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Rimbalzo post Covid per l’edilizia che continua a spingere il Pil italiano

Nel 2021 gli investimenti in edilizia sono cresciuti secondo il Cresme del 17,6% in valori costanti grazie soprattutto ai lavori di rinnovo nel comparto residenziale (+25,2%), incentivati dal Superbonus e dagli altri bonus fiscali, e dalle nuove opere pubbliche (+15,4%). Uno slancio significativo che non si arresterà nel 2022, anno per il quale il Centro di ricerche prevede un aumento degli investimenti stimato del 6,6%.

A contribuire alla crescita del settore del costruito nel 2021 e quasi certamente lo stesso farà nel 2022, paradossalmente è stato anche il lockdown del 2020 che ha portato gli italiani a notare i difetti tecnologici, estetici e distributivi delle proprie case e ha contratto i consumi delle famiglie molto più dei redditi, con una rapida crescita dei risparmi.

Insieme ha accresciuto la voglia di migliorare la situazione abitativa, di avere case più spaziose e confortevoli, magari in periferia, ma con maggiori superfici per balconi, terrazzi e verde.

Così, l’edilizia continua a spingere il Pil italiano, ma allo stesso tempo non sono poche le criticità che restano da affrontare per garantire una costante crescita della filiera delle costruzioni e dell’economia del Paese nel 2022.

Alcuni dei principali centri ed enti di ricerca italiani – quali Cresme, Istat ed Enea – hanno analizzato l’andamento del comparto edile del 2021, permettendo di ipotizzare uno scenario positivo per l’anno nuovo appena iniziato. Segnalando, al contempo, criticità e potenziali pericoli, che potrebbero anche interrompere la tendenza positiva dell’intera filiera.

Nel 2021 il mercato degli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio è accelerato velocemente: l’Istat segnala che la capacità di risparmio (che continua a crescere del +13,8% nel primo trimestre e del +9,4% nel 2° trimestre) si trasforma in capacità di investimento: +19% nel 1° trimestre e +57% nel 2° trimestre.

Molti degli interventi che precedentemente venivano svolti senza agevolazioni fiscali, con gli strumenti di cessione del credito e sconti in fattura, vengono assorbiti nell’ambito dei lavori incentivati.

Per le stime del Cresme, centro di ricerca di riferimento nazionale del settore, gli investimenti complessivi in riqualificazione edilizia, sommando edilizia residenziale e non residenziale, nel 2021 raggiungono quasi 100 miliardi di euro (99,3): 30 miliardi in più rispetto al 2020 e 24 miliardi in più rispetto al 2019.

I lavori di riqualificazione nella sola edilizia residenziale, secondo l’analisi del Cresme, ammontano a fine 2021 a 75 miliardi di euro (25 miliardi oltre il 2020 e 21 miliardi oltre il 2019). Questo è quanto riporta il “Rapporto annuale sull’impatto degli incentivi fiscali in edilizia” realizzato dal Servizio studi della Camera in collaborazione con il Cresme.

Le analisi svolte hanno determinato per il 2021 una spesa per investimenti incentivati pari a 51.242 milioni di euro. Un incremento considerevole rispetto ai periodi precedenti: il dato annuo dell’intero periodo 2013-2020 si aggirava intorno ai 28 miliardi, comprensivi di Iva (ad eccezione del 2015, anno in cui la spesa si ferma a 25,1 miliardi).

Nei 51,2 miliardi si contano tutti gli incentivi fiscali, compresi il Sismabonus, le agevolazioni ordinarie per singole unità immobiliari del 50% per le ristrutturazioni semplici e l’ecobonus al 65% e all’85%.

Il documento calcola infatti 36.817 milioni di lavori arrivati da “bonifici parlanti”, cui si aggiungono 14.425 milioni di lavori stimati come frutto della cessione dei crediti di imposta e dello sconto in fattura.

Nel 2021 gli investimenti in edilizia sono cresciuti secondo il Cresme del 17,6% in valori costanti grazie soprattutto ai lavori di rinnovo nel comparto residenziale (+25,2%), incentivati dal Superbonus e dagli altri bonus fiscali, e dalle nuove opere pubbliche (+15,4%). Uno slancio significativo che non si arresterà nel 2022, anno per il quale il Centro di ricerche prevede un aumento degli investimenti stimato del 6,6%.

Salvo che caro materiali e incremento dei costi energetici, insieme a continue variazioni dei Bonus del legislatore, frenino la possibile intensa crescita.

Negli ultimi mesi, infatti, i prezzi delle materie prime, dell’energia e del gas, aumentano di giorno in giorno generando instabilità per le imprese edili. E la tendenza non pare sia destinata ad arrestarsi almeno sino al terzo trimestre del 2022. La rinascita vissuta dal settore edile rischia, a causa di tali problematiche, un forte rallentamento.

Le imprese di costruzioni, per i contratti in corso si trovano a sopportare un consistente aggravio economico nella realizzazione delle opere. I rialzi dei prezzi delle materie prime, infatti, riducono i margini delle imprese, già fortemente compressi nel 2020, oltre al rischio concreto di un blocco generalizzato dei cantieri, nonostante gli sforzi profusi dalle imprese per far fronte agli impegni assunti.

La questione, se non risolta in tempo, potrebbe avere una forte ricaduta anche sulle opere del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nel caso tali attività non fossero terminate in tempo, si tratterebbe di un fatto con potenziali nefaste ricadute per la classe politica e per estensione per la classe dirigente e imprenditoriale del nostro Paese.

Ance ha più volte segnalato agli organi decisionali la necessità di trovare il prima possibile una soluzione al problema, attivandosi sin da subito per trovare, con il coinvolgimento dell’intero sistema edile associativo, una strada da intraprendere.

Da parte sua, l’associazione bresciana ha dato un considerevole contributo, in particolare individuando le principali percentuali di incremento rilevate, all’elaborazione del documento presentato al Governo, frutto di un lavoro di due mesi di ricerca.

Si è ottenuta così una specifica norma che prevede un meccanismo di compensazione a favore delle imprese per aumenti di prezzo, registrati nel primo semestre 2021, superiori all’8% per i lavori pubblici aggiudicati nel 2020, ed eccedenti il 10% se riferiti agli anni precedenti.

In attuazione della norma è stato pubblicato un decreto in cui sono indicati i 36 materiali che hanno subito forti aumenti di prezzo nel primo semestre 2021, per i quali saranno conosciute le compensazioni.

Il decreto ministeriale che è stato emanato, avendo in realtà operato una media tra i valori forniti da diverse fonti (Ance, Provveditorati, Unioncamere e Istat) non ha recepito completamente i rincari del mercato. Una conquista che lascia l’amaro in bocca e che mantiene ancora irrisolto il caso “caro materiali”, mentre le risposte tardano ad arrivare.

di Adriano Baffelli

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