L’entrata in vigore delle nuove norme tecniche sulle costruzioni ha originato una pericolosa situazione di confusione che compromette la sicurezza del patrimonio delle costruzioni esistenti.
A causa di un comma integrativo inserito nel testo delle Ntc si rischia la paralisi totale del settore dei controlli sulle costruzioni, che con un colpo di spugna sono diventati a esclusivo appannaggio di un ristretto numero di operatori (circa 100 su tutto il territorio nazionale).
L’applicazione del capitolo 8 delle Ntc 2018 e nello specifico del punto 8.5.3 – Caratterizzazione Meccanica dei materiali – dedicato alle costruzioni esistenti, a causa di un comma integrativo aggiunto rispetto alla versione delle norme del 2008, sta già causando sin dai primi giorni di attuazione una serie di problemi.
Il comma integrativo, restringendo il campionamento ai soli laboratori prove e materiali (nati nel 1971 quali laboratori prova sui materiali edili che verificano la correttezza degli standard prestazionali dei materiali inseriti nel processo costruttivo e quindi, nulla c’entrano con i controlli per diagnosticare lo stato di salute dell’edilizia storica e monumentale) impedisce ai professionisti incaricati (anche se riuniti in forma d’impresa) di prelevare campioni dalle strutture già esistenti.
Le conseguenze sono sia a discapito della sicurezza del patrimonio immobiliare nazionale e quindi, dei cittadini, sia a discapito di una parte consistente di operatori esperti del settore della diagnosi delle costruzioni esistenti. Tutto questo proprio mentre il Paese cerca di dotarsi di una serie di misure efficaci per la prevenzione del rischio sismico!
È seriamente a rischio la sicurezza del patrimonio immobiliare italiano, che di colpo vedrà la cancellazione dal mercato degli esperti nel settore diagnostica degli edifici, delle strutture e del patrimonio dei beni architettonici che costituiscono una eccellenza italiana.
Con le Ntc 2018 infatti, il campionamento dei materiali da costruzione non è più di competenza dei professionisti, esperti in diagnostica del costruito e dei beni culturali, incaricati per le analisi di un edificio o di una struttura, ma diventa un affare per sperimentatori di laboratorio che potrebbero non avere (perché non richiesto) un titolo professionale (ingegnere, architetto o geometra).
L’assurdo è che una fase delicata, quale il campionamento di un materiale da costruzione, soprattutto nel caso di edifici esistenti complessi quali quelli storici e monumentali, non sarà più competenza dei professionisti, ma di una stretta cerchia di impiegati di laboratorio.
Ci troviamo quindi, con il paradosso che un qualunque cittadino o lavoratore, per il semplice fatto di essere dipendente di un Laboratorio, potrà effettuare i campionamenti sulle strutture esistenti, mentre un ingegnere o un architetto, non potranno più effettuare un prelievo da una struttura per eseguire, sotto propria competenza e responsabilità, delle opportune indagini sulla sicurezza sismica di un edificio.
La cosa appare davvero bizzarra. Innanzitutto se si paragona la questione ad altri temi di stretta attualità, come la sicurezza alimentare e le indagini biologiche: non esistono in tali ambiti casi di divieto di campionamento.
Ad esempio un qualsiasi cittadino è libero di eseguire un campionamento dell’acqua sgorgante dal proprio rubinetto di casa per farla analizzare, invero il campionamento segue delle raccomandazioni da parte della struttura accettante circa le più corrette modalità di campionamento.
Qui invece si impedisce a professionisti, anche riuniti sotto forma di impresa, di poter campionare materiale dalle strutture per poterlo analizzare! È facile immaginare le ripercussioni di questa norma sul mercato della sicurezza delle costruzioni italiane!
Già nelle scorse ore infatti, alcuni enti sono stati costretti, come nel caso della Città di Messina, ad annullare procedure di gara già in fase di seduta amministrativa, a causa dell’impasse creata dalle Ntc 2018: pochi laboratori autorizzati ex art. 59 a fronte delle domande pervenute.
Per tale motivo il Comune, nell’annullare la procedura, ha trovato come unica soluzione possibile per risolvere la questione, la riemanazione del bando attraverso la separazione delle attività di indagine mediante due bandi separati per la fase diagnostica e per quella del campionamento.
Si commenta da sé l’assurdo prodotto dalle Ntc 2018. Appare evidente come occorra trovare con urgenza una soluzione che tuteli le professionalità e le aziende operanti nel settore, ma soprattutto garantisca agli italiani la sicurezza del patrimonio immobiliare, attraverso una proposta che nel rimuovere lo stallo creato dalle NTC2018, garantisca la qualità a discapito dell’approssimazione.
Per tali ragioni circa 40 aziende italiane operanti nel settore dei controlli diagnostici sulle costruzioni ed afferenti al Comitato per la diagnostica e la sicurezza delle costruzioni e dei beni culturali, ha depositato ricorso al Tar contro le Ntc 2018 e nello specifico contro il disastroso comma integrativo del paragrafo 8.5.3..
L’azione del ricorso al Tar del Comitato ha sin qui raccolto il sostegno di associazioni di categoria quali: Inarsind, Federarchitetti e Assorestauro.
A serio rischio infatti, è il libero esercizio di alcune prerogative della figura dell’ingegnere, che si vedrebbe sottratta con un colpo di spugna una competenza, quella del controllo sui materiali da costruzione, che viene sancita sin con l’art. 51 del Rd 2537 del 1925 che recita chiaramente:
Sono di spettanza della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo.
Origine del caos, come detto, va in particolare al fatto che, nelle NTC 2018 vengono introdotti alcuni commi integrativi del testo licenziato nella previgente stesura del 2008, con riferimento alle prove sulle strutture esistenti.
Queste ultime, indispensabili per poter appurare lo stato di salute di un edificio, sono state ufficialmente introdotte nella ultima revisione delle Norme tecniche sulle costruzioni (NTC) del 2008.
Con le Ntc 2008 è partita una nuova stagione dell’approccio al tema della vulnerabilità del costruito esistente: si sono introdotti infatti concetti quali quello dei «Livelli di conoscenza» (Lc), che possiamo sintetizzare con un esempio: più approfondisci con adeguate indagini, la conoscenza di un organismo edilizio, analizzandone le tecniche costruttive e la qualità dei materiali, più il tuo intervento sarà puntuale, efficace ed economico.
Questa novità introdotta dalle NTC 2008 ha portato alla nascita di nuove figure professionali, i diagnosti delle costruzioni: si tratta per lo più di tecnici laureati (ingegneri e architetti) che forti della conoscenza delle tecniche costruttive storiche e contemporanee apprese nel percorso formativo e con l’approccio alle nuove tecnologie hanno dato vita a nuove imprese ad alto contenuto tecnologico operanti nel settore della diagnosi e della conoscenza delle strutture esistenti, diventando una nuova eccellenza italiana, riconosciuta nei paesi Ue.
Le stime in nostro possesso parlano di 300 pmi, con una occupazione di più di mille fra ingegneri e architetti, che ad oggi si trovano, con un colpo di spugna cancellate.
Appare altresì, davvero singolare che laddove la norma ha imposto notevole attenzione alla riqualificazione del costruito, introducendo i concetti di «Valutazione della sicurezza» (§ 8.3), di «Classificazione degli interventi» (§ 8.4), di «Livelli di conoscenza» (§ 8.5.4.), ed al tempo stesso in altri contesti normativi il legislatore ha introdotto financo delle premialità fiscali (Sismabonus) per risolvere l’enorme problema della vulnerabilità del patrimonio immobiliare italiano, si voglia di fatto chiudere la tematica in un circuito chiuso, ponendo il tutto nelle mani dei soli Laboratori ovvero del personale degli stessi.
E tutto questo mentre in altre parti della Ntc 2018 s’indentificano i professionisti del settore delle costruzioni (ingegneri, architetti e geometri) come i precisi responsabili del processo edilizio (si veda a tal riguardo le responsabilità ascritte in capo ai professionisti nel Capitolo XI su controllo dei materiali da costruzione!).
L’introduzione dell’obbligo del campionamento dei materiali in situ da parte solo dei laboratori non trova nessuna corrispondenza con altre prove di conoscenza parimenti importanti al variare delle tipologie costruttive, attuando così la stranezza che tale imposizione appare anche contraddittoria verso l’approccio alla Conoscenza dell’esistente nel suo insieme.
Si verrebbe a creare il paradosso che mentre per le strutture in calcestruzzo armato, dove lo strumento di conoscenza principale resta il campionamento con carotaggio degli elementi strutturali, nelle strutture in muratura, proprio quelle più vulnerabili, dove si procede in genere con prove in situ non distruttive o parzialmente distruttive e comunque senza campionamento, la normativa non avrebbe alcun effetto.
In altri termini se l’intenzione del Cslp fosse stata quella di esercitare un controllo sui soggetti operanti sulle costruzioni esistenti, potremmo dire che quanto meno, la soluzione trovata è lacunosa. Paradossalmente ingegneri ed architetti diagnosti continueranno a lavorare in concorrenza dei laboratori sulle strutture in muratura, ma non potranno farlo più su quelle in calcestruzzo armato.
Un’ulteriore grave anomalia, le Ntc 2018 la provocano se lette in combinato disposto con il Codice Appalti.
Nelle gare d’appalto riguardanti la verifica della vulnerabilità sismica del patrimonio pubblico, in completa contraddizione con lo spirito ed i dettami delle vigenti norme nazionali ed europee si assisterebbe al paradosso di poter far operare solo un numero ristretto di soggetti pur essendo presenti sul territorio nazionale migliaia di operatori rispondenti ai requisiti di partecipazione di ordine economico e professionale, che si troverebbero automaticamente esclusi.
Accadrà così, che un operatore economico che intendesse partecipare ad una gara di verifica di vulnerabilità sisma di un edificio strategico sarà difatti costretto a dichiarare il subappalto, pescando in uno stretto giro di soggetti operanti nel settore del campionamento dei materiali così come stabilito in forza alle Ntc 2018.
Altro paradosso lo scatena la revisione al Codice appalti (dlgs 50/2016) del luglio 2017, dove al comma 1 bis dell’art. 111 si legge: gli accertamenti di laboratorio e le verifiche tecniche obbligatorie inerenti alle attività di cui al comma 1, ovvero specificamente previsti dal capitolato speciale d’appalto di lavori, sono disposti dalla direzione dei lavori o dall’organo di collaudo, imputando la spesa a carico delle somme a disposizione accantonate a tale titolo nel quadro economico.
Tali spese non sono soggette a ribasso. Con decreto del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, adottato su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici, sono individuati i criteri per la determinazione di tali costi. Difatti, se da un lato il correttivo appalti equipara i costi dell’attività di indagine sulle opere ingegneristiche alla stregua di costi per la sicurezza e quindi, come tali non ribassabili, le Ntc 2018 chiudono questo mercato ad un ristretto giro di operatori economici.
In merito ai Laboratori autorizzati, il cui elenco ufficiale è reperibile sul sito del Consiglio Superiori dei Lavori Pubblici, un semplice calcolo del loro attuale numero rispetto alla popolazione nazionale, testimonia che la loro diffusione sia di un solo Laboratorio ogni 450mila abitanti, quasi uno ogni mezzo milione di cittadini Italiani.
Se rapportato quindi, al patrimonio edilizio, infrastrutturale e monumentale del nostro Paese, la cifra appare ancor più irrisoria. Per di più c’è da osservare che la localizzazione dei Laboratori ex lege 1086/71 è avvenuta a partire dagli anni ’70 ad oggi, privilegiando le aree di espansione del sistema infrastrutturale ed edilizio italiano.
Pertanto, la maggior parte dei laboratori risulta ad oggi localizzato nelle aree metropolitane o in direttrice delle vie di comunicazioni autostradali, lasciando quasi scoperta un’area a forte sismicità quale quella appenninica.
I cittadini italiani residenti sulla dorsale appenninica oltre alla pericolosità sismica del proprio territorio devono, a causa di questa norma, fare i conti pure con la lontananza geografica dai Laboratori, con gravi conseguenze sociali ed economiche. Per di più: molti dei 100 laboratori italiani sono controllati dagli stessi soggetti (in forma partecipativa o in esclusiva proprietà) creando così di fatti gravi limitazioni alla libera concorrenza.
Insomma ce n’è abbastanza per inoltrare, così come avanzato da più parti, segnalazione all’Agcm (Autorità Garante delle concorrenza e del Libero Mercato). In conclusione appare evidente come le Ntc 2018, per quanto riguarda l’ambito dei controlli sul costruito e sui materiali, comportano:
- una limitazione della presenza sul mercato delle figure dei professionisti specializzati in diagnostica strutturale, con conseguente violazione del basilare principio – di matrice comunitaria prima ancora che di legislazione nazionale – della libera concorrenza. La diagnosi sugli edifici diverrebbe ad esclusivo appannaggio di un ristretto numero di soggetti (circa 100), che non sarebbero più posti in una condizione di concorrenza tra loro;
- un arretramento della ricerca scientifica nel settore della Diagnostica strutturale, proprio in virtù della mancanza della concorrenza tra aziende. Non ci sarà più l’interesse economico ad importare, così come si è fatto negli ultimi 15 anni, le tecnologie sviluppare in ambito biomedicale su scala della diagnosi delle strutture;
- difatti, si creerà una vera e propria privativa in capo ai Lavoratori e al personale degli stessi, che renderebbe impossibile l’affidamento di incarichi di diagnostica strutturale ad altri soggetti privati. Inoltre con la contemporanea dichiarazione contenuta nella recente revisione del Testo appalti (art. 111 del dlgs 50/2016), che ha sancito che il costo delle indagini è assimilabile a tutti gli altri costi della Sicurezza sui cantieri, ci troveremmo con il paradosso che i 100 Laboratori non solo saranno esclusivisti ma non saranno chiamati nemmeno ad effettuare ribassi nelle gare pubbliche per la caratterizzazione degli edifici esistenti.
Tale scenario, in forza delle palesi «distorsioni» e «lacune» sopra evidenziate, è talmente oggettivo da ingenerare il dubbio che esso possa costituire un vero e proprio obiettivo della revisione delle Ntc, ovvero il frutto di una ben precisa volontà del Legislatore tecnico, piuttosto che di una sottovalutazione della portata delle novità in discussione.
Non si spiega, diversamente, il perché si senta l’esigenza di precisare che una comune azione di campionamento di materiale debba essere eseguita da un laboratorio (che invece dovrebbero eseguire secondo la norma prove in laboratorio e non in situ) mentre operazioni ben più complesse, quali le tecniche di indagine non distruttive, non vengano regolate.
In tal modo un qualunque operatore, purché dipendente di un laboratorio, può campionare in situ un elemento strutturale, ma la stessa operazione sarebbe preclusa ad un esperto di diagnostica strutturale, ingegnere e architetto, anche se riunito in forma di impresa.
Inoltre appaiono davvero ridicoli i chiarimenti alle Ntc recentemente rilasciati dal Cslp ove, si sottolinea:
- che le prove non distruttive restano fuori dalla potestà dei laboratori
- che si auspica una autorizzazione ad hoc per il prelievo dei campioni.
Nascono spontanee delle domande: il Cslp pensa davvero che sottraendo ai diagnosti la possibilità di prendere dei campioni dalle strutture, questi ultimi avranno ancora un mercato? In altri termini hanno idea del fatto che seppur le prove non distruttive sono ancora «liberalizzate» nessuno mai sul libero mercato si rivolgerà a due diverse società per compiere un unico lavoro?
Inoltre, in merito all’autorizzazione specifica per il prelievo dei campioni non poteva, il Cslp, pensarci prima, invece che ingenerare il caos? Quanto pensano possano aspettare (meglio sarebbe dire sopravvivere) le imprese esistenti nel settore senza poter di fatto più operare?
Valga fare rilevare, infine, come tale impostazione sia contraddittoria anche con riguardo alle effettive esigenze di monitoraggio strutturale, specie degli stessi Enti Pubblici, i quali come noto, debbono procedere alla verifica, specie in termini di sicurezza, del cospicuo patrimonio immobiliare, con riguardo primariamente ai c.d. edifici «strategici» che servono la collettività in determinati settori «sensibili» (scuole, caserme, ospedali, sedi di uffici).
Non a caso, lo stesso Miur, nell’ambito della legge sulla Buona Scuola, ha emanato bandi sulla sicurezza delle scuole, ed ha indirizzato gli enti locali verso la diagnostica non distruttiva dei solai, per individuare in via predittiva problemi di sfondellamento dei solai, indicando proprio numerose tecniche di controllo non distruttivo.
Ciò conferma come non solo il mercato, non solo la comune sensibilità, ma la stessa pubblica amministrazione, hanno già aperto le porte alla diagnostica del costruito, riconoscendole una funzione fondamentale ai fini del raggiungimento delle finalità pubbliche espresse, in primis, dal dpr n. 380/2001 e pure dalle stesse Ntc.