prescrizioni operative nell’organizzazione interna di un’impresa appaltatrice?
Anche questo aspetto ha assunto nel tempo una grande importanza. Prima del Dlgs 81/08 la sicurezza era vista come un aspetto marginale e non collegata alla progettazione del cantiere.
Oggigiorno le cose sono cambiate, le personalità che vigilano sull’esecuzione dei lavori vengono anche percepite in modo diverso, come figure collaborative e fondamentali per il corretto svolgimento delle attività. Solitamente mi occupo anche di operazioni di manutenzione ordinaria e/o straordinaria, che è un’attività che non permette la totale programmazione delle attività, in quanto c’è sempre qualcosa che viene scoperto in situ. Grazie al Dlgs 81/08 abbiamo potuto fare un piano di sicurezza che ricopre tutti gli interventi dal punto di vista dei rischi, e completarlo giornalmente per mezzo di una scheda, un lay-out fornito agli operai.
Questo è stato presentato all’Asl che ha accettato di buon grado la cosa, in quanto è impossibile riorganizzare il cantiere e aggiornare il piano di sicurezza e coordinamento ogni giorno; per le imprese questo è un grande vantaggio perché gli permette di operare in sicurezza conformemente alla legge.

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In cosa consiste l’adozione da parte di un’impresa dei Modelli Organizzativi di Gestione previsti dalla normativa italiana?
Per un’azienda è una necessità o un’opportunità essere certificata? Il discorso sui Sistemi di Gestione sta avendo uno sviluppo notevole. Abbiamo spesso illustrato i vantaggi per le imprese nell’adottare un sistema certificato che non solo permetta la gestione delle varie attività, ma anche gli adempimenti in campi diversi pur effettuando una singola certificazione.
Lo standard Ohsas 18001, relativo alla certificazione di sistemi di gestione della sicurezza in analogia a quanto fanno le norme Iso 9001 per la qualità e le norme 14001 per la protezione dell’ambiente, permette a un’impresa di adempiere non solo agli obblighi normativi ma anche di intraprendere un virtuoso percorso di miglioramento continuo.
L’adesione allo standard Ohsas 18001 va nella direzione, inoltre, di quanto indicato dalla Legge 231/2001 (legge sulla responsabilità amministrativa delle imprese) come per esempio l’individuazione di un organigramma con l’evidenza di ruoli e responsabilità con le procedure di trasmissione delle informazioni e controllo interno all’azienda.
La certificazione del Sistema di Gestione non è solo un’opportunità, ma un vero e proprio obiettivo a cui ci porterà il mercato e le società ne stanno percependo l’importanza e la necessità. Il Sistema di Gestione diventa un «biglietto da visita» certificato per le Società. Da una società certificata ci si aspetta una certa struttura organizzativa che sottintende un controllo efficace ed efficiente dei processi. Gli organi di controllo sono molto seri e non forniscono certificazioni in caso di carenze.

Passiamo all’esperienza della Torre della Cultura a Milano che lo ha visto impegnato nel ruolo di Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione. Quali le le caratteristiche principali di questo lavoro?
Io sono entrato come Cse quando il cantiere era già avviato, ma ho vissuto il cantiere sin dall’inizio. È stata un’opera di un certo rilievo, il progetto è stato molto complesso in quanto è una struttura ovale in pianta, prevedeva di essere certificata in classe A, quindi con una certa attenzione alle finiture.
Tra l’altro parliamo di una zona urbana, realizzata vicino una strada di notevole rilievo e molto prossima all’area sulla quale è stata costruita la viabilità per l’Expo di Milano. È stato necessario spostare la gru prima dei tempi, proprio per permettere la costruzione della strada; nell’ultima fase c’è stata quindi una compressione dei tempi significativa ed è stato necessario studiare procedure specifiche per limitare le interferenze e mantenere un alto livello di sicurezza: per esempio quando è stato necessario rimuovere il montacarichi dalla facciata è stato necessario lasciare «aperta» l’intera facciata, senza alcuna protezione verso il vuoto, ed ho dovuto allora studiare procedure specifiche per lo svolgimento delle attività che dovevano essere eseguite su quella facciata.
Devo dire che gli aspetti gestionali di questo cantiere sono stati impegnativi, ma devo riconoscere che la struttura organizzativa, così come la committenza hanno seguito moltissimo il cantiere, l’impresa affidataria è riuscita a organizzare bene le varie imprese nel cantiere perché c’era la compresenza di circa una decina di imprese ogni giorno.

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Cantiere infrastrutturale, manutenzione di un ponte a Varazze (Ge).

Quali tipologie di valutazioni preliminari sono state effettuate per l’analisi del progetto?
I primi aspetti di un lavoro così complesso sono stati legati alla parte amministrativa e burocratica, in quanto la macchina autorizzativa prevede ancora, purtroppo, procedure abbastanza lente.
La seconda questione principale è stata scegliere il modo migliore per realizzare le strutture perché, pur essendo la fase più veloce, risulta spesso quella più rischiosa. Le strutture richiedono una programmazione logistica notevole. Si dà per scontato che tutti questi aspetti siano solo organizzazione che compete alle imprese, mentre questi sono i veri passaggi fondamentali per un corretto Piano di Sicurezza.

A posteriori, è possibile fare un bilancio consuntivo di ciò che si era preventivato rispetto quanto realmente accaduto?
Il lavoro ha rispettato sufficientemente le tempistiche previste, i ritardi generatisi sono stati, da un certo punto di vista, fisiologici, dovuti anche all’alternarsi di un grande numero di imprese.
I ritardi non previsti sono stati legati al fatto che qualche fornitore e qualche impresa hanno sottovalutato l’importanza e l’entità del cantiere. Il cronoprogramma va quindi aggiornato di continuo soprattutto per mantenere un certo livello di sicurezza e abbiamo dovuto correre e cambiare le metodologie proprio per sopperire a certe mancanze.

Parliamo di tecnologia e metodologia di lavoro. Ritiene possa portare vantaggi avere un progetto realmente integrato e coordinato secondo metodologie condivise?
Pensa che la simulazione ndimensionale del processo produttivo con il Bim possa portare alla luce possibili criticità cha la planimetria di cantiere oggi richiesta non riesca a mettere in luce e consentire così una più ampia valutazione dei rischi? La grossa difficoltà che riscontro nel parlare con le varie figure professionali sta nel fatto che l’ultraspecializzazione, che viene sempre più spinta dal mercato, porta a non parlare la stessa lingua. Noto che il progettista conosce nello specifico ogni singola vite del progetto, l’architetto conosce altri aspetti e il Coordinatore altri ancora, ed è difficile quindi far capire ad altri di cosa stiamo parlando.
Il disegno permette di poter comprendere di cosa si tratta, ma avere un vero e proprio modello permette un confronto diretto e interattivo, consentendo quindi la modifica in tempo reale e un riscontro immediato, senza perdere tempi importanti anche per coordinarsi con tutte le altre figure. Io mi aspetto di vedere un elevato viluppo di queste tecnologie e di questo tipo di attività, è una cosa che porta anche soddisfazione, perché essere chiamati dal committente non perché è stata presentata l’offerta più vantaggiosa, ma perché è stata fatta un’organizzazione del cantiere di un certo tipo, è una grande soddisfazione.

Come valuta dal punto di vista storico-professionale la necessità di una continua formazione e la necessità di rimettere in discussione metodologie e procedure anche ben consolidate e radicate?
I corsi professionali sono veramente a un punto di svolta: quest’obbligo normativo dell’aggiornamento ha superato il primo step che è stato quello di essere percepito come qualcosa di negativo ed ha assunto una connotazione completamente differente e positiva, valorizzando enormemente il confronto fra professionisti.
Questo è un aspetto molto importante. Inizialmente la formazione veniva percepita, e forse lo era, esclusivamente come l’obbligo di frequenza a un corso. Adesso i corsi vengono percepiti come un reale aggiornamento professionale. Anche grazie all’elevata offerta formativa c’è una caccia alla formazione per l’argomento di interesse e non c’è più un rapporto del tipo docente – studente, ora si è tutti colleghi e si va verso una collaborazione, un confronto tra professionisti.

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