Costruire in laterizio | Caso applicativo in provincia di Ferrara

Solai curvi in latero-cemento per la ricostruzione del fienile di Bondeno

L’intervento di ricostruzione di un edificio rurale con volte in laterizio, declinando il tema delle sperimentazioni sui solai curvi svoltesi durante il Novecento, fino a un approfondimento relativo all’intervento post-sisma 2012 di un solaio in latero-cemento posato su centine.

(Cil 173) Il tema delle superfici curve ha affascinato, in particolare nell’ultimo secolo, numerosi progettisti che ambivano a sperimentare la loro applicazione e i limiti delle prestazioni meccaniche che riuscivano a garantire. L’Europa, in questo senso, è debitrice nei confronti di grandi progettisti quali lo spagnolo Eduardo Torroja (1899-1961), il francese Bernard Lafaille (1900-1955) e gli italiani Pier Luigi Nervi (1891-1979) e Sergio Musmeci (1926-1981); nello stesso periodo in Sudamerica molto si deve allo spagnolo naturalizzato messicano Felix Candela (1910-1997) e all’uruguaiano Eladio Dieste (1917-2000).

Tutti hanno l’obiettivo di coprire grandi superfici con spessori limitati, sviluppando soluzioni tecnologicamente evolute, ma di semplice ed economica realizzazione. Le superfici curve hanno avuto larga diffusione in virtù dell’esigenza di coprire grandi ambienti attuando soluzioni che non prevedessero sostegni intermedi, come, ad esempio, negli edifici per le strutture sportive, o per impianti produttivi e magazzini.

Spaccato assonometrico di una volta realizzata con il sistema Sap.
LEGENDA
1. Rinfianco della volta in calcestruzzo armato
2. Canale di gronda
3. Trave in calcestruzzo armato
4. Cassaforma per la trave
5. Catena in acciaio per l’eliminazione della spinta
6. Trave prefabbricata in laterizio armato tipo Sap.

A inizio secolo la sperimentazione si è indirizzata verso l’impiego di due tecnologie prevalenti: da un lato si iniziano a vedere sottili gusci in calcestruzzo armati diffusamente, dall’altro si assiste all’evoluzione dei solai in latero-cemento a intradosso piano disposti secondo una direttrice curvilinea o solai composti da elementi arcuati da giuntare.

In entrambi i casi il procedimento poteva prevedere porzioni parzialmente prefabbricate o interamente gettate in opera, a seconda della necessità di efficientemente del cantiere. In questo senso, a parte i brevetti di Pierluigi Nervi, quale il ferro-cemento, in Italia si sviluppa una significativa esperienza di solai laterocementizi nei quali gli elementi di laterizio fungevano sia da alleggerimento sia da alloggiamento delle armature dei travetti.

Superfici curve in latero-cemento nel Novecento

La fine degli anni Trenta in Italia vede una fortissima spinta della ricerca in tale direzione alimentata dalla necessità di provvedere alla copertura di hangar a uso militare dalla considerevole luce libera e che dovevano essere realizzati in poco tempo. Congiuntamente si manifesta l’esigenza di esibire le capacità ingegneristiche e produttive nazionali agli occhi del mondo.

Dopo la realizzazione di una porzione di volta esposta alla Fiera Campionaria di Milano nel 1938 [1], una delle più attive fornaci del piacentino realizza, nello stesso anno, la copertura del proprio stabilimento produttivo impiegando il sistema Sap (Senza Armatura Provvisoria ossia senza l’ausilio di centine). Tale sistema si basa sulla prefabbricazione a piè d’opera di travi dal profilo curvo, di laterizio armato, lunghe fino a 15 metri, costituite da pignatte sagomate per alloggiare barre d’acciaio. Gli elementi sono giuntati mediante uno spessore di malta di cemento di 2,5 cm [2].

Sezione del sistema Sapal e del sistema Stimip a confronto.

Questa innovativa tipologia di solaio, che consentiva rapidità di esecuzione, spessori ridotti e grande leggerezza, presentava una serie di difetti, a cominciare dalla necessità di eliminare la spinta della volta ribassata mediante catene in acciaio. Inoltre, l’assenza di un getto di completamento armato (è presente solo un rinfianco) e il ridotto quantitativo di malta a protezione delle armature sono oggetto di discussione sulle attuali tecniche di consolidamento [3].

Sezione e piante dei due livelli.

Fino all’entrata in guerra dell’Italia si susseguono i brevetti basati sull’impiego di travi, travetti o porzioni di solaio in latero-cemento, prefabbricati o prefabbricabili a piè d’opera. Sempre nel 1938, si inizia a diffondere il sistema Sapal costituito da due pignatte in laterizio ad ala bassa [4].

Le armature scorrono attraverso apposite scanalature del blocco. Le due pignatte accostate determinano un travetto gettato in opera di 6 cm di base e altezza variabile da 21,5 a 40 cm. Gli interassi sono di 80 cm e lo spazio cavo è chiuso inferiormente e superiormente da elementi piani in laterizio di larghezza ridotta per favorire l’eventuale curvatura.

Le successive evoluzioni tendono progressivamente a distinguere le funzioni strutturali da quelle di alleggerimento. È il caso del solaio Stimip nelle versioni a orditura singola oppure a cassettoni, con questo sistema si possono realizzare sia intradossi piani sia voltati, ma restano indispensabili l’impiego di un tavolato nel primo caso e di una centina nel secondo.

Il sistema [5] si compone di appositi spondali a ‘L’ di laterizio che determinano l’alloggiamento dell’armatura, la pignatta misura l’interasse dell’orditura, variabile da 68 a 81 cm. Con lo scopo di eliminare la centinatura nascono i primi solai in latero-cemento con fondello prefabbricato. È il caso del solaio Fert, costituito da pignatte ad ala alta e travetti tralicciati con fondello in laterizio, la cui variante curva prevede che il fondello sia costituito da elementi a ‘C’ di piccole dimensioni.

Lo scoppio del conflitto armato fa confluire l’industria edile nel settore bellico. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, per l’esigenza di ricostruire il Paese in tempi brevi, sono impiegati in maniera massiccia i sistemi di copertura voltati in laterocemento. È il caso della ricostruzione, nei primi anni ’50, del Biscottificio Buitoni a San Sepolcro (Ar) in cui viene impiegato il sistema Sap, con travi di laterizio armato di altezza pari a 20 cm che, giuntate, coprono luci di 15,6 e 17 m [6].

Le volte così determinate sono a spinta, eliminata mediante catene d’acciaio poste a un interasse di 2,5 m.Ciascuna delle 11 campate è indipendente e il telaio che sostiene il sistema voltato ha sezioni notevoli. Pierluigi Nervi interpreta i solai sottili in latero-cemento sfruttando travetti in laterizio armato sullo sviluppo di una generatrice parabolica in calcestruzzo armato.

In questo modo egli realizza la copertura del Padiglione delle Saline di Stato a Cagliari, nella seconda metà degli anni Cinquanta. Approfittando della grande leggerezza, Nervi riesce a coprire un’impronta a terra di 50×28 m [7,8]. Se l’architettura civile prediligeva ancora l’impiego di tecnologie di derivazione tradizionale, la prefabbricazione è legata all’architettura militare di quegli anni. Ne è un esempio il solaio prefabbricato in latero-cemento Bisap a profilo curvo impiegato per la copertura dell’hangar dell’aeroporto militare di Sigonella [8].

In cantiere: disposizione delle pignatte.

Questo particolare solaio è costituito da pignatte in laterizio armato, accostate tra di loro in due o tre file e prefinite con un getto di calcestruzzo che sigilla i ferri di armatura. Tali elementi sono autoportanti e di facile posa in opera al punto che, a Sigonella vengono impiegati per realizzare una sequenza di 25 volte a vela ribassate. La luce di ciascuna campata è di 40×7 m.

Nonostante la possibilità di prefabbricare pannelli a intradosso curvo, vengono impiegati pannelli a intradosso piano disposti lungo una spezzata. Ciascun pannello ha uno spessore di 16,5 cm ed è costituito da due file di pignatte (80 cm) per una lunghezza di 3 m.

La tecnica riesce a rispondere alle esigenze formali e geometriche soprattutto quando si accoppiano le superfici in latero-cemento con le nervature in calcestruzzo armato precompresso.

È il caso della copertura del Palazzetto dello sport di Chiarbola (Tr) in cui quattro falde a forma di paraboloide iperbolico sono sostenute da travi di calcestruzzo armato precompresso in opera che scaricano il peso su quattro pilastri disposti nei vertici [8].

Ancora paraboloidi iperbolici sono le pensiline dell’autostazione a Vignola (Mo) che riescono a coprire luci di 20×14 m su un unico sostegno centrale con soli 23 cm di spessore 20 di pignatta e 3 di getto di completamento [8].

Sfruttare le tecnologie del calcestruzzo armato o delle reticolari in acciaio per sostenere solai a intradosso curvo prefabbricati consente la realizzazione di volte ribassate a shed (C. Ajroldi, F. Gioè, Cotonificio Siciliano di Partanna- Mondello, Palermo, 1952), ardite volte a vela (M. Vitale, D. Del Vecchio, E. Salzano, Edificio C, Fiera Internazionale di Genova, 1961-62), e cupole a paraboloide ellittico (G. Castellucci, A. Angeloni, A. Levi, L. Perazzone, Palazzetto dello sport, Teramo 1978-80) [8].

In cantiere: le volte prima del getto di completamento.

Un ulteriore filone di sperimentazione, legato alla copertura di luci molto ampie, prevede che anche gli elementi di nervatura siano in latero-cemento: è il caso dell’impiego di elementi specialidi laterizio che, accogliendo l’armatura annegata nel calcestruzzo, possono realizzare vere e proprie travi reticolari.

La ricostruzione post-sisma del 2012

Il 20 maggio del 2012 l’Emilia Romagna è stata colpita da una scossa di terremoto di magnitudo 5.9. L’epicentro viene registrato nel modenese, a pochi chilometri da Finale Emilia, la cui torre dell’orologio, crolla dopo aver resistito a 1700 anni di storia.

La provincia di Ferrara è tra le più colpite, anche in termini di vite umane. Molte delle vittime sono lavoratori sepolti dalle macerie degli impianti nei quali prestavano servizio; uno di questi a Bondeno, a pochi chilometri da Ferrara. Come da procedura, la Protezione Civile ha attivato un Centro di Coordinamento Nazionale che ha operato transitoriamente per 2 mesi fino al passaggio delle consegne al coordinamento dei Presidenti delle Regioni colpite.

La macchina è tra le migliori del mondo: nelle prime 48 ore le strutture operative del Servizio Nazionale dispongono l’invio di uomini e mezzi e un team di tecnici per il rilevamento della macrosismica e il primo censimento dei danni.

Addirittura a una sola ora dall’evento sono disponibili i moduli sanitari a disposizione delle Regioni Toscana, Veneto, Marche e Lombardia. Le verifiche di agibilità sugli edifici sono terminate dopo poco più di 70 giorni: i Vigili del Fuoco classificano nelle Regioni colpite 63mila edifici pubblici e privati dei quali il 28,7% con esito ‘non fruibile’ (dati: Protezione Civile).

In cantiere: le volte all’intradosso.

Per l’Emilia Romagna le domande di contributo approvate sono state quasi 8mila per un totale di 2,26 miliardi di euro di cui 1,55 già liquidati. Questi numeri fanno riferimento al patrimonio edilizio privato. A essi vanno sommati 1,85 miliardi concessi (850 milioni erogati) per il patrimonio edilizio produttivo e gli 1,1 miliardi disponibili per le opere pubbliche e i beni culturali (dati: Regione Emilia Romagna).

Il Comune di Ferrara è stato destinatario di circa 112,3 milioni di euro. A maggio del 2017, 488 domande di contributi sono state accolte per un totale di 46 milioni di cui 22 già erogati. I lavori sugli edifici pubblici hanno costituito il corpo centrale degli interventi, dando la precedenza alle scuole: Ferrara si avvia verso l’uscita dal cratere nel più breve tempo possibile (dati: Comune di Ferrara).

In cantiere: estradosso del nodo tra trave, pilastro e arco in calcestruzzo.

Il caso di Bondeno, Ferrara

La sperimentazione sui solai curvi in latero-cemento percorre il secolo scorso nel tempo e la Penisola nello spazio, sebbene affondi le sue radici nelcuore dell’Emilia Romagna, da sempre terra di innovazione legata alla tradizione del laterizio. Con tali presupposti l’arch. Alberto Ferraresi si propone di ricostruire un fienile ormai da demolire a seguito degli eventi sismici.

Il recupero di tale manufatto di carattere rurale, che sorge a Bondeno in provincia di Ferrara, nella zona delle Terre Vecchie Ferraresi, terra di masserie dal XVIII secolo che si distinguono in base alla loro funzione, da quelli produttivi o destinati agli animali, fino a quelli a uso residenziale.

Numerosi caratteri tipologici e morfologici sono ricorrenti [9]: la pianta rettangolare, la copertura a due falde e con altezza inferiore ai 6 m. Il manto di copertura è generalmente in coppi di laterizio e non è presente alcun aggetto per favorire l’illuminazione delle unità ambientali del primo piano.

Nella tradizione, l’ingresso viene definito ‘portico’ ed è un vano passante che collega i due fronti e distribuisce a destra e sinistra le funzioni principali dell’edificio. Coadiuvato da strutturisti esperti in interventi di recupero post-sisma, Ferraresi opta per la demolizione e ricostruzione dell’edificio poiché la realizzazione di interventi mirati al recupero non avrebbe consentito il raggiungimento dei livelli minimi di miglioramento sismico previsti dalla normativa, se non con opere molto invasive rispetto alla preesistenza.

Vista esterna.

All’esterno la partitura dei prospetti si mantiene inalterata esaltando gli archi in laterizio faccia a vista, arretrando e intonacando le tamponature; gli ambienti interni vengono distribuiti ottimizzando la funzionalità degli spazi adibiti a deposito.

Su una struttura di fondazione a platea, alta 40 cm, si eleva il telaio in calcestruzzo armato, che viene ricostruito rispettando il ritmo strutturale preesistente. Come previsto nelle Norme Tecniche per le Costruzioni, le tamponature, in blocchi di laterizio, sono rinforzate con barre d’acciaio disposte orizzontalmente ogni due corsi.

Anche la copertura viene ricostruita nel rispetto dei caratteri tipologici dell’edificio, sostituendo la struttura in legno con una in latero-cemento (pignatte ad ala alta accoppiate con travetti con fondello prefabbricato in laterizio), ed è stato ripristinato il manto di copertura in coppi di laterizio.

Il punto di interesse dell’intervento è certamente la ricostruzione del solaio intermedio che nella configurazione originaria presentava delle volte in laterizio. I progettisti e l’Impresa applicano le tecniche relative ai solai curvi in latero-cemento, prevedendo l’impiego di pignatte ad ala bassa disposte su centine in polistirene. L’intradosso omomaterico consente un’intonacatura uniforme eliminando ogni discontinuità.

Gli elementi di alleggerimento in laterizio alti 20 cm, determinano la sede per i travetti di calcestruzzo armato gettato in opera, che collabora con una soletta di completamento di 5 cm di spessore, anch’essa armata con una rete elettrosaldata.

La curvatura delle volte si ripete con la medesima configurazione geometrica per tutte le campate tranne in quelle laterali in corrispondenza dell’ingresso dei mezzi agricoli di grandi dimensioni.

La luce libera delle campate più ampie è di 10 m e l’eliminazione di una serie di pignatte in senso trasversale ai travetti consente la posa in opera di due rompitratta, simmetriche rispetto alla chiave della volta, con lo scopo di migliorare il comportamento statico dell’insieme.

L’intervento si configura come un brillante esempio di ricostruzione dopo un evento calamitoso, unito all’adeguamento del comportamento antisismico in aderenza alla normativa. Ferraresi riesce a rispettare sia l’esigenza del committente sia l’architettura attraverso una rispettosa restituzione tipologica di un edificio che, sebbene minore, e è da preservare perché caratterizza l’architettura rurale e il linguaggio regionalista dell’area.

La profonda conoscenza delle tecniche di cantiere e delle tecnologie tradizionali del Novecento incanala questo intervento nel filone della ricerca progettuale applicata, costituendo un esempio semplice ma efficace per le opere ancora da realizzare.

Chi ha fatto Cosa

Oggetto: Ricostruzione di magazzino agricolo-fienile
Località: Bondeno, Ferrara – Italia
Committente: Privato
Progetto architettonico: Alberto Ferraresi
Collaboratori: Federica Corticelli
Progetto Strutturale: Andrea Giannantoni, Laura Ludovisi
Impresa di Costruzione: Impresa Martinelli
Cronologia: 2014-2015 (progettazione) 2016 (costruzione)
Superficie: 530 mq
Fotografie: Alberto Ferraresi

di Laura Calcagnini, phd, assegnista, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi Roma Tre e
Antonio Magarò, phd student, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi Roma Tre

Riferimenti Bibliografici

[1] Fotografia della struttura ad arco con travi in laterizio armato “volta SAP” per grandi coperture, in Archivio Storico Fondazione Fiera Milano, Fondo Fiera Campionaria, P_1938_342, codice scheda IMM-u3010-0004424
[2] G. Astrua, Manuale completo del capomastro assistente edile, 17° edizione, Hoepli, Milano, 1995
[3] L. Ferrara, Indagine sperimentale sul consolidamento di solai a travetti armati tipo SAP, Politecnico di Milano, Milano, 2013
[4] R. Gulli, Struttura e costruzione, nuova edizione, Firenze University Press, Firenze, 2012
[5] A. Greco, E. Quagliarini, L’involucro edilizio: una progettazione complessa, Alinea Editrice, Firenze, 2007
[6] C. Gabrielli, I. Giovine, Il degrado e il recupero dell’ex area Buitoni a San Sepolcro (AR), Università di Firenze, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, 2005
[7] M. Modica, F. Santarella, Paraboloidi: un patrimonio dimenticato dell’architettura moderna, Edifir Edizioni, Firenze, 2014
[8] C. Paolini, M. Pugnaletto, L’uso dei blocchi in laterizio nelle costruzioni voltate, in Colloqui.AT.e Mater(i)a, a cura di A. Guida, A, Pagliuca, Gangemi editore International Publishing, Roma, 2016, pp. 579 – 588
[9] A. Gaiani, Caratteri tipologici e morflogici degli insediamenti rurali nella pianura emiliana, Costruire in laterizio 47, (1995), 332-343

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here