In Biblioteca | Bollati Boringhieri

Il fenomeno urbano e la complessità

Gli autori del volume Il fenomeno urbano e le complessità, Bertuglia e Vaio, affrontano il fenomeno urbano nell'unica ottica in grado di comprenderlo davvero: quella della complessità. Il volume è un ampio quadro, anche storico, per approfondire la portata della prospettiva fornita oggi dalla scienza della complessità. Il percorso degli autori attraversa le trasformazioni dell'urbanesimo europeo, dalla città preindustriale radicata nel territorio a quella industriale che elegge l'urbanesimo a forma di vita. In questo contesto vengono analizzati i casi di Roma e Torino.
Il fenomeno urbano e la complessità.

«Il fenomeno urbano e la complessità» scritto da Cristoforo Sergio Bertuglia e Franco Vaio ha la valenza di un elaborato davvero enciclopedico dove storia e filosofia, urbanistica ed economia, sociologia e architettura si fondono e si susseguono invitando il lettore all’approfondimento continuo dei concetti sapientemente espressi dagli autori.

Nel presentare il libro come un trattato-enciclopedia il prof. Gianfranco Dioguardi scrive che «il libro può a ragione essere definito una sorta di nuova enciclopedia del sapere sulla città e sui problemi che in essa emergono e questo sia per la molteplicità di autori consultati e citati sia per l’interdisciplinarità delle conoscenze, scienze filosofiche, storiche, sociologiche e anche economiche e tecniche attraverso le quali vengono sviluppate le diverse tematiche. Un trattato che si sviluppa secondo un innovativo metodo critico e filosofico finalizzato a un’attenta analisi dei fenomeni urbani svolta attraverso un’indagine storica che unisce la teoria ad approfondimenti critici su esempi concreti di città».

La prima parte del volume è dedicata al fenomeno urbano nella sua complessità con l’approfondimento degli aspetti sociologici dei cambiamenti nelle città e le trasformazioni dei sistemi urbani con evidenziate le grandi ristrutturazioni urbane di metà Ottocento e la nuova concezione della città, la Garden City di Howard.

Spicca poi l’analisi della città nella sua forma preindustriale, industriale e postindustriale, la concettualizzazione della città di Weber e l’urbanesimo di Wirth, la sociologia urbana della Scuola di Chicago e lo spazio urbano nella filosofia di Lefebre.

Prof. Gianfranco Dioguardi.

Dioguardi nel focalizzarsi sul cambiamento urbano, le lezioni della storia, illustra come gli autori del volume guidino il lettore in una rivisitazione storica delle trasformazioni dei sistemi urbani, da quelle utopiche alle concrete modifiche subite da molte importanti città e analizzano anche casi recenti in atto in alcune realtà urbane italiane.

Infatti nel capitolo «la complessità nelle concezioni economiche della città» e in particolare nella descrizione della questione della rendita fondiaria urbana, nell’illustrare il fallimento del progetto di legge di Fiorentino Sullo contro la speculazione urbana, nel focalizzare gli aspetti relativi alla trasformazione urbana di Roma e quella di Torino da città fordista a città post moderna, Vaio e Bertuglia spiegano come i problemi attuali inducano a ricercare un modello di città che agevoli il governo urbano nella complessità ormai tipica del terzo millennio, complessità, ci dice il prof. Dioguardi, che spesso si traduce in degrado urbano.

Giuseppe Berta, professore di Storia Contemporanea.

Le considerazioni degli autori e soprattutto i passaggi riguardanti le riflessioni sulla pianificazione territoriale e urbanistica italiana negli ultimi decenni insieme alle citazioni degli scritti di Crainz, Berta, Gallino, Olmo, Vezio De Lucia e Salzano hanno contribuito a sviluppare ulteriori confronti storici.

Di notevole interesse è l’attenzione che va posta al capoverso su Ivrea e l’Olivetti, ambiente che Adriano Olivetti intese geografico, sociale e urbanistico. Importante nel testo il riferimento alla Carta di Megaride ’94 «città cablata del XXI secolo», sessant’anni dopo la Carta di Atene, prima carta dell’urbanistica moderna.

Adriano Olivetti.

La Carta di Megaride ’94 fu il risultato dell’impegno di 600 studiosi delle città che hanno elaborato idee e cultura urbanistica di 27 Paesi. La carta delinea 10 principi fondamentali per un’urbanistica sostenibile del XXI secolo e assume l’equilibrio tra ambiente urbano e ambiente naturale a principio costitutivo su cui fondare il modello di sviluppo sostenibile della città futura.

Il documento sancisce il principio secondo cui prima di ogni ipotesi di intervento edilizio dev’essere vagliata la possibilità di effettuare operazioni di recupero e rifunzionalizzazione orientate al riuso dell’esistente e stabilisce che la nuova architettura debba produrre manufatti capaci di andare oltre la sola efficienza funzionale e debba contribuire a realizzare una «città bella». Concetto questo che è stato anche il perno del ragionamento sviluppato da Pierluigi Cervellati nell’interessante volume «L’arte di curare la città».

Arch. Renzo Piano.

Un’attenzione particolare nel testo di Bertuglia e Vaio viene data a Renzo Piano e a Gianfranco Dioguardi che hanno ideato il «Laboratorio di quartiere», strumento di riqualificazione urbana attraverso il restauro, il recupero conservativo e la manutenzione dell’edificato esistente.

Il concetto dal quale nasce l’idea del laboratorio si caratterizza dagli anni ’70, dopo anni di convulso sviluppo urbano, anni dove iniziò a porsi sempre più il problema, da una parte, del recupero delle periferie urbane emarginate e del loro rammendo (come dice Piano) con la città preesistente e dall’altra parte del recupero con interventi conservativi degli spazi urbani degradati dei vecchi centri storici sui quali si focalizza la maggiore attenzione (come dice Dioguardi).

Fu diffusa la consapevolezza che la crescita delle città «non può più essere esplosiva verso l’esterno, che bisogna completare lo spazio a disposizione delle aree abbandonate dalle fabbriche, dalle ferrovie e dalle caserme». Si sviluppò la consapevolezza che si deve intensificare la città: costruire sul costruito, sanando le ferite aperte nel tessuto urbano, che non si possono più costruire nuove periferie remote, insostenibili e che le periferie esistenti devono diventare città senza espandersi ma ricucite e fertilizzate da strutture pubbliche.

Una citazione merita ulteriore attenzione, il riferimento alla City School, su proposta dello stesso Dioguardi, un’accademia della città rivolta all’insegnamento della nuova scienza di governo della complessità urbana promossa presso l’Università di Bari e il Politecnico di Milano, così come meritano attenzione le postfazioni di Vezio De Lucia, Enrico Giannetto ed Edoardo Salzano.

Recensione a cura di Livia Randaccio, direttore editoriale Imprese Edili

  • Autori Cristoforo Sergio Bertuglia e Franco Vaio
  • Editore Bollati Boringhieri
  • Pagine 798
  • Prezzo 38 euro

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here