Primo. Una miscela rigorosa di vetro e struttura

“Primo”, l’immobile a forma di 1 che fa capo ad Ardian Real Estate, è stato pensato e sviluppato con un approccio di massima sostenibilità ambientale ed efficienza energetica. Il progetto di ristrutturazione e ampliamento racchiude un concentrato di tecnologia, infrastruttura digitale IoT, fonti rinnovabili, nuove strutture eco-sostenibili in legno e valori sociali che ne fanno un esempio di edificio Esg-compliant.
(Primo è caratterizzato da un’architettura urbana, moderna. L’edificio è stato pensato e sviluppato con un approccio di massima sostenibilità ambientale ed efficienza energetica. Foto Luca Mercandalli)

“Primo” consiste in una ristrutturazione e ampliamento di un edificio esistente, costruito tra gli anni ’60 e gli anni ’70, ad uso uffici. Obiettivo principale è rendere il progetto più funzionale alle esigenze della contemporaneità e conferire al manufatto un aspetto architettonico più interessante. Una notevole attenzione è stata posta all’accessibilità dell’edificio e al suo comfort interno.

(Pianta piano terra)

Il progetto si basa sull’enfatizzazione della struttura portante, che diventa essa stessa linguaggio architettonico e generatrice dell’impaginazione generale della facciata. La rigorosa alternanza tra pieni e vuoti conferisce all’edificio un’eleganza facilmente distinguibile. Un aspetto importante riguarda l’attacco a terra dell’edificio che viene, in gran parte, portato a quota marciapiede per enfatizzare il carattere urbano dell’edificio che permette alla città di entrare.

(La sopraelevazione. Foto Luca Mercandalli)

Il tessuto urbano

Il quartiere Isola a Milano si sviluppa tra la seconda metà dell’800 e l’inizio del ‘900, in seguito alla costruzione della ferrovia a partire dal 1865, caratterizzandosi nel corso degli anni per una forte componente operaia, favorita dalla presenza di diverse fabbriche all’interno del proprio tessuto e dalla vicinanza di grandi stabilimenti oltre che della ferrovia.

Negli ultimi anni la zona ha subito un importante processo di cambiamento artistico e culturale, pur restando lontano dal caos cittadino, con strade strette, tessuto residenziale maggiormente abitato da giovani e da famiglie con bambini piccoli, appartamenti che, essendo principalmente in affitto, danno luogo a un interessante mix sociale e culturale; il mercato e i negozi piccoli e indipendenti, con una propria identità.

(La rigorosa alternanza tra pieni e vuoti. Foto Luca Mercandalli)

Uno dei cantieri più significativi della zona riguarda il Bassi Business Park, di cui “Primo”, l’immobile di Piazza Fidia 1, ne è parte. Si tratta di un intervento di ricucitura urbana, con alcune demolizioni e sostituzioni edilizie, oltre a una serie di interventi di innesto urbano.

(L’entrata prospiciente Piazza Fidia. Un accesso a doppia altezza con la creazione di un portico che precede la bussola di ingresso alla hall. Foto Luca Mercandalli)

Intervento strutturale

Dal punto di vista strutturale, nella ristrutturazione si è mantenuta la quasi totalità della struttura a telaio (travi e pilastri) e gran parte dei solai sono comunque conservati. Il telaio esistente è in ogni modo rinforzato al fine di adattarsi alle esigenze statiche della contemporaneità. Unici elementi di entità dal punto di vista strutturale sono i due core (vano scala e ascensori) che vanno a sostituire i tre vani scala presenti nell’edificio dello stato di fatto. La struttura della elevazione segue la griglia della struttura esistente sottostante per poi inclinarsi a partire dal piano quinto.

 

(Il progetto mantiene la struttura portante dell’edificio, enfatizzata dalla contrapposizione con le superfici vetrate che costituiscono il modulo di facciata. Foto Luca Mercandalli)

L’involucro

Parte importante del progetto è costituita dalla facciata che costituisce la matrice del progetto: una griglia rigorosa data dalla struttura esistente, che alterna in maniera ordinata porzioni opache e porzioni trasparenti. Questa alternanza regolare è messa in discussione dalla facciata interna, che presenta porzioni opache all’interno della griglia. Si viene così a identificare un modulo trasparente, leggero che permette di poter scrutare in maniera discreta all’interno dell’edificio e, allo stesso tempo, lasci la possibilità a coloro che occupano gli spazi uffici di poter godere di una vista importante sulla nuova Milano, da un lato Porta Nuova e dall’atro City Life.

A partire dal piano sesto, grazie alle inclinazioni e alle rotazioni della facciata e del volume, sono presenti importanti terrazze, parzialmente coperte, che permettono di poter godere di spazi esterni ai piani caratterizzati da importanti viste panoramiche che collegano l’edificio al contesto urbano.

Le porzioni di facciata inclinate conferiscono così all’edificio una geometria prismatica, caratterizzata da diverse sfaccettature.

(La struttura portante diventa essa stessa linguaggio architettonico e generatrice dell’impaginazione generale della facciata. Foto Luca Mercandalli)

Gli interni

Il piano terra viene parzialmente ribassato e portato a quota del livello stradale, per favorire una permeabilità fisica e visiva con la città. I piani dedicati agli uffici subiscono un’importante trasformazione. Nonostante il mantenimento delle quote altimetriche esistenti (e quindi di gran parte della struttura portante presente oggi), la spazialità interna ne risulta totalmente rivoluzionata, gli spazi dedicati ai core di risalita e ai servizi igienici sono ottimizzati e posizionati in aree strategiche al fine di non ridurre gli spazi interamente dedicati alle aree di lavoro e a non creare impatti in facciata, lasciando pressoché inalterata la distinzione tra opaco e trasparente.

(Il prospetto interno, in contrapposizione con i fronti esterni su strada, presenta porzioni opache all’interno della griglia strutturale. Foto Luca Mercandalli)

Anche il cortile privato vuole essere una zona aperta alla città, caratterizzata da un verde costituito da specie autoctone legate al territorio del contesto. La pavimentazione prevede cemento chiaro (tipo idrodrain) senza la presenza di fughe caratterizzanti il disegno della piazza. L’intento è quello di lasciare una libertà di passaggio.

Preesistenze e contemporaneità

Il progetto si presenta come il risultato di un attento percorso di ascolto. Ascolto del sito, del suo orientamento, dei vincoli al contorno; ascolto delle esigenze del cliente, che vuole essere rappresentato da un edificio landmark, iconico, elegante, capace d’incarnare i connotati di modernità ed efficienza generale, sostenibile sia nei tempi di realizzazione che nei costi così come nella sua intrinseca capacità di essere intelligente.

Pieno rispetto delle preesistenze quali alberature, strade perimetrali e edifici confinanti con il lotto. L’intervento di riqualificazione rappresenta, dunque, la filosofia di privilegiare la rigenerazione del patrimonio storico piuttosto che la costruzione del nuovo, coniugando il valore dell’eredità del passato con la contemporaneità, sempre secondo i principi Esg e di “well being”: la restituzione di un edificio altamente sostenibile, dal punto di vista energetico, sociale, ambientale, quale chiave per una lungimirante trasformazione della città.

Nuove spazialità sostenibili e resilienti

L’adeguamento alle esigenze contemporanee del nuovo modo di abitare lo spazio di lavoro ha determinato, in fase progettuale, lo studio della struttura in grado di stabilizzare lo scheletro originale e di definire le nuove aree di attività. Sulla base dell’osservazione preliminare dell’architettura dell’edificio, è stata quindi effettuata la demolizione dei muri non portanti, che ostruivano la flessibilità interna: la struttura portante dell’edificio, mantenuta in evidenza, viene concepita come uno scaffale dove inserire le molteplici postazioni di lavoro e il mobilio permette di modulare lo spazio in base alle esigenze dei diversi futuri inquilini, al fine di garantire rapporti non gerarchici tra gli spazi.

Nel complesso, l’edificio si compone di un piano interrato, un piano seminterrato e sei piani fuori terra, ai quali si aggiunge il piano di copertura, per una superficie lorda totale di circa 8011 m2 e un’altezza totale, dal piano strada, di circa 23 metri.

(Dal piano quinto fino al nuovo piano di copertura (piano 9) è stato realizzato l’arretramento del filo facciate, lineare e inclinato con un angolo di circa 27 gradi rispetto al verticale. Foto Luca Mercandalli)

L’intervento di adeguamento ha previsto la sopraelevazione di tre piani oltre il piano sesto preesistente (piano di copertura), realizzando quindi un nuovo piano settimo, un piano ottavo e un piano di copertura (non accessibile). Lungo una delle due ali è stato eliminato l’arretramento presente tra il piano quarto e piano quinto, quest’ultimo esteso ed allineato al filo facciata dei piani inferiori. A tal fine tutte le campate di solaio del piano quinto rivolte verso il fronte strada sono state demolite e ricostruite in carpenteria metallica con piano in lamiera grecata e getto collaborante; i nuovi pilastri di bordo sono stati realizzati in acciaio e ancorati a quota del piano quarto ai pilastri inferiori in calcestruzzo. Dal piano quinto fino al nuovo piano di copertura (piano 9) è stato, inoltre, realizzato l’arretramento del filo facciate, lineare e inclinato di angolo rispetto al verticale di circa 27 gradi, che caratterizza fortemente l’intervento.

Il fronte principale dell’edificio è interessato da una rimodulazione della facciata che ha determinato, da un punto di vista strutturale, la demolizione dei due pilastri centrali, la realizzazione di un unico pilastro posto a circa metà campata e ricostruzione degli elementi orizzontali a sostegno degli impalcati di piano.

L’intera struttura di sopraelevazione è stata realizzata interamente in legno e carpenteria metallica.

Il sistema sismo-resistente è affidato alle sole pareti duttili in calcestruzzo armato costituenti il corpo strutturale del core di distribuzione principale (vano scala e nuclei ascensori) e alle pareti del vano scala secondario posto periferico in un’ala dell’edificio. I pilastri in calcestruzzo armato esistenti hanno richiesto interventi di incamiciatura per adeguarne la portata ai nuovi sovraccarichi indotti dalla sopraelevazione e garantirne quindi un’adeguata resistenza: la continuità dei pilastri ai diversi piani è stata garantita demolendo localmente la soletta per permettere il passaggio delle barre di armatura, prima di eseguire il getto in calcestruzzo armato. Anche le fondazioni sono state adeguate al nuovo sovraccarico associato alla sopraelevazione.

(La struttura portante della sopraelevazione è in legno, ancorata alla preesistente in calcestruzzo armato mediante carpenteria metallica. Foto Luca Mercandalli)

Chi ha fatto cosa

Cliente
Ardian

Tenant
Satispay

Progettazione architettonica
Stefano Belingardi Clusoni Be.St

Progettazione esecutiva e direzione lavori
General Planning

Progettazione strutturale
Nozza progetti

Progettazione impianti
Deerns

Project manager
Perelli Consulting

General contractor
Constructors

Stefano Belingardi Clusoni. Progettista

L’architettura verticale a Milano

Stefano Belingardi Clusoni, laurea con il miglior progetto di Master secondo la giuria dell’Accademia di Architettura di Mario Botta a Mendrisio, ha seguito finora numerosi progetti di respiro internazionale dividendosi per anni tra Barcellona, Berlino e Shanghai. Fino a quando, dopo aver collaborato nello studio di Daniel Libeskind, apre il suo studio Be.St. Belingardi Clusoni a Milano.

Molti cittadini del capoluogo lombardo si chiedono se Milano sia destinata a diventare una città verticale. Architetto, lei cosa ne pensa?

L’architettura verticale può nascere per svariati motivi, dal tema della densità, dalla volontà di coniugare spazi aperti e la consumazione di meno suolo o dal bisogno di un simbolo, un punto di riferimento, un’ambizione. La cosa importante è il pensiero di come un edificio alto tocchi il suolo e che reazione questo possa generare a terra e sulla città. Perciò c’è molta attenzione da parte del comune sul tema della città alta.

Il nome Primo è significativo non solo per l’edificio in sé (si trova al civico 1 di Piazza Fidia e, visto dall’alto, ha la forma di un 1) ma anche per lei, architetto?

È stato un progetto speciale per me perché è stato il primo, appunto, in cui sono riuscito a esprimere appieno il mio pensiero architettonico. Una visione che prevede una miscela rigorosa di vetro e struttura, il contrasto tra pieno e vuoto, che ha molto più carattere rispetto a un edificio interamente in cristallo.

Per chiudere, dove si vede nel futuro, in Italia o all’estero?

Non smetterò di viaggiare per lavoro perché mi piace e l’estero mi dà molte opportunità lavorative, ma resto molto legato alla mia città, voglio essere un architetto milanese e soprattutto voglio essere un architetto che contribuisce allo sviluppo della sua città, e dell’Italia in generale se mi riuscirà. Non ho intenzione di scappare, sono molto legato al Paese in cui sono nato e a Milano in particolare. Questo è un aspetto prezioso del nostro lavoro: avere la possibilità di progettare in giro per il mondo, ma avere anche l’opportunità di poter prendere parte alla crescita del proprio Paese, di restare ed esserci per fare la differenza.

Fabiana Panella

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