Punti di Vista | Prof. Angelo Ciribini

Tanti Bim e molti Digital

Per il prof. Ciribini l'edizione 2019 di Digital&Bim Italia conferma che esistono tanti Bim e molti Digital, come tenerli assieme e dare loro un senso unitario è la sfida che aspetta gli organizzatori.

Provare a riassumere le conclusioni delle due giornate di Digital&Bim Italia 2019 è pressoché impossibile, poiché molte sono state le iniziative d’interesse e, di conseguenza, credo sia impossibile offrirne una rendicontazione esaustiva.

Angelo Luigi Camillo Ciribini | Professore Ordinario, Dicatam, Università degli Studi di Brescia.

Ciò che posso fare è solamente raccontare degli eventi che ho gestito personalmente: la parte di conferenza internazionale dedicata alle piattaforme digitali, agli ambienti di condivisione dei dati e ai gemelli digitali; l’arena rivolta alla digitalizzazione delle stazioni appaltanti e alle amministrazioni concedenti; il premio nazionale.

Prima di ciò, è opportuno avanzare alcune considerazioni di carattere generale sul fatto che le tre edizioni della manifestazione, considerando anche quella svoltasi all’interno del Saie 2018, abbiano evidenziato la presenza di una comunità di operatori ormai consolidata, ma relativamente elitaria rispetto ai numeri effettivi che il mercato potenzialmente presenta.

Essa, peraltro, appare ancora fortemente caratterizzata da professionisti della progettazione, molto meno da quelli della committenza oppure dagli imprenditori della esecuzione e della gestione dei lavori e delle opere.

Per prima cosa, l’offerta che si espone non è più ormai limitata agli applicativi hardware e software, bensì si estende ai servizi di consulenza organizzativa e legale.

Per quanto riguarda le tecnologie, oltre a soluzioni informatiche sempre più mirate, gli eventi del genere a cui la manifestazione bolognese appartiene mostrano automi, droni, macchinari interconnessi, componenti sensorizzati, stampanti, visori e quant’altro.

La dilatazione dello spettro di adozione, d’altra parte, vede edilizia, infrastrutture e reti, interventi di nuova costruzione e sul costruito, operazioni alla scala urbana e territoriale e micro interventi di riqualificazione.

Quello che, soprattutto, conta è l’estensione del tema a una migliore comprensione del dato, che diviene spesso semi strutturato o strutturato, leggibile o interpretabile dalla macchina, mettendo palesemente in evidenza la transizione dalla rappresentazione alla simulazione.

Non solo: i «linguaggi» che s’impongono per il migliore uso del dato, legati al Web e allo Internet of Things, mettono oggettivamente in crisi un approccio tassonomico rigido che ci appartiene storicamente come settore della costruzione e dell’immobiliare e richiedono competenze pertinenti all’ingegneria dell’informazione e della comunicazione che non consentono più un approccio autoreferenziale circoscritto al «Bim», i cui strumenti classici, a loro volta, richiedono di essere «aperti» nel senso sia delle Api sia della comprensione delle loro logiche di concezione e di funzionamento.

Del resto, alcune modalità di automazione della progettazione sono già in essere da tempo, così come strumenti di configurazione computazionale dei requisiti informativi.

Se, poi, aggiungiamo che il corpo scientifico e normativo abbia raggiunto un’elevata formalizzazione, non possiamo ignorare che si ponga un grande interrogativo relativo alle modalità e ai contenuti della comunicazione che nei prossimi anni rivolgeremo alla parte maggioritaria degli operatori che ancora ignorano la tematica, ma che prima o poi si riverseranno massivamente sull’argomento.

Può essere che gli approcci sofisticati risultino troppo elitari e, perciò, inintelligibili ai più, ma il rischio di una semplificazione che scada nella banalizzazione consiste nel fatto che una digitalizzazione acritica manchi clamorosamente la sfida principale, che prevede un salto concettuale dal prodotto al servizio immobiliare e infrastrutturale, nonché che strumentalizzi gli attori, li renda strumenti di un disegno più grande.

Ed è proprio su questo piano che si è svolta la conferenza internazionale nelle sessioni dedicata alla «piattaformizzazione», perché, di là di una forte tecnicalità inerente ai modelli di dati e ai criteri di loro strutturazione e trasmissione, il valore ultimo dell’ambiente costruito vede il cespite, in quanto tale, non più al centro dei business model: per quanto esso possa essere oggetto di un approccio integrato nel suo ciclo di concezione, di realizzazione e di vita.

Al centro sta, invece, il fruitore: solo che esso è un utente che nasce nell’ambito dei social media e che si trasferisce nel real world avendo come oggetto della transazione interattiva con l’immobile o con l’infrastruttura se stesso, le proprie esperienze, il proprio vissuto quotidiano.

È per questo che il cespite vale per la sua spazialità, in cui i comportamenti delle persone possono essere «misurabili», ma, per la stessa ragione, valgono, del prodotto fisico, specialmente, i modi di funzionamento e di guasto: strutturale, energetico, e così via. Si tratta di un settore, quello dell’ambiente costruito, che vivrà di ibridazioni dirompenti, esattamente come lo sono le logiche della rete e dell’interconnessione.

È per questa ragione che le piattaforme che si rivolgono esclusivamente al prodotto o alla catena di fornitura tradizionale, per quanto significative, poco influiscono su un passaggio epocale come quello della platformization e probabilmente andrebbero in gran parte lasciate alle dinamiche della libera concorrenza, ponendosi anche una verifica della congruità delle intenzioni dei principali competitori rispetto alle rappresentanze.

L’arena indirizzata alla amministrazione pubblica, che ha offerto molti esempi eccellenti d’implementazione a livello organizzativo, non solo procedimentale, dei processi digitali, ha posto, però, in risalto l’urgenza di adottare una politica sistemica di supporto, da agenzia, alle stazioni appaltanti e alle amministrazioni concedenti che non le lasci sole ad affrontare i livelli d’investimento organizzativo, formativo e strumentale che il decreto ministeriale, a sua volta legislativamente isolato, implica.

In assenza di una strategia precisa di digitalizzazione dell’amministrazione pubblica, sarà illusorio attendersi un’efficace azione di stimolo da parte della Domanda Pubblica.

Soprattutto, senza assicurare la continuità delle strutture informative che concerna le razionalità finanziarie e i criteri operativi delle commesse, non si potrà davvero conseguire uno degli obiettivi cruciali che il dato consente.

Gli esiti del premio nazionale hanno, infine, indicato che il fermento tra le giovani generazioni di studenti e di studiosi vada nella direzione di una comprensione del dato che sfugge ai visitatori digitali. La sessione finale dell’internazionale con i giovani protagonisti italiani della digitalizzazione sul mercato britannico è risultata, dunque, del tutto coerente con questa considerazione.

In definitiva, la trasformazione digitale è multi-dimensionale, comporta un gran numero di transizioni. Esistono tanti Bim e molti Digital: come tenerli assieme e dare loro un senso unitario è la sfida che aspetta gli organizzatori.

Prof. Arch. Angelo Ciribini
Dicatam, Università degli Studi di Brescia

Istantanee di alcuni momenti dell’evento Digital&Bim Italia 2019

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