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La validazione strutturale nel nuovo Codice Appalti

Il nuovo Codice degli Appalti introduce il nuovo concetto di appaltabilità, un piccolo tassello verso la validazione strutturale. Il raggiungimento di una validazione strutturale corretta ed efficiente è tuttavia ancora lontana e si spera che l’utilizzo di tecniche informatiche da parte degli attori in gioco, quali il Bim, siano presi in considerazione il più presto possibile.

La validazione strutturale di un’opera, intesa nel suo termine più generale, fa capo al processo più ampio di un appalto pubblico, meglio noto come procedura di «verifica e validazione del progetto».

Prima dell’entrata in vigore del nuovissimo Codice degli Appalti, in vigore dal 18 aprile 2016, il processo di verifica e validazione era regolato dall’art. 112 del dlgs 12/4/2006 Codice degli appalti nonché dagli artt. 51-57 del dpr 5/10/2010 n.207 Codice dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/Ce e 2004/18/Ce (in seguito dpr n.207).

1. Tipico esempio di problematiche di cantiere dovute alla non perfetta connessione tra normativa nel settore strutturale ed effettiva applicabilità in cantiere.
1. Tipico esempio di problematiche di cantiere dovute alla non perfetta connessione tra normativa nel settore strutturale ed effettiva applicabilità in cantiere.

Sostanzialmente per verifica del progetto si intende l’insieme di controlli effettuati in ogni fase del progetto, sia esso preliminare, definitivo ed esecutivo come evidenziato nell’art. 52 del dpr n. 207: «le verifiche sono condotte sulla documentazione progettuale per ciascuna fase, in relazione al livello di progettazione, con riferimento ai seguenti aspetti del controllo: a) affidabilità; b) completezza e adeguatezza; c) leggibilità, coerenza e ripercorribilità; d) compatibilità».

La validazione, invece, è definita nell’art. 56 dello stesso dpr n.207: «la validazione del progetto posto a base di gara è l’atto formale che riporta gli esiti delle verifiche.» È evidente, quindi, come la validazione sia intesa come il processo conclusivo della verifica prima dell’avvio dei lavori.

La verifica del progetto prevede, come evidenziato nel dpr n.207, il controllo (o meglio la verifica) sulla documentazione progettuale con riferimento ai vari aspetti sopra elencati (art. 52).

Per il requisito di affidabilità si prescrive «la verifica dell’applicazione delle norme specifiche e delle regole tecniche di riferimento adottate per la redazione del progetto» mentre, per l’aspetto della leggibilità, si prescrive la «verifica della leggibilità degli elaborati con riguardo alla utilizzazione dei linguaggi convenzionali di elaborazione» nonché la «verifica della comprensibilità delle informazioni contenute negli elaborati [omissis]».

Dal punto di vista strutturale, ovvero, di quel complesso iter progettuale e realizzativo degli elementi portanti di una data opera, le precedenti prescrizioni creano uno squilibrio significativo tra la sfera del progetto e la sfera costruttiva.

Infatti se da una parte la norma prevedeva di verificare il progetto dal punto di vista dell’applicabilità alle norme tecniche strutturali e della leggibilità dei documenti così detti «ponte» (elaborati grafici), dall’altra nulla evidenzia sulla verifica costruttiva in corso d’opera e neppure sulla verifica finale dei vari elementi.

È evidente che quest’ultimo requisito sia demandato in toto alla direzione lavori e al collaudatore, i quali, sono visti come i soli garanti della verifica del costruito. In linea teorica, anche la verifica del progetto dovrebbe essere soppiantata dalla garanzia del progettista; è chiaro che se la parte realizzativa di un appalto è demandata alle figure professionali evidenziate dalle norme per le costruzioni (si veda per esempio la Legge n. 1086 del 5/11/1971) anche la progettazione dovrebbe essere demandata alla figura professionale del progettista, il quale, diviene quindi a sua volta un garante.

2. Solaio di un edificio pubblico sostenuto da profili in acciaio: nel progetto originario, i profili non erano evidenziati.
2. Solaio di un edificio pubblico sostenuto da profili in acciaio: nel progetto originario, i profili non erano evidenziati.

In tal senso pare lecito osservare come un diverso peso dell’iter possa creare una sorta di problematica tra progetto e costruito. Si pensi, per esempio, alla prima prescrizione sull’applicabilità delle norme per una struttura in cemento armato: l’inserire barre di rinforzo in una determinata membratura con un interferro minimo e prescrivendo l’utilizzo di un dato tipo di calcestruzzo poco fluido, potrebbe essere benissimo un’operazione progettuale perfettamente in regola con il quadro legislativo definito nel Dm 14/01/2008 (figura 1).

Ma nella fase realizzativa, si evidenzierà la problematica intrinseca dell’operatività delle prescrizioni: un interferro minimo accoppiato all’utilizzo di un calcestruzzo poco fluido comporta l’incapacità tecnica di verificare la fase costruttiva costringendo la direzione lavori ad apportare modifiche a un progetto validato. Nell’appalto, quindi, avremmo un progetto verificato e un impianto strutturale non rappresentativo del progetto iniziale.

Se pensiamo bene, questo è ciò che avviene tutt’ora (in molte occasioni) per esempio, dove si necessita una ristrutturazione di un’opera pubblica. Il progetto risulta verificato e pienamente conforme alle normative dell’epoca; al contrario, la realizzazione molte volte, riporta materiali o sistemi che sono state oggetto di variazione in cantiere in quanto «garantite» dagli attori in gioco. Ecco che la documentazione iniziale risulta pienamente soddisfacente mentre la realizzazione risulta non pienamente validata (figura 2).

Ma dal punto di vista strutturale, ci sono ancora alcuni punti da sottolineare. Nell’art. 53 del già citato dpr si evidenzia cosa deve essere controllato: «verificare che il dimensionamento dell’opera, con riferimento ai diversi componenti, sia stato svolto completamente [omissis] e che i metodi di calcolo utilizzati siano esplicitati in maniera tale da risultare leggibili, chiari e interpretabili».

Sembrerà strano, ma anche nell’articolo riportato sopra si osserva come il peso della verifica sul progetto – in questo caso la relazione di calcolo – occupi un posto di rilievo (forse l’unico?) per la validazione dell’opera. Inoltre, viene richiesto di «verificare la congruenza di tali risultati con il contenuto delle elaborazioni grafiche [omissis]»; questa prescrizione ricalca quella già citata in precedenza ovvero l’importanza che il calcolo in sé sia connesso con ciò che viene riportato negli elaborati grafici.

Ovviamente, per ritornare al caso precedente, se una membratura è stata progettata compatibilmente con la legislazione in vigore e se il dimensionamento risulta consono con i grafici, allora il progetto può definirsi verificato, anche se sostanzialmente inapplicabile!

3. Edificio con torre colombaia in cui il progetto è stato verificato anche in termini di realizzazione.
3. Edificio con torre colombaia in cui il progetto è stato verificato anche in termini di realizzazione.

Nel nuovo Codice degli Appalti, invece, le procedure di verifica e validazione sono riportate nell’art.26 Verifica preventiva della progettazione e nell’art.27 Procedure di approvazione dei progetti relativi ai lavori.

Analizziamo i due articoli dal punto di vista strutturale. Nell’art. 26 si prescrive che «la stazione appaltante» debba «verificare la conformità degli elaborati e la loro conformità alla normativa vigente». Tale prescrizione ricalca quanto già esposto nel dpr n.207 sulla congruenza del progetto alla normativa tecnica del settore. Ciò che potrebbe dare una svolta profonda al tema della validazione strutturale è, senza ombra di dubbio, quanto riportato nelle successive parti dell’art.26 e in particolare nel comma 4 dello stesso articolo, dove si pone l’attenzione su cosa la verifica deve accertare: «la completezza della progettazione» e, soprattutto, «l’appaltabilità della soluzione progettuale prescelta».

Se da una parte la completezza della progettazione può essere considerata come una ripetizione di quanto già richiesto agli inizi dell’articolo, dall’altra, l’appaltabilità della soluzione progettuale potrebbe essere considerata come una sorta di innovazione. Plausibilmente, il concetto di appaltabilità è stato introdotto per vigilare sulla qualità della progettazione, ovvero, progettare in modo tale da permettere una sicura realizzabilità dell’opera a fronte di un impegno di spesa quasi certo.

D’altro canto, questa verifica introduce un aspetto decisamente nuovo sul fronte della validazione strutturale nel cantiere. Se leggiamo, difatti, quanto prescritto dal nuovo Codice degli Appalti, è possibile osservare come l’appaltabilità dell’opera sia strettamente correlata con l’impianto strutturale prescelto e, quindi, con quanto riportato negli elaborati grafici a corredo dell’appalto.

In linea teorica, la verifica del progetto dovrebbe comprendere il controllo sulla fattibilità ai fini realizzativi (figura 3); la domanda interessante che possiamo porci è: se all’interno del progetto, pur rispettando la normativa, coesistono delle contraddizioni (si veda l’esempio riportato sopra) il progetto può essere considerato verificato? Tecnicamente, in base al Dpr. n.207 il progetto potrebbe essere verificato, ma in base al nuovo Codice degli Appalti il progetto dovrebbe essere rivisto perché non appaltabile, in quanto, la soluzione tecnica proposta, sebbene legislativamente corretta, non risulta essere attuabile in cantiere.

È evidente la difficoltà nel comprendere se, difronte a un progetto complesso, l’appaltabilità venga «pesata» anche solo per alcune lacune normative oppure venga utilizzata solo per «controllare» il costo dell’opera. È comunque evidente che la fase di verifica, con il nuovo Codice degli Appalti, diventi un’operazione complessa, articolata e molto importante, forse quasi centrale.

Per quanto, invece, attiene la verifica del costruito, essa, come accennato non viene per così dire «contemplata». Per arrivare alla validazione strutturale dell’opera, quindi, servono ulteriori strumenti e concetti base molto più estesi, con i quali, gli attori possano dialogare in modo costruttivo.

Indubbiamente il raggiungimento di una validazione strutturale corretta ed efficiente è ancora lontana e si spera che l’utilizzo di tecniche informatiche da parte degli attori in gioco, quali il Bim, siano presi in considerazione il più presto possibile.

Ing. Ennio casagrande

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