Inu | Governo del territorio

A Mosaico Italia la ricostruzione e la prevenzione

«Non servono leggi in deroga ma occorre aumentare l’efficacia della pianificazione inserendo il piano di prevenzione, che spesso nei Comuni è sottovalutato e trattato come un adempimento burocratico, nella pianificazione ordinaria. Occorre che la prevenzione diventi una trama strutturale della pianificazione, che le scelte di prevenzione  condizionino il disegno di suolo».

Un evento come la Rassegna Urbanistica Nazionale, in programma dal 3 al 6 aprile a Riva del Garda (il titolo della manifestazione dell’Istituto Nazionale di Urbanistica è “Mosaico Italia: raccontare il futuro”), che punta a mettere in luce e ad approfondire, attraverso una mostra e una serie d’incontri, tutte le urgenze che deve affrontare la pratica del governo del territorio, non può prescindere da questioni come la ricostruzione e la prevenzione dai rischi, specialmente alla luce degli eventi sismici che hanno coinvolto nel 2016 e nel 2017, per citare quelli più recenti, una parte importante del nostro Paese.

Massimo Sargolini | Coordinatore della Community Inu che mette assieme i temi correlati delle aree interne e della ricostruzione.

L’Inu vi si dedica attraverso una Community che mette assieme i temi correlati delle aree interne e della ricostruzione, un gruppo di lavoro che, spiega il coordinatore Massimo Sargolini, è «nato a partire dall’evento calamitoso che ha coinvolto in più riprese, nel 2016 e nel 2017, il Centro Italia. In quell’occasione si è notata la mancanza di preparazione del nostro Paese rispetto ai disastri naturali. L’esigenza e l’obiettivo è contribuire a preparare le comunità e il governo a rafforzare la capacità di prevenire i disastri e a ridurre la vulnerabilità delle comunità esposte, per aumentare la resilienza di comunità e insediamenti».

Sargolini ha esperienza diretta sulle questioni del terremoto del Centro Italia: è membro infatti del comitato scientifico del Commissario alla Ricostruzione, in una posizione in cui deve contribuire a fornire orientamenti e indirizzi che si collocano necessariamente in un arco temporale d’intervento di medio e lungo termine.

«Quando in questo ambito parliamo della necessità che l’urbanistica innovi e s’innovi – spiega Sargolini – vedo purtroppo spesso ipotesi e risposte strampalate. Si parla di deroghe o leggi apposite per le emergenze, ma pensare di ricostruire in regime di esenzione dai vincoli (idrogeologici, paesaggistici, ambientali, …) sarebbe semplicemente una follia. Io penso che non servono leggi in deroga ma occorre aumentare l’efficacia della pianificazione inserendo il piano di prevenzione, che spesso nei Comuni è sottovalutato e trattato come un adempimento burocratico, nella pianificazione ordinaria. Occorre che la prevenzione diventi una trama strutturale della pianificazione, che le scelte di prevenzione  condizionino il disegno di suolo. Forse è banale, ma da noi non avviene: il disegno di suolo nel nostro Paese ha un’accezione compositiva, e tendiamo a dimenticare le griglie di fragilità».

La buona pratica californiana

Come esempio di buona pratica dal punto di vista dell’applicazione pratica Sargolini cita l’esperienza che si fa in California, proprio in corrispondenza della temutissima faglia di Sant’Andrea: «Qui l’Università della California lavora a stretto contatto con le comunità residenti: parlo di un folto gruppo di ricercatori che interagisce continuamente con i decisori pubblici, c’è interattività, anche dal punto di vista dell’organizzazione dei territori e sul versante dell’urbanistica. Noi da questo punto di vista siamo carenti: nella ricostruzione del Centro Italia il comitato scientifico è stata una prima risposta ma è mancato il confronto con le comunità, i professionisti e gli uffici preposti all’applicazione delle ordinanze ispirate dai documenti della commissione scientifica».

Inevitabile chiedere a Sargolini una “lettura” della difficile questione della ricostruzione in Centro Italia, le ragioni di alcune lentezze che si riscontrano. Il coordinatore della Community Inu alla luce della sua esperienza sul “campo” ha maturato un’interpretazione precisa, dove si rivela decisiva la natura dell’evento, che si è sviluppato in più scosse distruttive: agosto 2016, ottobre 2016, gennaio 2017: «Dopo le scosse di ottobre e gennaio l’estensione dell’area danneggiata è aumentata moltissimo, in tutta la sua drammaticità. Non ci si è resi conto da subito delle dimensioni del danno, e questo ha messo in crisi tutto: una macchina costruita di fatto per numeri più ridotti è andata in crisi».

Sargolini conclude rilevando un cambiamento d’approccio, arrivato in ritardo, rispetto al modus operandi: «All’inizio c’è stata persino paura della parola piano, per via dei tempi che si credeva avrebbe portato via. Il problema è che andando a ricostruire pezzo per pezzo, senza visione strategica, tendono a mancare i raccordi, e questo provoca incongruenze, conflitti, rallentamenti. Ora parlano tutti, dai sindaci agli uffici speciali, dell’esigenza di una visione strategica complessiva. Se avessero fatto riferimento prima in modo più mirato alla pianificazione attuativa e strategica, si sarebbe adesso probabilmente in una situazione migliore».

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