Costruzioni | Congiuntura

Sintesi dell’osservatorio Ance sull’industria delle costruzioni

Il settore delle costruzioni conferma il percorso di crescita intrapreso a inizio del 2021. La stima dell’Ance per lo scorso anno è di un significativo incremento del +16,4% in termini reali. L’anno in corso invece si apre con alcune importanti criticità che potrebbero compromettere la ripresa. Oltre agli eccezionali incrementi dei prezzi dei principali materiali da costruzione e all’accelerazione dell’inflazione si è infatti aggiunto un ulteriore fattore di incertezza, l’introduzione di forti limitazioni alla cessione del credito che hanno bloccato gli investimenti nei primi mesi del 2022.

L’economia italiana nel 2021 ha mostrato un deciso recupero, a partire dalla primavera, decelerando in chiusura di anno, in corrispondenza della quarta ondata pandemica. Le recenti stime della Commissione europea evidenziano, per 2021, un’ottima performance del Pil italiano, tra le migliori in Europa: +6,5% rispetto al 2020.

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Rispetto ai nostri principali competitor europei solo la Francia ha registrato un incremento superiore (+7% rispetto al 2020), mentre per la Spagna e per la Germania gli aumenti sono stati più contenuti (rispettivamente, +5% e +2,8%).

La crescita italiana risulta trainata dalla domanda interna, soprattutto nella parte degli investimenti e tra i settori produttivi spicca l’importante contributo fornito dalle costruzioni, il quale, dopo tanti anni di crisi, è ritornato a svolgere un ruolo trainante per l’economia.

Gabriele Buia | Presidente Ance.

Gabriele Buia | Presidente Ance

«… Dei 220 miliardi di risorse del Pnrr, 108 miliardi passano per il mondo delle costruzioni, dalla grande infrastruttura al piccolo intervento. Ci sentiamo responsabili di questo grande cambiamento, ma per riuscirci bisogna correre e far funzionare al meglio la macchina. Ance si costituirà parte civile in tutti i casi di frode e di malaffare. Non abbiamo niente a che vedere con furbetti e operatori improvvisati. Un plauso va al ministro Orlando che ha chiesto il rispetto del contratto di settore per usufruire del bonus, come Ance chiede da tempo».

L’anno appena concluso ha visto la coesistenza di alcuni elementi, scaturiti dallo shock pandemico: da una parte, le opportunità inedite rappresentate da Pnrr e Superbonus, quali strumenti per risollevare l’economia, che costituiscono motori di sviluppo dalle potenzialità enormi, non solo per una rapida risalita economica, ma anche per una crescita sostenuta oltre il breve periodo.

Tuttavia, nel 2021 sono anche emerse alcune criticità che rischiano di ipotecare seriamente gli scenari di sviluppo tanto auspicati. Le persistenti difficoltà di offerta legate all’indisponibilità di alcune materie prime e di prodotti intermedi a livello globale, nonché la crescita vertiginosa delle loro quotazioni, rischiano di bloccare interi comparti produttivi.

Da fine anno, inoltre, è esploso con forza anche il problema dell’inflazione, spinta dall’aumento verticale dei prezzi, soprattutto dei beni energetici, mettendo in allarme le banche centrali, che dovranno decidere sulle future politiche monetarie.

Tali fattori rischiano seriamente di limitare l’espansione dell’economia italiana prevista nel 2022. A tal riguardo, prima Banca d’Italia, e più recentemente la Commissione europea, hanno già rivisto a ribasso le previsioni per quest’anno: l’istituto europeo, in particolare, ha ridotto al +4,1%, la precedente stima del +4,3%, rimandando alla primavera l’inizio della crescita. Tale dinamica si concretizzerebbe in concomitanza con l’ipotizzato miglioramento del quadro sanitario e con gli effetti positivi derivanti dalle misure di stimolo finanziate con il bilancio nazionale e i fondi europei, in particolare, quelle delineate nel Pnrr.

In questo contesto, il settore delle costruzioni conferma il percorso di crescita intrapreso a inizio del 2021, dopo la battuta d’arresto registrata nell’anno della pandemia. La stima dell’Ance per lo scorso anno è di un significativo incremento del +16,4% in termini reali, derivante da aumenti generalizzati in tutti i comparti.

Una crescita importante, che non si registrava da moltissimi anni e che non costituisce solo un mero rimbalzo statistico a seguito dello shock pandemico: il confronto con il 2019, anno pre-pandemico, rimane, infatti, comunque positivo (+9,1%), a conferma che le costruzioni si sono avviate verso una graduale ripresa.

La crescita del 2021 (+16,4%) consentirà di recuperare ampiamente i livelli precovid, dopo la flessione del -6,2% registrata nel 2020; rimane, tuttavia, ancora elevato il gap produttivo con l’inizio della crisi settoriale (-28,8% di investimenti rispetto al 2007, ovvero una perdita di 60 miliardi annui di investimenti in costruzioni).

La stima Ance per il 2021, oltre che delle valutazioni delle imprese associate Ance emerse nell’indagine rapida di novembre 2021, tiene conto anche delle dinamiche osservate nei principali indicatori settoriali che evidenziano segnali piuttosto incoraggianti.

L’indice Istat della produzione nelle costruzioni nel 2021 registra un consistente aumento del 24,3% rispetto all’anno precedente, sintesi di tassi mensili di crescita a doppia cifra, intervallati solo dal mese di agosto, che ha visto aumentare la produzio- ne a un tasso più contenuto (+1,7% rispetto ad agosto del 2020).

Considerando il complesso del 2021, la produzione delle costruzioni ha recuperato pienamente non solo la flessione del 2020, ma risulta superiore del 14,3% al livello registrato nel 2019.

Anche i dati Istat di contabilità nazionale, riferiti agli investimenti in costruzioni (al lordo dei costi per il trasferimento della proprietà) evidenziano un marcato aumento tendenziale nei primi 9 mesi dello scorso anno, mutuato da importanti incrementi nel primo trimestre (+17,7% rispetto ai primi tre mesi del 2020), e nel secondo (+55,5%), seguiti da un più contenuto, seppur sempre rilevante, +8,9% nel terzo trimestre.

Certamente, sull’intensità della variazione della prima parte del 2021 pesa il confronto con i livelli eccezionalmente bassi dei mesi di aprile e maggio 2020, determinati dalle misure restrittive sull’attività nell’intero territorio nazionale.

Positivi anche i dati sui permessi di costruire riferiti ai primi 9 mesi del 2021 a conferma di un trend positivo ormai in atto da diversi anni e solo parzialmente interrotto dal risultato negativo del 2020. In particolare, per il comparto residenziale, nel periodo considerato, si registra una crescita del 28% per le nuove abitazioni concesse, mentre per il non residenziale l’aumento risulta pari al 19,5%.

La ripresa dei livelli produttivi nel settore ha positivamente influenzato anche i livelli di occupazione. Nei primi 11 mesi del 2021, secondo il monitoraggio della Cnce su 114 casse edili/edilcasse il numero di ore lavorate è cresciuto del 26,7% rispetto allo stesso periodo del 2020, mentre i lavoratori iscritti sono aumentati dell’11,8% nello stesso periodo.

A sua volta, l’anno pandemico si era chiuso con un risultato (sintesi, ovviamente, di dinamiche mensili molto altalenanti) di -8,6% di ore lavorate e di un +3,7% di lavoratori iscritti.

Le imprese, pertanto, nonostante la crisi epidemica, hanno mostrato capacità di mantenere la propria forza lavoro e il know-how acquisito nel tempo, così da poter tempestivamente riprendere e sostenere la produzione con il graduale allentamento delle restrizioni e il miglioramento del contesto economico.

Il miglioramento nel mercato del lavoro è confermato anche dai dati Istat sulle forze di lavoro che evidenziano, nei primi 9 mesi del 2021, un aumento degli occupati nelle costruzioni (dipendenti e indipendenti) del 7,2% nel confronto con lo stesso periodo del 2020. Tale recupero, tuttavia, oltre che dipendere dal confronto con l’anno della pandemia, è ben lontano dal compensare la consistente caduta dei livelli occupazionali accumulata in dieci anni di grave crisi settoriale, che ammonta a oltre 600mila posti di lavoro persi nelle costruzioni.

È opportuno segnalare che nell’anno passato, accanto a una ripresa dell’occupazione, è emerso anche un ulteriore fenomeno, generalizzato a tutti i settori economici ma particolarmente intenso nelle costruzioni, ovvero la carenza di manodopera specializzata. Tale gap tra domanda e offerta, in questo contesto di crescita, rischia seriamente di frenare la ripresa economica. Secondo i dati Excelsior, nelle costruzioni ben il 40% dei profili richiesti è di difficile reperimento; prima della pandemia (2019) lo stesso rapporto era del 28%.

In altri termini, in due anni, il mismatch tra domanda e offerta nelle costruzioni è aumentato di ben 12 punti percentuali, il doppio di quanto accaduto per l’insieme dei settori economici (dal 26% nel 2019 al 32% del 2021). Per alcune figure professionali, inoltre, la difficoltà di reperimento è molto più elevata della media, tanto da farle inserire nella top 30 dei profili più ricercati: ne sono un esempio gli installatori di impianti di isolamento e insonorizzazione (57,2%) e i tecnici e elettricisti relativi a costruzioni ci- vili (quota vicino al 55%).

I comparti nel 2021

Il consistente aumento dei livelli produttivi stimato dall’Ance per gli investimenti in costruzioni (+16,4% rispetto al 2020) è generalizzato a tutti i comparti e risulta trainato, in particolare dalla manutenzione straordinaria abitativa e dalle opere pubbliche.

Relativamente alla nuova edilizia residenziale, la stima Ance è di un aumento del 12% in termini reali, collegata all’andamento positivo dei permessi di costruire in atto dal 2016.

Per gli investimenti in recupero abitativo, giunti a rappresentare il 37,5% del totale settoriale, si registra un segno particolarmente positivo e pari al +25%. Tale stima, ampiamente superiore rispetto a quanto formulato negli anni precedenti, tiene conto degli effetti sui livelli produttivi della rapida ripresa della domanda stimolata dagli eccezionali incentivi per la ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio abitativo che hanno reso gli interventi sugli edifici esistenti un’occasione irripetibile: il bonus facciate al 90%, il Superbonus 110% e gli altri bonus “ordinari”.

Un ruolo fondamentale è stato giocato anche dai meccanismi di cessione del credito e dello sconto in fattura, che hanno permesso di limitare l’impegno finanziario da parte dei cittadini. Con riferimento al Superbonus, ad esempio, i dati del monitoraggio Enea – Mise – Mite evidenziano il grande successo riscontrato sul mercato: il 2021 si è chiuso con quasi 96mila interventi legati all’incentivo fiscale per un ammontare corrispondente superiore ai 16miliardi (dei quali 11,2 mld riferiti a lavori conclusi).

Gli investimenti privati in costruzioni non residenziali, segnano un aumento del +9,5%, a conferma di una dinamica positiva in atto dal 2016, intervallata dal segno negativo dell’anno pandemico. La stima tiene conto, oltre che dei dati particolarmente positivi dei permessi di costruire in atto dal 2015 anche del favorevole contesto economico che incide sensibilmente sui livelli produttivi di questo comparto, più legato agli andamenti dei diversi settori di attività economica.

Anche per il comparto delle costruzioni non residenziali pubbliche si evidenzia una crescita consistente: +15% nel 2021 rispetto all’anno precedente. Tale stima tiene conto delle misure a sostegno degli investimenti pubblici messe in campo dal Governo negli ultimi anni soprattutto a favore degli enti territoriali, nonché dell’avvio e del potenziamento dei lavori in corso per alcune importanti opere infrastrutturali.

Queste misure stanno finalmente producendo effetti positivi sul livello degli investimenti, così come testimoniato dai dati Istat relativi agli investimenti fissi lordi della PA, i quali, nei primi 9 mesi del 2021 evidenziano un significativo rialzo del 16,3% nel confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente.

Positivi anche i dati Siope della Ragioneria dello Stato sulla spesa in conto capitale dei comuni che è tornata a crescere nel 2021 del 16% su base annua. Un risultato che rafforza la ripresa degli investimenti locali, registrata a partire dal 2018 anche grazie alle numerose misure a sostegno della politica di investimento locale introdotte dai governi negli ultimi anni.

Non solo nuovi stanziamenti per la realizzazione degli investimenti in ambiti prioritari, quali la messa in sicurezza del territorio e degli edifici pubblici e lo sviluppo sostenibile (efficientamento energetico e mobilità), ma anche maggiori incentivi alle politiche di investimento introdotti, ad esempio, in sede di revisione delle regole contabili sul pareggio di bilancio.

A ciò si aggiunga una omologazione nelle procedure dei diversi programmi di spesa che ha facilitato la gestione degli stessi da parte degli enti territoriali. La stima del comparto delle opere pubbliche per il 2021, infine, tiene conto anche di un primo effetto acceleratorio determinato dal Pnrr soprattutto con riferimento ai programmi di spesa già in essere che sono stati ricompresi nel Piano.

Criticità 2022

L’anno in corso si apre con alcune importanti criticità che potrebbero compromettere la ripresa del settore delle costruzioni. Oltre agli eccezionali incrementi dei prezzi dei principali materiali da costruzione e all’accelerazione dell’inflazione – problematiche già esplose nel corso del 2021 – si è infatti aggiunto un ulteriore fattore di incertezza, ovvero l’introduzione di forti limitazioni alla cessione del credito nel recente decreto Sostegni ter, che hanno bloccato gli investimenti nei primi mesi del 2022.

Al momento della redazione del presente Osservatorio non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge con cui il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 18 febbraio scorso, ha inteso correggere gli effetti del Dl sostegni-ter.

A seguito di tale intervento, la previsione dell’Ance per il 2022 è di un lieve aumento degli investimenti in costruzioni del +0,5% rispetto agli elevati valori raggiunti nel 2021.

Tale risultato risente del mancato apporto espansivo della manutenzione straordinaria per la quale si stima una flessione del -8,5%. Il dato deriva dal momentaneo blocco delle cessioni dei crediti, che investe non solo il Superbonus ma anche i bonus ordinari.

Inoltre, si ricorda che per le unifamiliari la proroga del Superbonus è condizionata all’aver realizzato al 30 giugno almeno il 30% dei lavori, con il conseguente ridimensionamento, su base annuale, di questo segmento di mercato, che ha rappresentato, nel 2021, circa il 50% degli investimenti realizzati.

Con riferimento agli investimenti nella nuova edilizia abitativa la previsione è di un incremento dei livelli produttivi del +4,5% rispetto al 2021, mentre per il non residenziale privato si stima un aumento degli investimenti del 5%.

Una stima maggiore per questo comparto si sarebbe potuta formulare (anche in considerazione della dinamica positiva dei permessi a costruire degli anni 2015-2019 e dei primi nove mesi del 2021), se accompagnata da un contesto economico generale che si fosse definitivamente lasciato alle spalle l’emergenza sanitaria. Il comparto degli investimenti non residenziali, infatti, è tra quelli che più risente delle dinamiche in atto anche negli altri settori economici.

In merito al comparto delle opere pubbliche, la stima Ance per il 2022 è di un aumento dell’8,5% nel confronto con il 2021. Tale aumento è spiegato principalmente dalle aspettative di utilizzo delle risorse del Pnrr.

Nel 2022 è, infatti, atteso un consolidamento della fase attuativa del Piano, soprattutto nella parte di competenza degli enti territoriali, che vede la realizzazione di opere medio piccole diffuse sul territorio, inserite in programmi di spesa già esistenti (messa in sicurezza del territorio e degli edifici, edilizia scolastica, rigenerazione urbana, ecc.) e la prosecuzione dei lavori su alcune tratte ferroviarie in corso di realizzazione (come AV/AC Napoli-Bari, Terzo Valico di Genova, AV/AC Brescia-Verona-Padova).

Tuttavia, la realizzazione di questi investimenti e in generale l’avanzamento del Pnrr si scontra con alcune criticità. In primo luogo, come già evidenziato, il “caro materiali”. Sul tema, il Governo ha già adottato provvedimenti d’urgenza con riferimento ai lavori eseguiti nel primo e al secondo semestre 2021 ed è recentemente tornato sulla questione con il dl Sostegni ter (dl 4/2022).

Queste misure, pur testimoniando l’attenzione del Governo al tema, non sembrano ancora risolvere efficacemente tutte le problematiche che interessano il mercato dei lavori pubblici e, quindi, la realizzazione del Pnrr.

Le misure compensative previste appaiono insufficienti a scongiurare il rischio di un fermo dei cantieri. Inoltre, la questione non riguarda solo i rapporti contrattuali in corso, ma anche i lavori di prossimo affidamento, i cui progetti sono stati redatti sulla base di prezzari lontani dai correnti prezzi di mercato.

È necessario un adeguamento dei prezzari e degli importi a base d’asta, come peraltro recentemente effettuato da alcune primarie stazioni appaltanti, al fine di garantire un regolare avanzamento delle opere da realizzare e quindi il rispetto dei cronoprogrammi stabiliti. A ciò si aggiunga la scarsità di manodopera e di figure professionali necessarie per realizzare le opere.

Infine, emergono dubbi sulla reale capacità delle norme introdotte dal Governo di accelerare le fasi autorizzative e i tempi di cantierizzazione delle opere e sulla capacità amministrativa degli enti territoriali di gestire i numerosi investimenti previsti, nonostante le misure di potenziamento della PA avviate.

Il mercato immobiliare residenziale, le fragilità delle famiglie e le politiche urbane

Il mercato immobiliare residenziale nel 2021 ha registrato una ripresa superiore alle attese. Nei primi nove mesi del 2021 il numero di abitazioni compravendute è aumentato del 43,1% su base annua. Su tale crescita un contributo rilevante viene dai mercati periferici che manifestano un incremento del 46,6%; positive anche le compravendite nei comuni capoluogo che registrano un +36,1% rispetto ai primi nove mesi del 2020.

La domanda immobiliare risente oltre che della disponibilità del settore bancario a concedere i finanziamenti (+30,4% i mutui erogati alle famiglie per l’acquisto di un’abitazione) anche dell’emergere di nuove esigenze legate all’emergenza sanitaria causata dal Covid-19.

La pandemia ha, infatti, messo in luce quanto per le famiglie sia importante la ricerca di abitazioni più ampie e con spazi esterni. I molti mesi di isolamento ci hanno dimostrato che la casa non è – e sarà sempre meno – semplicemente il luogo della vita domestica serale o festiva, ma si trasformerà in uno spazio multifunzionale. Le residenze dovranno essere progettate in modo da corrispondere con flessibilità alle esigenze di tutti i componenti della famiglia, con l’obiettivo di massimizzare la funzionalità, il benessere e il comfort.

Impatto demografico

Prosegue anche nel 2020 (era iniziata nel 2015) la diminuzione della popolazione (405.275 individui in meno). Tutti gli indicatori demografici sottolineano una situazione allarmante: continua a decrescere il saldo naturale, diminuiscono le nascite diminuisce l’afflusso di immigrati, la struttura per età vede ulteriormente aumentata la componente anziana della popolazione, le famiglie vivono una progressiva semplificazione delle dimensioni.

La pandemia ha peggiorato un quadro demografico già molto problematico e squilibrato, ma ha anche determinato un peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie; in particolare i dati dell’Istat registrano un aumento nel 2020 delle famiglie in povertà assoluta che sono arrivate a oltrepassare i due milioni per un totale di oltre 5,6 milioni di individui.

Povertà energetica

Il quadro potrebbe aggravarsi ulteriormente soprattutto in considerazione della spinta inflazionistica e dell’aumento dei prezzi dell’energia. In questo contesto, merita particolare attenzione il fenomeno della povertà energetica determinata, principalmente, dal livello del reddito, da edifici energeticamente inefficienti e dai costi dell’energia. Sulla base dei recenti andamenti dei prezzi finali di elettricità e gas, infatti, nel 2021 è ipotizzabile un significativo aumento della povertà energetica (nel 2020 riguardava l’8% delle famiglie).

Il risparmio energetico appare la strada principe per rendere sostenibili le bollette delle famiglie oltre a ridurre le immissioni climalteranti, due obiettivi che trovano compimento nella riqualificazione energetica degli immobili, la cui incentivazione è indicata anche dal Pniec come strumento per ridurre la povertà energetica.

Le nuove previsioni Istat della popolazione stimano, nello scenario mediano, una decrescita accentuata: da 59,6 milioni al 1° gennaio 2020 a 58 mln nel 2030, per arrivare a 47,6 mln nel 2070. La decrescita riguarda tutto il territorio, pur con differenze che vedono nel mezzogiorno una diminuzione della popolazione molto più accentuata.

Le stime vedono un declino costante, ed entro il 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero arrivare a rappresentare il 35% del totale.

Nelle previsioni della popolazione, l’Istat riporta anche una stima relativa alle dinamiche demografiche per grado di urbanizzazione dei comuni, prevedendo un calo demografico per l’81% dei comuni entro il 2030.

Con riguardo ai comuni con più di 100.000 abitanti, solo 10 comuni da qui al 2030 avranno un andamento demografico positivo, lungo una scala di valori che va dal +4,3% di Parma allo 0,2% di Verona. Gli altri comuni con più di 100.000 abitanti subiranno invece un decremento demografico, molto evidente nei comuni del Mezzogiorno e in quello di Venezia e Genova.

Indubbiamente, si pone un serio problema di desertificazione di vaste aree del paese fatte di borghi e di città minori, un tema centrale delle politiche di sviluppo e di recupero delle disuguaglianze.

Nel Pnrr italiano i riferimenti alle politiche urbane sono tanti, tante misure ma senza una visione organica, con il rischio di limitare gli effetti delle politiche che, invece, potrebbero trovare maggiore efficienza della spesa ed efficacia da una messa a sistema che darebbe certamente organicità all’azione.

Manca una strategia unitaria, una visione del futuro che faccia da cornice ai molteplici interventi, fondamentali per garantire una efficace e durevole ripresa del Paese in un contesto storico caratterizzato da grandi cambiamenti economici, demografici, sociali e tecnologici.

Elemento fondamentale per ridare valore al vivere nella provincia italiana, è una radicale rivisitazione della mobilità regionale: creare interconnessioni tra città di diverse dimensioni con diversi sistemi di trasporto. Tempi ridotti per avvicinare città e territori, lasciando immaginare un nuovo scenario che porti le persone, complice anche lo smart working, a non lasciare la propria residenza o comunque a non scegliere necessariamente di trasferire la residenza nella città più grande, ma preferire un centro più piccolo, ben collegato.

L’accessibilità è determinante nella scelta insediativa, ma non c’è dubbio che sono decisivi ulteriori aspetti: la dotazione di infrastrutture nel campo della salute, della formazione, i valori del patrimonio culturale e ambientale, la socialità, la qualità della vita, la connessione digitale. La sfida è ridare qualità ai territori, alle città, alle condizioni di vita delle persone, ma soprattutto è guardare oltre il 2026.

Il mercato del credito nel settore delle costruzioni

Il settore delle costruzioni ha attraversato oltre 10 anni di crisi, anni durante i quali la concessione, da parte delle banche, di finanziamenti necessari al normale svolgimento dell’attività d’azienda è venuta meno. Il settore, ritenuto troppo rischioso, è stato protagonista di un forte ridimensionamento del flusso di nuovi finanziamenti, passando dagli oltre 52 miliardi erogati nel 2007 ad appena 15 miliardi di euro erogati nel 2019.

Lo scoppio della pandemia ha portato il Governo a mettere a disposizione delle imprese una serie di misure per sostenere la liquidità che hanno consentito, nel corso del 2020, che le erogazioni di finanziamenti da parte del settore bancario non venissero bloccate.

La maggiore flessibilità del Fondo di Garanzia, da un lato, ha consentito di garantire 171 miliardi di euro di finanziamenti, la moratoria, dall’altro, ha permesso di sospendere il pagamento di rate per una valore complessivo di 153 miliardi di euro.

I dati sulle erogazioni dei finanziamenti alle imprese di costruzioni nei primi nove mesi del 2021, però, mostrano una prima battuta d’arresto, complessivamente diminuendo del 7,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

È probabile che il termine della moratoria al 31 dicembre 2021 e l’avvicinarsi della scadenza del Temporary Framework (prevista per il 30 giugno 2022) inizino a influire sull’erogazione dei finanziamenti.

Secondo i dati della Banca d’Italia al 31 dicembre 2021 erano ancora attive moratorie per 33 miliardi di euro, la maggior parte riferibili a imprese che potrebbero avere difficoltà nella ripresa del pagamento delle rate. Come sottolinea la stessa Banca d’Italia nell’ultimo Rapporto sulla Stabilità Finanziaria, le imprese con moratorie attive sono quelle più esposte al rischio default.

Particolare attenzione necessitano i crediti in bonis stage 2, quelli per i quali le banche hanno osservato un significativo aumento del rischio credito, che nel giugno 2021 raggiungono i 218 miliardi di euro. Soprattutto per questa tipologia di finanziamenti, il ddl sul sovraindebitamento in discussione al Senato potrebbe rappresentare l’unica possibilità per poter continuare a operare.

Il rischio è, infatti, come sottolineato anche da Abi e Cerved nell’Outlook sui crediti de- teriorati delle imprese di Febbraio 2022, che nei prossimi mesi si assisterà a un incremento di Npl nei bilanci delle banche.

Sebbene nello stesso Outlook venga precisato che “l’edilizia risulta il comparto che nel prossimo biennio sarà meno penalizzato in termini di aumento dei tassi, con i nuovi crediti in default che saliranno al 3,6% nel 2022 (dal 2,2%) per poi calare lievemente nel 2023 (3,5%)”, le nuove misure sul Superbonus 110% introdotte con il dl Sostegni ter e il caro materiali potrebbero portare al blocco di centinaia di cantieri con conseguenze molto negative per tutte le imprese edili coinvolte.

Dal lato delle famiglie l’ampliamento dell’operatività del Fondo Prima Casa, misura proposta dall’Ance nel 2020, ha permesso ai giovani di accedere più facilmente al mercato creditizio per l’acquisto dell’abitazione, aiuto che infatti si è riflesso su un aumento sostenuto (+30,4%) dei mutui finalizzati alla casa anche nei primi nove mesi del 2021.

L’andamento degli investimenti pubblici e le risorse per le infrastrutture

Come già illustrato, l’andamento del comparto delle opere pubbliche nel corso del 2021 ha proseguito la crescita avviata nel 2019 (+9,5%) e confermata nel 2020 (+2,6%) nonostante la crisi pandemica, registrando un incremento del 15% rispetto all’anno precedente.

Tale dinamica vede in prima linea gli investimenti a livello locale che, a partire dal 2018, grazie alle numerose misure di sostegno previste negli ultimi anni, hanno avviato un processo di recupero, dopo anni di politiche restrittive e mancati investi- menti.

Considerando i comuni, responsabili di oltre il 75% della spesa per investimenti locali, si riscontra, nel 2021, un incremento della spesa in conto capitale del 16% rispetto all’anno precedente.

Si tratta di un risultato che rafforza la crescita timidamente avviata nel 2018 (+0,8%) che ha raggiunto negli ultimi quattro anni un aumento del 35%, corrispondente a maggiori investimenti per 3,3 miliardi di euro.

L’incremento degli ultimi anni, sebbene importante, non consente di recuperare la pesante caduta tra il 2008 e il 2017 che ha visto la spesa in conto capitale più che dimezzarsi (-54,6%).

L’analisi risulta, di fatto, confermata anche concentrando l’attenzione sulle componenti della spesa in conto capitale destinate a interventi infrastrutturali che registrano nel 2021 un aumento del 15%.

Tale incremento è spiegato, non solo dalle ingenti risorse messe in campo negli ultimi anni per gli investimenti sui territori, ma anche dall’introduzione di incentivi alle politiche di investimento e da una maggiore standardizzazione delle procedure dei diversi programmi di spesa che ha facilitato la gestione degli stessi da parte degli enti territoriali.

L’andamento delle opere pubbliche nel corso del 2021 ha risentito, inoltre, di un primo effetto acceleratorio dovuto al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e limitato agli investimenti già in corso di realizzazione ricompresi nel Piano europeo.

È il caso, ad esempio, delle opere ferroviarie in corso sulle principali linee AV/AC quali la linea Brescia-Verona-Padova, il Terzo Valico dei Giovi e la Napoli-Bari. I recenti dati Rfi sui preconsuntivi di spesa 2020-2021 delle opere finanziate con il Pnrr segnano, infatti, un incremento di quasi 300 milioni, rispetto alle previsioni di spesa, dovuto esclusivamente alle opere in corso di realizzazione. Ritardi, invece, si riscontrano rispetto agli investimenti ferroviari previsti per il Sud.

Il Pnrr, che destina 108 miliardi di euro ad investimenti di interesse per il settore delle costruzioni, sarà il principale responsabile dell’andamento del comparto delle opere pubbliche nel 2022, per il quale si stima una crescita dell’8,5% rispetto all’anno precedente. Tale crescita dipenderà essenzialmente dai programmi di spesa a livello locale e dai cantieri in corso di realizzazione.

Sulla base delle stime fornite dall’Italia alla Commissione Europea sulla progressione di spesa delle risorse europee destinate ad opere pubbliche, è possibile stimare in 4,3 miliardi gli investimenti aggiuntivi nel 2022 che per circa tre quarti riguardano interventi diffusi sul territorio di competenza degli enti territoriali, responsabili di circa il 45% dei 108 miliardi destinati all’edilizia. Le grandi opere ferroviarie, previste nella Missione 3, ad eccezione dei cantieri in corso prima ricordati, concentreranno i maggiori effetti sul livello degli investimenti solo a partire dal 2024.

Il Pnrr ha raggiunto un apprezzabile avanzamento nella fase di programmazione e ripartizione dei fondi. Dei 108 miliardi di euro destinati a interventi di interesse del settore delle costruzioni, 87,3 miliardi, pari all’81%, risultano già assegnati ai territori.

Il Piano europeo prevede tempi stringenti per la realizzazione degli investimenti che dovranno essere completati antro il 2026, rispettando specifiche milestone e target.

Gli investimenti in avvio si scontreranno inevitabilmente con le criticità, già evidenziate, legate al forte rincaro dei prezzi delle materie prime e alla scarsità di manodopera e di figure professionali necessarie per realizzare le opere.

A queste si uniscono alcuni dubbi sulla reale capacità di accelerare le fasi autorizzative e i tempi di cantierizzazione delle riforme previste a tal fine dagli ultimi provvedimenti governativi.

Il Decreto Semplificazioni (dl 77/2021) ha previsto misure del tutto apprezzabili, perché intervengono nella fase a monte dell’affidamento dei lavori, dove si concentrano i maggiori ritardi, che però hanno raggiunto la piena operatività solo nelle ultime settimane.

In generale, tutti gli investimenti previsti dovranno essere aggiudicati entro il 2023. Ciò vuol dire che nei prossimi mesi gli enti competenti, in particolare gli enti territoriali, saranno chiamati a uno sforzo senza precedenti per la progettazione delle opere e la pubblicazione dei relativi bandi di gara.

Questo è un ulteriore e importante elemento di criticità in considerazione della qualità della Pubblica Amministrazione, impoverita da anni di mancati investimenti e dal blocco del turnover, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, che ha spinto il Governo ad intervenire attraverso un massiccio programma di potenziamento e di assistenza degli enti.

I tempi molto stretti richiedono l’individuazione di procedure standardizzate e linee guida che possano sostenere gli enti nella gestione delle iniziative che dovranno rispettare requisiti specifici necessari per ottenere i fondi europei, come quelli relativi al principio del Do No Significant Harm (Dnsh).

Occorre rafforzare la fase realizzativa del Pnrr e gettare le basi per un processo di sviluppo duraturo che vada oltre il 2026, anno di chiusura del Piano europeo.

Il successo del Piano europeo dipende, infatti, dalla sua capacità di innescare un processo di crescita di lungo periodo che non si limiti a recuperare la crisi determinata dal Covid ma riconsegni nel 2026 un Paese moderno e sostenibile.

A tal fine è necessario mettere a sistema le ingenti risorse disponibili per gli investimenti tra i fondi della politica di coesione nazionale ed europea della nuova programmazione 2021-2027 e i fondi ordinari destinati alle infrastrutture su un orizzonte temporale ultradecennale. Tra questi si evidenziano gli importanti stanziamenti previsti per le linee AV/AC nel Decreto Legge 59/2021, relativo al Fondo complementare al Pnrr e le nuove risorse previste nella Legge di bilancio 2022. Si tratta complessivamente di risorse aggiuntive, pari a circa 100 miliardi di euro per i prossimi 15 anni che vanno a sommarsi alle risorse del Pnrr.

La Legge di bilancio per il 2022, coerentemente con le linee programmatiche delineate nella nota di Aggiornamento del Def (Nadef) e dal Documento Programmatico di Bilancio per il 2022, pur proseguendo nell’azione di sostegno all’economia in risposta all’emergenza sanitaria, introduce interventi di politica economica per il medio-lungo termine con l’obiettivo di rafforzare e dare continuità all’azione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza oltre l’orizzonte del 2026.

In tema di investimenti pubblici, la Legge di Bilancio prevede, solo nell’articolato, risorse per nuove infrastrutture pari a 39,6 miliardi nei prossimi 15 anni, di cui 7,2 nel triennio 2022-2024 (2,4 nel 2022, 2,1 nel 2023 e 2,7 nel 2024). L’impegno finanziario risulta ampiamente dilazionato, a testimonianza della volontà del Governo di intervenire dopo la fine del Pnrr.

Una fetta importante di tali risorse, pari a 10,75 miliardi, è destinata ad infrastrutture ferroviarie, quali in particolare il potenziamento della linea Adriatica, per 5 miliardi di euro per gli anni 2022-2035, e il finanziamento del Contratto di programma Rfi – parte investimenti per gli anni 2022-2026 per 5,75 miliardi di euro.

La Legge di bilancio 2022-2024 pone particolare attenzione alla manutenzione e al potenziamento delle infrastrutture stradali che non hanno trovato sufficiente spazio nel Pnrr, attraverso lo stanziamento di oltre 10 miliardi destinati, tra gli altri, ad un programma di manutenzione straordinaria e adeguamento funzionale e resilienza ai cambiamenti climatici della viabilità stradale (3,35 miliardi per gli anni 2022-2036) e al rifinanziamento del Contratto di programma Anas 2021-2025 (4,45 miliardi).

Tra gli ulteriori finanziamenti, si segnala il rifinanziamento del Fondo Sviluppo e Coesione per 23,5 miliardi di euro, che va ad aggiungersi ai 50 miliardi già stanziati con la Legge di bilancio dello scorso anno, portando l’ammontare complessivo del Fondo per gli anni 2021-2027 a 73,5 miliardi e le maggiori risorse, pari a 6 miliardi di euro, per la ricostruzione privata del Centro Italia che consentirà di proseguire il processo di ricostruzione. I nuovi stanziamenti, uniti alla proroga del Superbonus 110% fino al 2025 nelle aree terremotate, potranno contribuire a velocizzare la ricostruzione, rendendola più sicura dal punto di vista sismico e più sostenibile energeticamente.

Febbraio 2022 | Sintesi Osservatorio Ance
a cura della Direzione Affari Economici, Finanza e Centro Studi – Flavio Monosilio (direttore)

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