Milano | Porta Romana

Villaggio Olimpico. A tempo di record

Procedono speditamente, con tre mesi di anticipo sui tempi stabiliti, i lavori di realizzazione in Porta Romana a Milano del quartiere che nel febbraio del 2026 ospiterà gli atleti delle discipline invernali. Il ruolo determinante della prefabbricazione off-site: travi e pilastri in acciaio, solai e rampe in calcestruzzo prefabbricato, tamponamenti esterni in legno XLam e cellule bagno prodotte in stabilimento. Imprese Edili racconta il cantiere
(L’ex scalo di Porta Romana a Milano; al centro, i sei edifici del Villaggio Olimpico che ospiteranno gli atleti per i Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali Milano Cortina 2026. Foto di Coima)

Testo di Pietro Mezzi

Tutto deve essere pronto per luglio 2025, sei-sette mesi prima della cerimonia di apertura dei XXV Giochi olimpici e paralimpici invernali Milano Cortina, in programma dall’11 al 26 febbraio del 2026 (le Olimpiadi paralimpiche inizieranno il 6 marzo per concludersi il 15; nda). Al momento, a detta degli stessi operatori, i lavori di costruzione degli edifici che a Milano ospiteranno gli atleti viaggiano con un anticipo di tre mesi sul programma stabilito. Stiamo parlando del Villaggio Olimpico, attualmente in fase di realizzazione nell’area ovest dell’ex scalo di Porta Romana, nella zona sud della città.
Siamo di fronte a un cantiere dal carattere innovativo dal punto di vista progettuale, tecnologico, organizzativo e gestionale, che Imprese Edili ha visitato e che qui racconta con interviste e approfondimenti.

(Gli edifici del Villaggio Olimpico visti dall’angolo di sud ovest di via Ripamonti. Foto di Coima)
Chi fa che cosa

Opera
Villaggio Olimpico
Località
Milano, ex scalo Porta Romana
Committente
Coima Sgr – Fondo Porta Romana
Lead devolopment manager
Coima Rem
Co development manager
Covivio
Progettazione architettonica
Skidmore, Owings & Merril
Progettazione esecutiva e architettonica
D&D
Progettazione strutturale e direzione lavori
Bcube
Progettazione impianti e direzione lavori
Planning
Progettazione prevenzione incendi
Acf, Antonio Corbo
Consulenza ambientale
Hpc Italia
Direzione artistica
Skidmore, Owings & Merril
Direzione lavori
Progetto Cmr
Certificazione Leed e sostenibilità
Greenwich
Collaudo strutture
Milano Engineering
Collaudo impianti
Advanced Engineering
Impresa appaltatrice
Rti – Cev (mandataria), Grassi e Crespi (mandante), Milani (mandante)
Direttore tecnico Rti
Claudio Foscaro (Cev)
Direttore Olympias
Claudio Foscaro
Direttore tecnico di cantiere
Andrea Quaglia (Cev)
Site manager
Greca Sollai (Tecnostrutture)
Strutture prefabbricate
Tecnostrutture
Tamponamenti esterni
Dolomiti XLam
Cellule bagno prefabbricate
Stone Bathwear

(Planimetria del progetto generale di trasformazione dell’ex scalo ferroviario di Porta Romana. A sinistra, in basso, gli edifici che ospiteranno prima gli atleti, poi gli studenti. Foto di Coima)

L’ex scalo diventa parte della città

Il Villaggio Olimpico è parte di un progetto di intervento di 190mila metri quadrati che si completerà a manifestazione sportiva conclusa con nuove residenze, un parco di grandi dimensioni, spazi pubblici e la foresta sospesa sul tracciato ferroviario esistente 

Il masterplan di intervento sull’area Romana nasce a cavallo tra il 2016 e il 2017 all’interno dell’accordo di programma quadro tra Ferrovie dello Stato, comune di Milano e Regione Lombardia, a valle di una consultazione pubblica e di un lavoro di progettazione di cinque importanti studi di architettura voluto da Fs Sistemi Urbani, fino ad allora proprietaria dell’area, per raccogliere idee sul futuro dei sette ex scali ferroviari cittadini: Farini, Porta Genova, Rogoredo, Greco-Breda, Lambrate e S. Cristoforo e, appunto, Porta Romana.

Il masterplan definitivo invece prende forma solo qualche anno dopo, nel 2021, a cessione delle aree avvenuta (190mila metri quadrati), acquistate da Coima, Covivio e Prada Holding per 180 milioni di euro.Ad aggiudicarsi il concorso internazionale di progettazione delle residenze degli atleti e della loro successiva trasformazione in student housing è lo studio statunitense Skidmore, Owings & Merrill.
L’area del Villaggio, posta nel quadrante ovest dell’ex scalo, tra piazzale Lodi e via Ripamonti, ha una superficie di 60mila metri quadrati: sarà un quartiere a impatto ambientale zero, ispirato ai criteri di progettazione degli edifici Nzeb. Verranno impiegati materiali riciclabili, riutilizzabili e compatibili con l’ambiente, mentre il progetto sarà orientato all’ottenimento della certificazione Leed Platinum.
Con la proposta degli architetti americani cambia in parte l’impostazione iniziale: i sei edifici avranno altezze inferiori a quelle previste dal piano generale, saranno posizionati ortogonali a via Ripamonti, ma soprattutto a cambiare sarà l’assetto urbanistico del futuro villaggio.

Il Villaggio Olimpico e i tre settori

L’impianto morfologico richiama e mantiene i fabbricati che hanno fatto la storia dell’area: edifici industriali e artigianali di ridotte dimensioni, distribuiti in diversi corpi di fabbrica.
Il piano terra, sia prima che dopo, avrà una vocazione prevalentemente pubblica.
La parte centrale dell’area è destinata a servizi e a funzioni proprie della fase olimpica, come l’accoglienza e la ristorazione, che saranno successivamente riconvertiti in servizi privati di interesse generale. Faranno parte di quest’area anche gli edifici industriali esistenti, che vengono conservati.
L’ultimo settore è la piazza olimpica, la cui destinazione sin da subito rimarrà pubblica.

Il quartiere dopo le Olimpiadi

Per trasformare il villaggio in studentato il cronoprogramma parla di soli quattro mesi dal termine della manifestazione sportiva.
L’idea progettuale è creare un ecosistema vivace, composto di abitazione studentesche, residenze, co-working, servizi privati di interesse pubblico e spazi pubblici. Un luogo di scambio e di incontro, capace di attrarre giovani, imprenditori e micro-aziende. Gli edifici lato parco e ferrovia nell’area della piazza olimpica saranno destinati a residenza libera e agevolata.

L’Olympic Village Plaza sarà la nuova piazza del quartiere, sulla quale si affacceranno i negozi e gli esercizi degli edifici previsti al piano strada, e nella quale si potranno organizzare mercati ed eventi.

Nell’aggiornamento del masterplan proposto allora dal team vincitore del concorso (Outcomist, Diller Scofidio + Renfro, PLP Architecture, Carlo Ratti Associati e Arup) vengono rafforzati gli elementi distintivi dello spazio pubblico: il parco centrale per garantire la continuità urbana, le connessioni pedonali e ciclabili, i corridoi verdi, le piazze pubbliche e la foresta sospesa sopra il tracciato ferroviario esistente.

(Vista dall’alto del cantiere nei primi mesi di lavoro. Foto di Coima)
(L’ingresso al nuovo complesso. Foto Coima)
(La lobby dello studentato. Foto di Coima)

Il cantiere? Un grande Lego

Claudio Foscaro | Direttore tecnico di Cev e della società consortile olimpia

Parla Claudio Foscaro, direttore tecnico di Cev e della società consortile Olimpia. Un architetto con un’esperienza ventennale in importanti imprese italiane. Imprese Edili gli ha chiesto di indicarci quali sono le armi vincenti di questo appalto. Ecco cosa ci ha risposto.

«Senza dubbio, l’arma vincente, visti i rigidi tempi dell’appalto, è stata la prefabbricazione, quella di tipo leggero proposta da Tecnostrutture. Pilastri, travi, solai e rampe scala sono tutti prodotti in stabilimento e montati in cantiere. Una soluzione tecnologica che conoscevamo e che, tra le atre cose, ci ha permesso di utilizzare le gru già presenti in cantiere. In opera, gettiamo solo i vani scala e ascensore».

Questa è stata la prima mossa vincente. La seconda?
«Abbiamo esteso la prefabbricazione off-site ad altri elementi, come i tamponamenti esterni in legno XLam e le cellule bagno. In questo modo, rispetto al tradizionale, abbiamo più che dimezzato il numero di ore-uomo necessarie a realizzare questa parte dell’opera».

Anche la progettazione ha avuto un ruolo importante…
«Certamente. L’aver ricondotto tutte le attività di progettazione all’interno del cantiere si è rivelata un’altra mossa azzeccata, che permette ai vari team di operare in modo coordinato e sinergico. Noi oggi in cantiere contiamo circa 150 operai e una cinquantina tra progettisti e tecnici. Quest’ultimo è un numero elevato, che sta a indicare il peso e l’importanza del lavoro intellettuale rispetto a quello manuale. Un risultato reso possibile dalla prefabbricazione spinta che ha trasformato il Villaggio Olimpico, almeno per questa prima parte dei lavori, in un cantiere di montaggio. In un grande Lego».

Lei sostiene che quella svolta sino ad oggi è tutto sommato la parte più semplice dei lavori. Quale sarà la più impegnativa?
«Quella svolta finora è senz’altro la meno complessa, perché la prefabbricazione ha semplificato e reso programmabili molte delle attività. Noi oggi abbiamo lavorato all’interno di un contesto industriale. Tra qualche mese, ultimate le strutture, ci attendono lavorazioni di tipo artigianale, con attività meno programmabili, più incerte, fatte di imprevisti e quindi di possibili ritardi. È su questa fase dei lavori che si dovrà concentrare la nostra attenzione per garantire il rispetto dei tempi e degli impegni contrattuali».

Architetto, esattamente in cosa consiste il suo lavoro?
«Volendo semplificare il mio compito è verificare che l’orologio di cantiere vada avanti e rispetti i tempi. Più nel dettaglio si tratta di avere uno sguardo rivolto in avanti, ai prossimi lavori, alla complessità di un cantiere di montaggio come questo. Ogni settimana mi occupo di verificare lo stato e la programmazione dei lavori, le attività delle imprese, il rispetto dei vari protocolli di legalità e della sicurezza in cantiere. Sono a capo di una struttura operativa al di sotto della quale figura il direttore di cantiere, a cui fanno riferimento i responsabili di ciascuno dei sei lotti di intervento. Una struttura rigidamente piramidale».

(Vista dall’alto del cantiere nei primi mesi di lavoro. Foto di Coima)

Lo stato dei lavori

Entrando in cantiere si percepisce subito la differenza da un cantiere tradizionale: meno manodopera presente e, invece, una lunga teoria di bilici che entrano ed escono per trasportare pilastri e travi in acciaio, solai in calcestruzzo, rampe scala prefabbricate, cellule bagno prodotte in stabilimento già impacchettate e pannelli di tamponamento in legno XLam, anch’essi realizzati in azienda.

È stata proprio questa scelta, quella della produzione off-site di gran parte delle strutture portanti e dei principali componenti delle sei palazzine che ospiteranno gli atleti, che ha permesso di mantenere il vantaggio di tre mesi accumulato grazie a un avvio lavori anticipato da fine marzo, come programmato, ai primi di gennaio. Un guadagno di tempo confermato pubblicamente dallo stesso Manfredi Catella, ceo di Coima, ai primi di ottobre in occasione di una cerimonia pubblica presenti i ministri di Sport e Infrastrutture.

(Una fase di avanzamento dei lavori strutturali di una delle palazzine. Tecnostrutture ha fornito pilastri, travi, solai e scale prefabbricate. Foto di Tecnostrutture)

Tutto gira in fretta in un cantiere come questo, con l’obbligo di consegna alla Fondazione Milano Cortina delle opere finite nel luglio del 2025, compresi gli spazi pubblici e il verde. Anche perché, come faceva notare il direttore tecnico del raggruppamento temporaneo di imprese, l’architetto Claudio Foscaro «la data delle Olimpiadi proprio non si può spostare…».

A cooperare in questa non proprio facile operazione ci sono tre imprese, costituite in Rti, Cev, Grassi e Crespi e Milani: le prime due impegnate nelle opere edilizie, la terza chiamata invece a realizzare tutta l’impiantistica.

(Per le sei palazzine sono stati impiegati 760 pilastri e 2.638 travi in acciaio. Foto di Tecnostrutture)
(Sono stati posati oltre 46mila metri quadrati di solai alveolari. Foto di Tecnostrutture)

Il pronti via è stato da finale di discesa libera: contratto d’appalto firmato il 22 dicembre e avvio immediato delle fondazioni e del primo solaio, seguito dai lavori di elevazione delle strutture prefabbricate delle palazzine, di otto piani ciascuna, più un interrato di 25mila metri quadrati che funzionerà come parcheggio delle auto, locali magazzino e tecnici e di servizi generali del nuovo quartiere. Il volume a quota meno uno sarà l’unica porzione del complesso a essere stata realizzata in tradizionale: tutto il resto delle strutture, che crescono giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, è frutto della produzione in stabilimento.

(Un’altra fase dei lavori di costruzione degli edifici. Foto di Tecnostrutture)

Alla metà di ottobre, nel cantiere del Villaggio ci lavoravano 150 persone, non molte se paragonate a un cantiere tradizionale: diventeranno 350 nel momento di massima presenza delle maestranze impegnate in lavorazioni di tipo tradizionale.

«La stima che abbiamo condotto all’inizio – aggiunge Foscaro – quando si trattava di scegliere se optare o meno per la prefabbricazione off-site, ci portava a dire che con il metodo tradizionale avremmo avuto punte massime di 500 persone in cantiere. Noi oggi, in 150, produciamo sei milioni di euro al mese di lavori. Cinque, quando eravamo in cento».

(La struttura degli edifici è interamente prefabbricata, ad eccezione dei vani ascensore e scala. Foto di Tecnostrutture)

Ma il difficile di un cantiere così complesso e dai tempi quasi da caserma, non è tanto sapere cosa accadrà la prossima settimana, ma aver già chiaro ora, ad esempio, che entro la fine dell’anno i lavori su murature e pavimenti saranno completati e che Tecnostrutture lascerà il cantiere in febbraio e che da quella data in poi si tornerà alle lavorazioni tradizionali. Il motto di Cev insomma è “anticipare tutto ciò che è possibile anticipare”.

Ma ciò che agita i sonni dei tecnici dell’impresa capogruppo è proprio questo: il passaggio alle lavorazioni classiche, quelle che incorporano molto lavoro, che prevedono molta più manodopera; lavorazioni caratterizzate da una maggior artigianalità, inevitabilmente meno precise, dove i rischi di errore sono più alti e dove si nascondono i possibili ritardi.

Un ultimo dato sugli approvvigionamenti: a ottobre 2023 era chiuso il 70% delle forniture, per fine anno la direzione tecnica prevede di arrivare al 90. Più o meno allo stop degli acquisti.

(Mentre ai piani superiori si armano le strutture, a quelli inferiori inizia la posa dei tamponamenti in legno XLam e delle cellule bagno prefabbricate. A fine lavori saranno stati posati 16mila metri quadrati di tamponamenti in legno di Dolomiti XLam)
Il successo dell’off-site

Franco Daniele | Presidente di Tecnostrutture

Tecnostrutture, che da poco ha festeggiato i suoi primi quarant’anni, è il principale fornitore del cantiere del Villaggio Olimpico di Porta Romana.

A Franco Daniele, suo fondatore e presidente, Imprese Edili ha chiesto di commentare il significato di questo intervento. Ecco cosa ci ha risposto. 

Presidente Daniele, cosa significa per voi questo cantiere?
«Sicuramente è stata ed è, in quanto i lavori sono tuttora in corso, l’occasione per dimostrare le nostre competenze progettuali, produttive e realizzative, accumulate in quarant’anni di lavoro nel settore».

Come definirebbe il rapporto con la committenza?
«Direi basato sulla trasparenza delle relazioni. Noi abbiamo recepito i bisogni della committenza in termini di tempistiche, flessibilità e sostenibilità dell’intervento e sulla base del nostro know-how e della credibilità accumulata, la committenza ci ha dato fiducia».

E con l’impresa?
«Abbiamo incrociato un’impresa che ha capito le potenzialità del nostro sistema costruttivo, capacità che potevano offrire chance importanti per affrontare i vincoli temporali e le garanzie di qualità richieste dal cliente. Posso affermare che c’è stata una coincidenza positiva di fatti, che sta permettendo al lavoro di procedere speditamente. E ciò è avvenuto da subito, già nella fase di valutazione pre-progettuale».

È anche la conferma della bontà della produzione off-site, giusto?
«Certamente. Se oggi possiamo registrare un anticipo di tre mesi sul cronoprogramma ufficiale, questo lo dobbiamo all’approccio innovativo che i lavori hanno imboccato fin dall’inizio. Un risultato impossibile da ottenere con un metodo di tipo tradizionale».

(Il sistema Nps di Tecnostrutture: travi e pilastri in acciaio riciclato all’83%. Foto di Coima)

Il sistema Nps di Tecnostrutture

Un ruolo centrale in questa complessa operazione lo gioca Tecnostrutture, l’azienda di Noventa di Piave con importanti cantieri in Italia e all’estero, impegnata a fornire pilastri, travi, solai e rampe prefabbricate.

Per la parte strutturale degli edifici è stato impiegato il sistema Nps, un sistema modulare completo e flessibile, che si compone di travi e pilastri misti acciaio-calcestruzzo, prodotti con acciaio riciclato fino al 93% e dotati di dichiarazione ambientale di prodotto (Epd). Sono realizzati in stabilimento, vengono montati in cantiere in totale autoportanza, non hanno la necessità di casserature e puntellazioni provvisorie: in questo modo il cantiere procede veloce. Dopo il getto di completamento, il sistema dà vita a una struttura mista, con caratteristiche aderenti ai livelli prestazionali previsti dagli Eurocodici e dalle norme italiane Ntc 2018.

Per gli edifici del Villaggio Olimpico, la fornitura della società veneta sarà pari a 760 pilastri, 2.638 travi, 46.500 metri quadrati di solaio alveolare e 240 tra rampe e pianerottoli prefabbricati.

Il lavoro di Tecnostrutture su ciascuna delle palazzine si ferma all’ultimo solaio: in copertura, infatti, verrà realizzata una struttura metallica a chiusura dell’edificio e a sostegno dei pannelli fotovoltaici. Un sottotetto tecnico che ospiterà gli impianti in origine collocati al piano interrato.

Degna di nota anche l’organizzazione dei lavori della parte impiantistica coordinata dall’impresa Milani: ciascuna delle sei palazzine ha una propria impresa specializzata che realizzerà le opere e un proprio responsabile, che risponde all’impresa mandataria. Questo per evitare eventuali intoppi di varia natura che potrebbero accadere a una delle imprese comandate a eseguire il lavoro: un rischio che un cantiere di questo tipo e con tempi così definiti non si può certo permettere. Da qui la riguida organizzazione, quasi militare.

Il ruolo di Dolomiti XLam e di Stone Bathwear

Altro ruolo importante nel ridurre i tempi di realizzazione del Villaggio Olimpico lo stanno giocando altre due aziende italiane: Dolomiti XLam di Trento e Stone Bathwear di Castiglione delle Stiviere.

(La fase di posizionamento dei pannelli in legno XLam. I pannelli vengono movimentati e poi posizionati con l’aiuto di un manipolatore industriale)

La prima sta fornendo e montando i pannelli di tamponamento in legno XLam su tutti gli otto piani delle sei palazzine (in totale sono 16mila metri quadrati). Un lavoro che segue come un’ombra l’avanzamento delle opere di Tecnostrutture. Si tratta i componenti in legno di 90 millimetri di spessore, che vengono posati e poi sigillati (all’intradosso è prevista una doppia lastra con un’intercapedine in lana di roccia; all’esterno un cappotto di 12 centimetri di spessore e un intonachino esterno di finitura a strisce orizzontali)

La novità dell’operazione di posa consiste nell’impiego, per la prima volta in un cantiere edile, di un manipolatore industriale, una specie di macchina, costruita ad hoc, impiegata prevalentemente nel settore dell’automotive, che aiuta l’operaio nella movimentazione e nella posa in opera di ogni singolo pannello. Una novità che riduce di un quarto i tempi di installazione, diminuisce l’impiego a un quarto della manodopera solitamente impiegata in cantiere e abbassa la fatica degli operatori.

Sull’altro fronte della prefabbricazione c’è Stone Bathwear. A cantiere finito l’azienda mantovana produrrà e consegnerà al Villaggio Olimpico più di 1.100 cellule bagno prefabbricate. Niente di nuovo per un’azienda che da oltre dieci anni produce cellule su misura, progettate con la tecnologia Bim. Per il cantiere di Porta Romana si è trattato realizzarle in stabilimento, trasportarle in cantiere già impacchettate nel cellophane, posarle provvisoriamente al piano stabilito e infine posizionarle definitivamente nei vani che i progettisti delle strutture hanno precedentemente definito. Qui, il lavoro dell’azienda lombarda termina, per lasciare il passo alle squadre di impiantisti coordinate dai tecnici della Milani, che procedono agli allacciamenti impiantistici.

(Art street di ScalodArts sulla cesata di cantiere di via Ripamonti)

La prefabbricazione vince

È questo il commento di due imprenditori impegnati, con le loro imprese, ai lavori di costruzione del Villaggio Olimpico. Due esperienze che vedono nella produzione in stabilimento l’approccio vincente per le costruzioni del futuro. I punti di vista di Albino Angeli, presidente e amministratore delegato di Dolomiti XLam di Trento, e Mirco Boldrini, ceo e fondatore di Stone Bathwear di Castiglione delle Stiviere.

Albino Angeli | Presidente e Ad di dolomiti Xlam

Presidente Angeli, qual è stata la novità di questo cantiere?
«Per noi la prefabbricazione in stabilimento è un marchio di fabbrica. Per il Villaggio Olimpico poi abbiamo sperimentato con successo un nuovo metodo di posa in opera dei nostri pannelli XLam».

Vale a dire?
«Per la prima volta in edilizia abbiamo applicato il montaggio automatizzato di componenti prodotti in stabilimento. Abbiamo cioè utilizzato un manipolatore industriale, una macchina automatizzata, in corso di brevettazione, che collabora con un nostro operatore nel posizionamento dei pannelli di tamponamento XLam. Un metodo di lavoro impiegato nell’automotive, che per la prima volta utilizziamo, ripeto con successo, in un cantiere italiano».

Vantaggi?
«Si lavora più velocemente e l’apporto di manodopera è ridotto a un quarto rispetto alla metodologia di posa tradizionale. Si lavora in sicurezza, diminuisce la fatica, si opera in un ambiente pulito».

Mirco Boldrini | Ceo e fondatore di Stone Bathwear

Boldrini cosa ha significato per la sua azienda lavorare nel cantiere di Porta Romana?
«Produrre cellule bagno prefabbricate è il nostro mestiere da oltre dieci anni. Progettiamo con il Bim e a Milano questo sistema di progettazione l’abbiamo sperimentato, con ottimi risultati, lavorando a distanza con gli altri progettisti».

Come avviene la vostra fornitura?
«Dal nostro stabilimento escono impacchettate le cellule bagno, che vengono trasportate in cantiere su indicazione delle site manager di Tecnostrutture. Lì vengono posizionate temporaneamente, per essere poi collocate nelle posizioni predefinite dal progetto. A quel punto il nostro lavoro è terminato. Tocca agli impiantisti provvedere agli allacciamenti agli impianti esistenti».

Quante saranno le cellule che fornirete?
«Alla fine saranno oltre mille e cento».

Uno dei team di Tecnostrutture; da sinistra, Cristina Colosso (progettista), Alessio Zaro (progettista), Maria Greca Sollai (site manager), Enrico Lazzarini (progettista) e Stefano China (direttore tecnico)

Dopo le Olimpiadi arriva lo studentato

Il Villaggio, progettato dallo studio di architettura statunitense Skidmore, Owings & Merril, rappresenta il primo tassello del progetto di rigenerazione urbana dell’ex scalo di Porta Romana: al termine della manifestazione sportiva sarà trasformato nel più grande studentato d’Italia, con circa 1.700 posti letto.

Obiettivo di entrambe le fasi costruttive, pre e post Olimpiadi, è raggiungere gli standard degli edifici Nzeb, impiegare materiali e componenti edilizi riusabili e riciclabili e ottenere le certificazioni Leed Gold e Wiredscore. Più del 60% dell’energia sarà prodotta grazie ai pannelli fotovoltaici in copertura, con una riduzione di CO2 del 40% per il riscaldamento e il raffrescamento.

Gli spazi a verde pubblico e attrezzato dell’area del Villaggio sono stati progettati dall’architetto Michel Desvigne, in coordinamento con il masterplan generale di Outcomist, la cui parte paesaggistica è curata dall’architetta statunitense Elizabeth Diller.

 

 

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