Produzione | Verso l'edilizia green

Transizione ecologica in edilizia, occorre fare in fretta

Dall’indagine che Imprese Edili ha condotto su una quindicina di aziende produttrici del settore delle costruzioni emerge una realtà a più facce. C’è chi è già in cammino verso la sostenibilità, chi invece solo ora muove i primi passi. Con i nuovi strumenti di valutazione della sostenibilità, emergono nuove figure professionali che offrono il segno del cambiamento

Transizione ecologica. Due parole entrate prepotentemente nel lessico degli italiani, che addirittura si sono ritrovati questa definizione tradotta sul piano istituzionale con la creazione, dal primo marzo del 2021, del ministero della Transizione ecologica, che è subentrato a quello storico dell’Ambiente.

Ma cosa significa questa espressione? Per transizione ecologica si intende il passaggio o la trasformazione da un sistema produttivo intensivo e non sostenibile dal punto di vista dell’impiego delle risorse naturali, a un modello che invece ha nella sostenibilità, ambientale, sociale ed economica, il proprio punto di forza.

È proprio questa trasformazione a essere oggi al centro del dibattito politico e dei progetti di molte tra le più importanti economie mondiali. L’obiettivo è realizzare un processo di cambiamento dell’economia e dei settori produttivi all’interno di un quadro che metta al centro i nuovi temi ambientali: la neutralità carbonica, l’economia circolare, la sostenibilità, in ultima analisi la continuità dell’umanità sul pianeta terra.

Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano

La transizione è uno dei pilastri del progetto Next Generation Eu, voluto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, e ne costituisce una direttrice imprescindibile dello sviluppo futuro.

Figlio del Recovery Fund, il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, strutturato in sei missioni, alla missione 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica), si occupa dei temi dell’agricoltura sostenibile, dell’economia circolare, della transizione energetica, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica degli edifici, delle risorse idriche e dell’inquinamento, con lo scopo di migliorare la sostenibilità del sistema economico e assicurare una transizione equa e inclusiva verso una società a impatto ambientale pari a zero.

Per questa missione, il Pnrr (compresi i fondi del React Eu e del fondo complementare) mette a disposizione 69 miliardi e 940 milioni. Cifre enormi, che vanno spese bene e in fretta. A scorrere i temi della missione 2 si individuano subito le azioni che lo stesso settore delle costruzioni dovrebbe sviluppare in direzione della transizione.

A partire dalla riqualificazione energetica e sismica del patrimonio immobiliare nazionale, responsabile di circa il 40% delle emissioni di CO2, riducendo così la dipendenza nazionale dalle fonti fossili tradizionali e rendendo più moderna e competitiva la filiera edilizia italiana.

Ma l’obiettivo della decarbonizzazione, come quelli della circolarità e della sostenibilità, non sono di esclusivo appannaggio della riqualificazione energetica dello stock immobiliare nazionale, ma è l’intera filiera delle costruzioni che va coinvolta: dal reperimento delle materie prime ai processi di produzione e trasformazione, dalle tecniche di imballaggio alle modalità di trasporto alle destinazioni finali.

Su questi temi, che oggi rappresentano la frontiera tra il vecchio e il nuovo, Imprese Edili ha inteso realizzare un’indagine tra una quindicina circa di aziende italiane operanti in differenti settori di attività, tutti afferenti alle costruzioni. Un’inchiesta tesa a capire come le stesse società si stanno organizzando per affrontare le nuove sfide ambientali e di mercato.

Dalla nostra inchiesta…

Da queste 15 interviste, realizzate con manager e dirigenti di alcuni tra i più importanti gruppi operanti nel comparto delle costruzioni, emerge, come prevedibile, un quadro variegato di posizionamenti: c’è chi è decisamente avanti in questo percorso, chi invece inizia solo ora il proprio cammino, chi conosce e applica gli strumenti per misurare la sostenibilità chi invece ritiene sufficiente, per dichiararsi sostenibili, produrre oggetti che incorporano la CO2 o fanno risparmiare energia.

Un panorama non certo esaustivo, quello che emerge dalle nostre interviste, ma che aiuta a comprendere un altro interessante fenomeno: l’affermarsi di figure dedicate alla sostenibilità.

Esperti, perlopiù giovani, che all’interno della propria organizzazione aziendale si occupano esclusivamente di Rapporti di sostenibilità, Sustainable development goals dell’Agenda 2030, sistemi di gestione ambientale, Life cycle assesstment, dichiarazioni ambientali di prodotto, certificazioni ambientali e obiettivi di decarbonizzazione.

Tecnici, eco manager e specialisti di sostenibilità che, chi più chi meno, maneggiano i nuovi strumenti di misurazione della sostenibilità, oggi indispensabili per affrontare il non facile percorso della transizione.

Certo, per arrivare a questo livello di conoscenza di processi e strumenti (che a breve diventeranno la prassi) le dimensioni dei gruppi e delle società contano, così come contano le appartenenze a gruppi internazionali, dove queste nuove figure fanno parte di un back ground consolidato. Ma anche nelle medie aziende che abbiamo incontrato emerge una consapevolezza che fa ben sperare.

Che conclusioni trarre da questo lavoro di indagine, fatto di interviste e raccolta di materiali sui temi connessi alla transizione ecologica? Primo, che il cammino da compiere verso la transizione è ancora lungo; secondo che ci sono punte avanzate che ci dicono che siamo sulla strada giusta; terzo che occorre sostenere e far conoscere le esperienze più innovative. Un compito, quest’ultimo, che vede impegnati anche chi, come noi, si occupa di informazione tecnica e che ha l’ambizione di aiutare a far progredire il settore delle costruzioni.

Hanno partecipato all’inchiesta

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