Per Fiec – Federazione europea industria costruzioni – è essenziale un drastico incremento della quota di ristrutturazioni energetiche.
I costruttori europei sostengono da lungo tempo che il grande problema della Energy Performance in Buildings Directive (Epbd) risiede nell’attuazione inconsistente e non abbastanza convinta e vede con favore la disposizione che impone agli stati membri d’includere la ristrutturazione di edifici residenziali e non residenziali nelle sue strategie di ristrutturazione edilizia a lungo termine.
Ciò detto, Fiec sostiene che se da un lato è chiaramente necessaria una maggiore ambizione, ogni provvedimento imposto dovrebbe essere tecnologicamente neutro e non dovrebbe essere così oneroso da risultare inattuabile oltre a dover tenere conto dei contesti locali.
Clima, architettura, materiali da costruzione disponibili, tecniche costruttive impiegate a livello locale, comportamento degli occupanti e molti altri fattori condizionano l’efficienza energetica e il tipo di ristrutturazione che può portare al più elevato risparmio energetico. Inoltre, gli investitori e i proprietari vogliono vedere un ritorno economico tangibile sull’investimento. Questo può essere difficile da prevedere con precisione prima che la ristrutturazione abbia luogo e difficile da dimostrare a posteriori, specialmente nel breve termine.
Fiec invita quindi gli stati membri a essere ambiziosi e pragmatici, massimizzando il sostegno finanziario dei fondi Ue disponibili e fornendo adeguate informazioni per andare incontro alle necessità di quanti provano a investire sulla ristrutturazione dei loro edifici.
Confrontare gli Epc per giustificare l’investimento pubblico è prematuro
Assicurarsi che i fondi pubblici siano stati spesi bene, eventualmente con un sistema di monitoraggio dei miglioramenti nel risparmio energetico a seguito di lavori di ristrutturazione in parte finanziati con denaro pubblico, è del tutto ragionevole. Tuttavia Fiec si oppone con forza all’uso obbligatorio degli Energy Performance Certificates (Epc) a questo scopo, a meno che e finché la qualità di questi certificati, i parametri usati e la formazione dei certificatori non saranno migliorati e armonizzati in tutta la Ue.
Se da un lato sembrerebbe sensato usare un sistema esistente anziché creare qualcosa di nuovo, tale valutazione non può essere introdotta oggi. Basare le decisioni di finanziamento su un “prima” e un “dopo” gli Epc è prematuro in molti Stati Membri, con un elevato rischio che né gli investitori né i beneficiari vi abbiano accesso a parità di condizioni. Fiec sollecita i co-legislatori a fare pressione per un rinvio – o anche una cancellazione – di questo provvedimento.
Ecodesign per allinearsi ai provvedimenti esistenti per i prodotti da costruzione?
Fiec ha pubblicato una posizione su Ecodesign e Etichetta Energetica nel 2014 http://www.fiec.eu/en/fiec-positions/position-papers.aspx. L’obiezione di principio che muovono è sempre stata che per i prodotti da costruzione gli obiettivi dell’Ecodesign e delle Direttive per l’Etichettatura Energetica possono essere meglio raggiunti attraverso il Regolamento sui prodotti da costruzione 305/2011 (Cpr). Fiec continua a opporsi a ogni nuovo, separato provvedimento che reitera gli obblighi del Cpr, poiché una simile reiterazione crea un onere amministrativo e aumenta i costi sia per i produttori sia per gli utilizzatori di prodotti da costruzione.
Sebbene i prodotti da costruzione siano chiaramente elencati nell’Ecodesign Working Plan 2016-2019, non è chiaro se l’intenzione sia quella d’introdurre requisiti aggiuntivi per allineare le regole dell’ecodesign con gli obblighi esistenti sotto il Cpr e la standardizzazione. «Comprendiamo l’entusiasmo dei co-legislatori per l’ecodesign per quelle industrie che al momento non dispongono di regole equivalenti – affermano i costruttori europei. Se la proposta è di allineare l’ecodesign con il Cpr e gli standard esistenti, in modo che in ultima analisi esista un solo sistema del genere nell’industria delle costruzioni, allora possiamo rivedere la nostra posizione precedente e invitare i co-legislatori a discutere di questo argomento con noi, affinché possiamo trovare insieme delle soluzioni appropriate».
Infastrutture per la e-mobility
«Se da un lato sosteniamo politiche lungimiranti per rendere a prova di cambiamenti climatici i nostri futuri edifici e infrastrutture, dall’altro ci chiediamo se l’installazione obbligatoria di punti di ricarica per mezzi di trasporto raggiungerà quello scopo».
Fiec dubita che il caso dei veicoli elettrici sia stato affrontato in modo conclusivo e quindi mette in discussione questa disposizione per le categorie di edifici indicate nella proposta. Nel migliore dei casi, un simile provvedimento avrebbe bisogno di ulteriori consultazioni per stabilire – fra le altre cose – i costi aggiuntivi che si verranno a creare e i rischi che dovranno essere gestiti, ad esempio la sicurezza e la prevenzione antincendio. Fiec chiede quindi di valutare se:
- la fornitura di energia elettrica sarà sufficiente e in grado di garantire l’incremento della domanda causato da un significativo aumento di veicoli elettrici
- la produzione di batterie per veicoli elettrici può soddisfare la futura domanda
- il requisito potrebbe essere limitato al pre-cablaggio, come previsto per gli edifici residenziali di nuova costruzione e quelli interessati da importanti lavori di ristrutturazione
«Qualunque cosa alla fine si decida, gli edifici pubblici non dovrebbero essere esenti da ogni eventuale obbligo di fornire infrastrutture per la e-mobility. Contrariamente a quanto implicato dalla proposta di modifica dell’articolo 8, la Direttiva 2014/94/Ue non copre la maggior parte degli edifici pubblici. Questa esclusione sembra dunque essere ingiustificata e illogica, e invitiamo il settore pubblico a dare l’esempio riguardo a questo requisito».
Smartness indicator, cosa significa e come funziona
Fiec è sostanzialmente d’accordo che venga rafforzato l’uso di strumenti come il monitoraggio, l’automazione e il controllo degli edifici, ma vorrebbe saperne di più dello “smartness indicator”. Chiede: «che prove ci sono della necessità di questo indicatore? Che uso verrà fatto dei rating? Questi ultimi porteranno in ultima analisi a sanzioni e, se sarà così, per chi? Chi si occuperà della misurazione e della certificazione degli edifici, e quali saranno inclusi?». A Fiec piacerebbe una proposta più dettagliata e un’estesa consultazione con gli esperti dell’industria delle costruzioni. fino ad allora considera quest’idea niente più che una semplice trovata. D’altra parte, sostiene, l’industria può aiutare i responsabili delle politiche a rendere utile un simile indicatore, se davvero viene fissato uno scopo chiaro, che può effettivamente contribuire a migliorare l’efficienza energetica, senza introdurre oneri e costi aggiuntivi per chi costruisce gli edifici o per chi è destinato a vivere al loro interno in seguito.
Far funzionare la revisione della Epbd con il nuovo quadro di valutazione su base volontaria
La Direzione Generale per l’Ambiente e il Centro Comune di Ricerca hanno lavorato per quasi tre anni su un quadro di valutazione su base volontaria dell’edificio, per misurare la performance ambientale.
Dato che questo quadro comprende diversi indicatori, è doveroso che ogni “smartness indicator” creato dalla revisione della Epbd sia coerente con il prossimo quadro, di cui è previsto il completamento nel 2017, e magari incluso al suo interno.
Fiec esorta quindi i co-legislatori a esaminare i requisiti specifici in particolare, ma l’intera proposta in generale, per garantire che funzioni in modo coerente a fianco del nuovo quadro. Approvare oggi una Direttiva di modifica che verrà duplicata più avanti da un quadro di valutazione volontaria potrebbe far sì che quest’ultimo non venga mai accettato o utilizzato nel mercato.