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Restauro delle strutture in calcestruzzo degradato

Il Dizionario enciclopedico del calcestruzzo, edito da Enco e scritto dall’ing. Mario Collepardi, è una versione aggiornata di precedenti edizioni che furono pubblicate tra il 1990 e il 2004. Il libro si suddivide in 9 Sezioni ciascuna delle quali contiene più Moduli. La sesta Sezione è dedicata al restauro delle strutture in calcestruzzo degradato.

Enco Engineering Concrete ha pubblicato online il Dizionario enciclopedico del calcestruzzo, una nuova versione aggiornata alla nuova norma nazionale Uni 11104 e alla norma europea Uni-En 206-1. Il capitolo 6 è dedicato al restauro delle strutture in calcestruzzo degradato.

Sulla base degli elementi emersi nella diagnosi del degrado delle strutture in calcestruzzo  è opportuno scegliere il materiale più idoneo per il restauro che sia in grado di resistere a quelle sollecitazioni di carattere chimico, fisico o meccanico alle quali il calcestruzzo originale non è stato in grado di resistere (M. Collepardi, S. Collepardi, J.J. Ogoumah Olagot, F. Simonelli e R. Troli, Diagnosi del degrado e restauro delle strutture in C.A, Seconda Ediz. Tintoretto, Villorba,TV, 2010).

Una prima distinzione tra i materiali da impiegare nel restauro può essere fatta tra prodotti a base di cemento, materiali polimerici , sali di litio, Frp o Frmc. Come è mostrato nell’immagine che segue, la scelta dei materiali per il restauro deve tener conto anche della tecnica esecutiva che s’intende adottare per il restauro.

Enco | Dizionario del calcestruzzo sezione 6.

Prodotti a base cementizia

Un primo requisito di questi prodotti è di essere resistenti all’attacco che ha provocato il degrado; per esempio, nel caso di un degrado per attacco solfatico, il materiale cementizio adottato per il restauro deve resistere a questo tipo di attacco.

Un secondo importante requisito dei prodotti a base cementizia riguarda l’adesione al substrato in calce- struzzo da riparare: da questo punto di vista il ritiro igrometrico  del materiale cementizio con cui si esegue il restauro provoca un distacco rispetto al substrato in calcestruzzo danneggiato che ha ormai scontato ogni ritiro e si presenta più stabile; la contrazione del materiale cementizio (malta o calcestruzzo), con cui eseguire il restauro, provoca il distacco dal substrato e/o la fessurazione del materiale da restauro esposto a tensione di trazione che superano la sua resistenza meccanica a trazione.

Per ovviare a questo grave inconveniente le malte o i calcestruzzi da restauro debbono contenere agenti espansivi per compensare il ritiro igrometrico e additivi antiritiro per rendersi quanto più indipendenti dall’accuratezza della stagionatura umida.

Altri componenti nei prodotti cementizi per il restauro del calcestruzzo

  • Cemento Portland ferrico a basso C3A, o ce- mento resistente ai solfati se si teme un degrado da attacco solfatico;
  • Fumo di silice per ridurre la penetrazione del cloruro  e la reazione Asr ;
  • Micro-fibre polimeriche  per ridurre le fessurazioni  provocate dal ritiro plastico;
  • fibre in acciaio per migliorare la resistenza all’urto;
  • Additivi superfluidificanti per ridurre il rapporto a/c e la permeabilità all’acqua;
  • Additivi aeranti in caso di strutture danneggiate dai cicli di gelo-disgelo.

Tre sono le possibili tecniche applicative di materiali cementizi:

  • malta con comportamento tixotropico applicata a spruzzo o a cazzuola;
  • malta o calcestruzzo colabile da introdurre tra vecchia struttura e cassaforma senza compattazione;
  • pasta cementizia a base di micro-cemento superfluida da iniettare nelle macro-cavità del calcestruzzo danneggiato.

In ogni caso prima delle varie applicazioni è necessario preparare la struttura da consolidare (scarificare il calcestruzzo danneggiato, saturare il sottofondo con acqua, pulire i ferri…).

Intervento a spruzzo o a cazzuola di malte tixotropiche

Enco | Preparazione del rivestimento.

L’intervento è destinato all’applicazione di malte espansive a consistenza plastica con comportamento tixotropico  per riparare grandi estensioni superficiali (pareti, volte, soffitti) di spessore relativamente ridotto (in genere da 2 a 4 cm).

L’intervento comprende: preparazione del sottofondo; produzione della malta; applicazione della malta; stagionatura del rivestimento.

Preparazione del rivestimento

In linea di massima è necessario che il sottofondo di calcestruzzo sul quale si deve applicare la malta da restauro si presenti sano, irruvidito e saturo di acqua. I ferri di armatura, inoltre, debbono essere privati della loro ruggine incoerente.

Enco | Pulitura dei ferri.

Occorre, pertanto rimuovere, mediante scarifica meccanica o idrodemolizione, il materiale danneggiato fino ad arrivare ad un calcestruzzo meccanicamente resistente e irruvidito.

Lo spessore di calcestruzzo rimosso dev’essere almeno eguale a quello che, in base alla diagnosi del degrado delle strutture in calcestruzzo, risulta essere ormai penetrato dagli agenti aggressivi (cloruro, solfato…) anche se ancora non completamente danneggiato; i residui di precedenti interventi non perfettamente aderenti, come anche oli, grassi, vernici superficiali, ecc., dovranno essere ugualmente rimossi; un irruvidimento ideale del sottofondo corrisponde a una superficie con asperità di circa 5 mm; pulire i ferri di armatura da polvere e ruggine incoerente mediante sabbiatura; applicare eventualmente nuovi ferri di armatura se previsti dal progetto di restauro.

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