L’idea di città, come categoria colta nella sua dimensione astratta ed atemporale, richiama un insieme più o meno organico di uomini e cose, di luoghi e monumenti, di pubblico e privato. In quanto connubio inoltre di urbs e di civitas, la città è la sintesi di elementi visibili e desideri, di artefatti e intenzioni, di segni e sogni ed è, parimenti, l’espressione più alta dei diversi conflitti che agitano i rapporti tra forma e contenuto, tra ragione e sentimento, tra risultati ed attese.
Come palinsesto di forme visibili e di pensieri, di aspirazioni e di fallimenti, di utopie e distopie, la città è il luogo dell’unità del molteplice: è l’espressione materiale di strade, piazze, mura e palazzi vivificati dalla presenza attiva dei suoi abitanti ed è, parallelamente, espressione immateriale di culture, di linguaggi, di estetiche e di volontà politiche, sociali e religiose che si succedono nella dimensione diacronica. Questa, in estrema sintesi, l’idea di città; da quella classica fino a quella del Moderno, colta nella sua dimensione metastorica. Rispetto alla città comunemente intesa, alla città che possiamo definire tradizionale, la città post-moderna pone alcune drastiche differenze: comprime le categorie dell’unità a vantaggio dell’epifania del molteplice. All’unità della città tradizionale la città contemporanea contrappone la rappresentanza di diverse istanze sociali e culturali e di diversi soggetti che sostanziano la civitas del presente.
di Lucio Altarelli, Postmedia books, 2015, 240 pagine, € 22,50