Punti di Vista | John Foot, prof. di Storia italiana, Università di Bristol

Storia, periferia, centro

Nei prossimi anni cittadini, amministrazioni e progettisti saranno coinvolti in una grande sfida: realizzare piani di rigenerazione urbana che puntino ad arrestare il consumo di suolo e a trasformare zone già urbanizzate. Proponiamo l’opinione di John Foot raccolta in occasione della conferenza stampa di presentazione di Made Expo.
John Foot, professore di Storia italiana all'Università di Bristol.
John Foot | Professore di Storia italiana all’Università di Bristol

Le città e le società occidentali hanno attraversato profondi cambiamenti nell’ultima trentina d’anni. L’industria pesante ha chiuso i battenti o si è spostata altrove. La fabbrica non è più il centro della vita urbana o economica. Gli immensi spazi che si sono liberati con la dismissione degli stabilimenti industriali sono stati riempiti con nuovi progetti a destinazione mista, aree residenziali, centri commerciali, zone ricreative, musei, parchi.

Questo cambiamento rivoluzionario ha inciso sul funzionamento della città, e quindi sul ruolo dell’architettura e dell’edilizia, oltre che del design. Un tempo la gente lavorava dalle nove alle cinque, alternandosi in turni, e la giornata era scandita dalla sirena della fabbrica. Adesso si lavora tutto il tempo, e la giornata è scandita da internet e dai social media. Non esiste un orario lavorativo: la vita, come l’orario di lavoro, è flessibile. Ritmi, tempi e griglia delle attività urbane non sono più quelli di uno spazio industriale.

I luoghi del lavoro e del tempo libero sono mescolati tra loro, non più separati da muri, cancelli e divise da lavoro che fanno vedere a tutti qual è la nostra occupazione. Questi mutamenti sono stati accompagnati e spinti dalla globalizzazione, che ha portato l’immigrazione di massa e spostamenti di popolazione in tutto il globo, coinvolgendo persone qualsiasi in cerca di lavoro, ma anche professionisti – architetti, designer, costruttori – che sono chiamati a trasportare altrove le loro capacità di innovazione e le loro competenze, in ambienti e culture diverse.

Milano è sempre stata una città di commercio, in grado di attrarre nuove idee e progetti ma anche di offrire un luogo per lo scambio di idee e prodotti:  Made Expo è l’ultima nonché una delle più interessanti configurazioni di questa tendenza storica. Con la Brexit e la presidenza Trump si intravedono delle chiusure, ma anche delle aperture e opportunità. Dove saranno i nuovi centri pulsanti dell’Europa dopo la Brexit? L’Italia è il centro naturale di una nuova Europa più proiettata verso l’esterno e imperniata sui flussi di persone e informazioni? Si tracceranno nuovi confini proprio mentre altri ne vengono abbattuti? Milano può, ancora una volta, essere la locomotiva che traina l’Italia: un luogo di trasmissione e sperimentazione, ma anche di eccellenza.

Durante il boom degli anni Cinquanta e Sessanta, architetti, urbanisti e costruttori hanno lavorato assieme per costruire le abitazioni e gli enormi complessi per i migranti del miracolo economico. Questo modello non è più praticabile né desiderabile. Nuove tipologie abitative e modi di vita hanno accompagnato la società post-industriale, con progetti sostenibili e modalità di recupero del vecchio per produrre il nuovo, senza dimenticare l’importanza delle strutture del passato e delle loro destinazioni. Pensiamo al Parco Nord o al progetto Cascine, per esempio.

Popolazioni diverse che lavorano, visitano ed esistono virtualmente in un paesaggio urbano misto richiedono un approccio flessibile alla pianificazione urbanistica, ma anche alle singole microzone cittadine. Un parco deve essere in grado di rispondere alle esigenze di chi fa jogging, dei bambini piccoli, di chi gioca a basket o vuole passeggiare o semplicemente attraversarlo per andare al lavoro, dei turisti e dei residenti, degli immigranti e della gente del posto.

La tolleranza delle differenze è parte integrante della città. Sempre più, viene pensata anche in termini di architettura ed edilizia. Ma dov’è la «periferia»? Che cosa si intende per periferia? Adesso tutto è città? La periferia è ancora un problema, o dovrebbe piuttosto essere considerata una risorsa? Per anni i politici hanno parlato della periferia come di un luogo in crisi, ma raramente hanno visitato questi posti o hanno ideato nuove maniere per meglio comprenderli. Dobbiamo andare oltre la retorica della periferia.

La rapidità del cambiamento fa sì che la periferia di oggi possa diventare il centro di domani. La periferia è un fenomeno storicamente e continuamente mutevole, non assimilabile a specifiche distanze o dimensioni. E anche un luogo immaginario. Made Expo è un luogo dove questo tipo di immaginazione assume forma concreta, riunendo la periferia, il centro e il mondo in un luogo di scambio e discussione – dove comprare e vendere, sì, ma anche trasmettere idee mettendole in grado di circolare.

John Foot, professore di Storia italiana, Università di Bristol

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