Costruire in Laterizio | Camogli, Genova

Trattamenti consolidanti di mattoni in ambiente marino

Il restauro del complesso abbaziale di San Fruttuoso di Capodimonte in Camogli (Genova) ha permesso l’avvio di una sperimentazione di prodotti consolidanti per la conservazione di pietre e mattoni in ambiente marino, che è stata alla base delle relative scelte di cantiere.

CIL 180 – Nell’ambito del progetto di conservazione dell’abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte in Camogli (Genova), il Fondo per l’Ambiente Italiano (Fai), attuale proprietario del bene, nel 2013 ha avviato una collaborazione con il Dipartimento Architettura e Design (DAD) dell’Università degli Studi di Genova, per la definizione dei migliori e più appropriati metodi, tecniche e prodotti per la conservazione delle superfici litiche e fittili che caratterizzano la maggior parte del complesso abbaziale, al fine di orientare alcune scelte progettuali1.

1. Fronte mare dell’abbazia benedettina di San Fruttuoso di Capodimonte sul promontorio di Portofino a Camogli (Genova).

Lo studio è stato realizzato da un gruppo di ricerca appositamente organizzato dal DAD2 e si è articolato in tre fasi di lavoro, tra il 2013 e il 2016, nelle quali si sono avvicendate caratterizzazioni dei materiali e diagnosi, sperimentazioni in situ e analisi di laboratorio mentre, parallelamente, il FAI stava progettando e realizzando gli interventi di restauro3 della torre nolare e del fronte mare dell’abbazia [1].

Sulla base di questa esperienza, il presente contributo focalizza l’attenzione sulla sperimentazione in cantiere di alcuni trattamenti consolidanti applicati sui mattoni che formano le volte su cui si imposta il corpo dell’abbazia fronte mare (fig. 1).

2. Localizzazione del complesso abbaziale all’interno del Parco naturale regionale di Portofino.

Il complesso di San Fruttuoso è un monastero benedettino le cui origini sembrano potersi attribuire alla traslazione delle reliquie del santo da Tarragona (Spagna), conquistata dagli Arabi nell’VIII secolo. Dopo un notevole sviluppo in età ottoniana (X secolo), una parziale ricostruzione nell’XI secolo e un ampliamento verso mare nel XIII secolo, le vicende del complesso religioso si intrecciarono con quelle della nobile famiglia genovese dei Doria che, a partire dal Cinquecento, resse l’abbazia per quasi tre secoli [2, 3].

Nel 1983, dopo due importanti interventi di restauro entrambi eseguiti nel corso del Novecento, i discendenti della famiglia Doria Pamphilj donarono il monastero al FAI che ancora oggi ne cura la gestione, la valorizzazione e la conservazione (Property Manager Arch. A. Capretti).

3. Il fronte mare con il portico coperto da volte in pietra e mattoni (rilievo e fotopiano forniti dall’ufficio tecnico del FAI). In figura sono riquadrate in rosso le aree di sperimentazione dei prodotti.

Il complesso, in parte a destinazione museale, è ubicato nel Parco naturale regionale di Portofino (SIC – Sito di Importanza Comunitaria), in una baia del promontorio nel tratto di costa tra Camogli e Portofino, località raggiungibili da San Fruttuoso solo via mare o percorrendo sentieri escursionistici di varia difficoltà (fig. 2).

4. L’area della sperimentazione in cantiere con le evidenti stratificazioni e l’impiego di mattoni differenti (rilievo e fotopiano forniti dall’ufficio tecnico del FAI). In figura è riquadrata in rosso l’area di sperimentazione dei prodotti e sono riportati i punti di prelievo dei campioni.

L’abbazia sorge sulla spiaggia e, soprattutto il fronte mare, è direttamente esposto all’azione marina con conseguenze evidenti sullo stato di conservazione dei materiali e degli elementi costruttivi. Anche per questo motivo, nel corso del tempo, il fronte ha subito numerosi interventi di manutenzione e restauro che hanno determinato superfici pluristratificate costituite da materiali di provenienza diversa e caratterizzate da un differente stato di conservazione.

Una delle parti più esposte è la parte bassa del fronte mare, soprattutto le quattro arcate in calcare marnoso che si fondano direttamente sulla spiaggia e che, in occasione delle frequenti mareggiate, sono raggiunte non solo dagli spruzzi di acqua di mare ma anche dalle onde.

Le arcate a sesto acuto e policentriche si aprono su un portico coperto da volte a botte di pietra e mattoni sulle quali si impostano le aule dell’abbazia che oggi ospitano un piccolo museo (fig. 3). I mattoni delle volte erano particolarmente degradati, così come le malte, e necessitavano di interventi di consolidamento superficiale. È su questi ultimi che si è concentrata l’attività di ricerca.

La sperimentazione di prodotti per il consolidamento superficiale dei mattoni è stata articolata in due diverse fasi: la prima incentrata sulla ricognizione bibliografica del materiale edito inerente casi analoghi di consolidamento di mattoni in ambiente marino e la seconda di sperimentazione in cantiere e di valutazione dell’efficacia di alcuni prodotti attualmente in commercio.

5. Dettaglio dei punti di prelievo dei campioni (prospetto nord,
seconda campata, vista 6).

Ricognizione bibliografica e di mercato

Per uno stato dell’arte relativo all’impiego di prodotti consolidanti per laterizi, sono state consultate fonti bibliografiche, sia di taglio scientifico, sia divulgativo e didattico, con particolare attenzione ai casi di applicazione in ambiente aggressivo, così come è quello marino4. Per acquisire il maggior numero di dati utili alla successiva sperimentazione, sono stati presi in considerazione sia casi analoghi di esperienze di cantiere sia sperimentazioni esclusivamente di laboratorio.

Questa prima parte della ricerca ha avuto l’obiettivo di individuare casi analoghi confrontabili ma soprattutto i prodotti maggiormente utilizzati, nonché i metodi di verifica in cantiere dell’efficacia degli interventi e degli eventuali effetti collaterali. A fronte di una ricca e recente letteratura sui temi della caratterizzazione e del consolidamento delle strutture murarie in mattoni, il tema del consolidamento superficiale è poco presente nella letteratura più recente.

È invece un tema affrontato da diversi contributi negli anni Novanta del Novecento, quando anche l’ottava edizione del Convegno di Scienza e Beni Culturali5 fu dedicata a Le superfici dell’architettura: il cotto, caratterizzazioni e trattamenti [4-7]. Risale, infatti, a questi anni la maggior parte delle fonti relative al consolidamento superficiale6 [8-9]. In anni successivi, non sono molti i lavori pubblicati che hanno trattato il tema [10-14] e soprattutto sono davvero pochi quelli che si sono occupati di mattoni in ambienti aggressivi, come quello marino [15-16].

6. I sette tipi di mattone riconosciuti con le relative forme di degrado.

In generale, dai dati raccolti è emerso che i consolidanti per mattoni più utilizzati sono di natura silicea (silani e polisilossani), che sembrano garantire sia una buona penetrazione superficiale sia una buona adesione tra prodotto e supporto, senza provocare nel tempo fastidiosi fenomeni di sbiancamento, formazione di patine e pellicole.

Contemporaneamente alla ricognizione bibliografica è stata effettuata una verifica relativa ai prodotti consolidanti attualmente in commercio in Italia, con l’obiettivo di ampliare la gamma di prodotti da considerare per la successiva fase di sperimentazione e acquisire dati tecnici in vista della selezione dei prodotti da utilizzare nel caso di studio. Alla luce delle informazioni reperite si è scelto di sperimentare prodotti appartenenti a due grandi famiglie: i nano-materiali e i silicati.

7. Immagini al microscopio ottico-stereoscopico (10x) di micro-campioni prelevati da mattoni appartenenti alle sette diverse tipologie (foto di R. Ricci) .

Sperimentazione in cantiere

La sperimentazione ha riguardato una porzione limitata, ma rappresentativa, dei materiali e del loro stato di degrado, delle volte presenti al livello spiaggia (fig. 4). Preliminarmente alla fase di sperimentazione, le volte sono state studiate per individuarne la complessa stratificazione e per caratterizzarne i materiali (pietre, mattoni e malte), attraverso analisi mineralogico-petrografica e tessiturale di micro-campioni rappresentativi7prelevati nelle differenti zone delle volte stratificate (fig. 5-6). 

Sono stati così individuati sette tipi di mattoni in base alle loro caratteristiche composizionali che vedono l’utilizzo di argilla e aggregato di natura differente mescolati in quantità diversa (fig. 6-7). Alle differenze di composizione erano facilmente associabili diverse tipologie di degrado ma soprattutto differenti livelli di conservazione: alcuni mattoni erano molto erosi ma presentavano impasti assolutamente coesi, altri avevano perso anche più di un centimetro di superficie in profondità e continuavano a perdere materiale anche sotto una leggera pressione delle dita.

Polverizzazione, disgregazione, scagliatura, erosione e fratturazione non si manifestavano in modo diffuso ma erano riconducibili ai sette tipi di mattoni riconosciuti e, dunque, associabili a specifiche composizioni (tab. 1).

Dal momento che i prodotti consolidanti sono utilizzati per problemi di polverizzazione e disgregazione superficiale, la scelta in un primo tempo, è stata quella di considerare solo le tipologie di mattoni che presentavano tali problematiche di degrado (tipi I, II, V e VI), escludendo dalla sperimentazione i mattoni solo erosi, fratturati e scagliati per i quali sarebbero stati altri gli interventi da realizzare (tipi III, IV e VII).

8. L’impacco desalinizzante nella zona oggetto di sperimentazione
in cantiere.

Inoltre, la sperimentazione è stata effettuata solo su elementi con un livello di conservazione che non fosse né troppo compromesso né ottimale, in modo tale da riuscire ad ottenere risultati apprezzabili (tipi I e II). Si è scelto, infine, di applicare i prodotti su mattoni localizzati in una zona abbastanza circoscritta, per poter valutare con facilità, in una prima fase di osservazione effettuata anche in modo comparativo, gli eventuali effetti legati al consolidamento superficiale.

La fase di applicazione dei prodotti consolidanti è stata preceduta dalla preparazione della porzione di muratura della volta, eseguita dalla restauratrice mediante pulitura meccanica a pennello e nebulizzazione manuale di acqua demineralizzata per rimuovere i depositi superficiali incoerenti e con impacchi di cellulosa in fogli a quattro veli per l’estrazione dei sali solubili (fig. 8).

L’impacco desalinizzante è stato lasciato agire per circa una settimana e, solo a seguito della sua rimozione, del successivo risciacquo e asciugatura8, sono stati applicati dalla restauratrice i prodotti consolidanti scelti, ognuno secondo le indicazioni del produttore in singola mano, a pennello fino a rifiuto (tab. 2).

I prodottisperimentati in cantiere sono stati: nanocalce, nanosilice, silicato di etile, silicato di etile e polisilossani oligomeri, polisilicato di litio, definendo così per ogni tipo di mattone cinque aree di intervento (fig. 10).

9. Area di intervento suddivisa in base ai prodotti applicati, indicati dai colori.
I numeri si riferiscono ai mattoni trattati
con i prodotti consolidanti.

Risultati ottenuti e prime conclusioni

Un prodotto consolidante, secondo le Raccomandazioni Normal 20/8510, deve:

  • essere uniformemente assorbito fino a raggiungere il substrato sano;
  • migliorare la coesione del materiale degradato e l’adesione tra questo e il substrato sano;
  • migliorare la resistenza meccanica a forze applicate dall’esterno e a tensioni interne provocate da processi di cristallizzazione;
  • conservare inalterati l’aspetto e i valori cromatici del materiale;
  • non provocare variazioni significative di permeabilità al vapore acqueo, dilatazione termica e modulo elastico;
  • non provocare la formazione di sottoprodotti secondari dannosi;
  • essere reversibile anche a distanza di tempo o almeno permettere alla superficie di essere ritrattata.

In sede di cantiere è stato possibile valutare l’efficacia dei prodotti consolidanti in merito al secondo e terzo punto con prove di abrasione superficiale, di incisione con bisturi e di penetrazione con punta di acciaio. Sono state inoltre valutate in modo empirico, per confronto macroscopico tra parti trattate a parti non trattate adiacenti, eventuali alterazioni cromatiche e variazioni nell’aspetto dei mattoni (quarto punto).

Il confronto dei dati permette di concludere che, nel caso di studio: la nanocalce ha fornito solo un limitato miglioramento della coesione superficiale, lasciando però ancora ampie zone di polverizzazione. Ciò fa supporre un assorbimento non uniforme da parte dei mattoni. Inoltre non sembra apprezzabile, almeno a livello empirico, una presumibile migliore penetrazione del prodotto diluito in alcool isopropilico.

La nanosilice ha fornito esiti migliori, rispetto a quelli della nanocalce, soprattutto nella diluizione 1:1 in acqua demineralizzata, tuttavia sono risultati macroscopicamente evidenti sbiancamenti della superficie di tutti i mattoni trattati. Fastidiosi sbiancamenti superficiali si sono manifestati anche con una maggiore diluizione del prodotto (pari a 1:2) evidenziando un limitato assorbimento da parte dei mattoni.

Il silicato di etile ha manifestato un buon miglioramento della coesione e della resistenza, paragonabile a quello della nanosilice, senza presentare però l’inconveniente dello sbiancamento superficiale, nemmeno nella stesura tal quale, senza diluizione. Tuttavia sembra che a una maggiore porosità del mattone corrisponda una minore efficacia del prodotto che probabilmente dovrebbe essere steso in più mani.

Il polisilicato di litio è risultato il prodotto che più di tutti ha incrementato la resistenza all’abrasione, all’incisione e alla perforazione e, inoltre, ha conservato inalterati l’aspetto e i valori cromatici dei mattoni, almeno a una visione macroscopica. Il silicato di etile e polisilossano oligomero non ha permesso di osservare un miglioramento sensibile, lasciando diffusi fenomeni di disgregazione e polverizzazione superficiale dei mattoni trattati.

servizio a cura di Rita Vecchiattini, ricercatore Dipartimento Architettura e Design Scuola Politecnica Università degli Studi di Genova e Francesca Segantin, architetto specialista dei beni architettonici e del paesaggio, phd in conservazione dei beni architettonici

Note

  1. Nel 2013 il contratto di ricerca ebbe come oggetto la sperimentazione di prodotti consolidanti e protettivi su calcare marnoso in ambiente marino (responsabili scientifici: proff. S.F. Musso e R. Vecchiattini). Nel 2015 un secondo contratto di ricerca ebbe come oggetto la sperimentazione di prodotti consolidanti su mattoni e di prodotti di riadesione su calcare marnoso (responsabili scientifici: proff. S.F. Musso e R. Vecchiattini).

2. Il gruppo di ricerca, era costituito dalla restauratrice M.L. Carlini, dagli arch.tti C. Moggia e F. Segantin oltre che , relativamente alle specifiche tematiche di conservazione, dai responsabili scientifici dei contratti, che, relativamente alle specifiche tematiche di conservazione, hanno lavorato con la consulenza della prof.ssa S. Vicini e M. Mauri (DCCI-UniGe), della Dott.ssa A. Mairani (SABAPL), del Dott. R. Ricci (ISCUM), dei Dott. F. Fratini, S. Rescic e C. Riminesi (CNR-ICVBC), della prof.ssa F. Cappitelli (DeFENS-UniMi).

3. I progetti di restauro, redatti dall’ufficio tecnico del FAI (Arch.tti P. Candiani, N. Sanitario e R. Segattini), sono stati realizzati in momenti successivi dalle Imprese Formento Restauri srl (torre nolare) e Magistri srl (fronte mare).

4. Le informazioni, reperite anche attraverso l’uso di motori di ricerca scientifici, sono state inserite e organizzate in un database informatico, consultabile e interrogabile da tutti gli operatori coinvolti nel progetto.

5. Il Convegno, organizzato annualmente fin dal 1985 dall’Associazione SBC – Scienza Beni Culturali, costituisce ancora oggi un importante appuntamento nell’ambito del restauro in cui si confrontano su temi di attualità restauratori, docenti universitari, funzionari pubblici, liberi professionisti e specialisti nei diversi ambiti riconducibili al restauro.

6. Si veda, ad esempio, la rubrica “Dall’Industria” in Costruire in Laterizio dal n. 19, 1-2 (1991) al n. 41, 9-10 (1994).

7. L’analisi mineralogico-petrografica e tessiturale dei campioni di mattone è stata eseguita al microscopio ottico stereoscopico dal geologo dott. R. Ricci.

8. Prima della stesura dei prodotti consolidanti è stata verificata l’asciugatura dei mattoni eseguendo misure di umidità superficiale e sub-superficiale.

9. Si ringraziano le ditte produttrici, delle quali si omette volutamente il nome, per aver fornito i prodotti consolidanti utilizzati per la sperimentazione.

10. Le Raccomnadazioni Normal 20/85 riguardano Interventi Conservativi: progettazione, esecuzione e valutazione preventiva. Sono indicate le metodologie da adottare in laboratorio e i criteri da seguire per la valutazione dei risultati delle diverse fasi di intervento riferite a metodi di pulitura, di incollaggio e stuccatura, di consolidamento e di protezione.

Riferimenti Bibliografici

[1] R. Vecchiattini, F. Fratini, S. Rescic, C. Riminesi, S. Vicini, The marly limestone, a difficult material to restore: the case of the San Fruttuoso di Capodimonte Abbey (Genoa, Italy), Journal of Cultural Heritage, 34 (2018) 1-12.

[2] D. L. Borromeo (Ed.), Abbazia di San Fruttuoso, Il Faggio, Milano, 2013.

[3] C. Dufour Bozzo (Ed.), Sentieri sacri sul monte di Portofino, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (Milano), 2010.

[4] G. Biscontin, G. Driussi, G. Ferrari, E. Zendri, La protezione delle murature in mattone con silani: le mura di Ferrara, in: Biscontin G., Mietto D. (Eds.), Le superfici dell’architettura: il cotto, caratterizzazioni e trattamenti, Atti del Convegno di Studi Scienza e Beni Culturali, Bressanone 30 giugno-3 luglio 1992, Libreria Progetto, Padova, 1992, pp. 753-763.

[5] M.G. Castellano, R. Antonucci, G. Moriconi, M. Collepardi, Considerazioni sul degrado delle superfici in mattoni a vista: la mole vanvitelliana di Ancona, in: Biscontin G., Mietto D. (Eds.), Le superfici dell’architettura: il cotto, caratterizzazioni e trattamenti, Atti del Convegno di Studi Scienza e Beni Culturali, Bressanone 30 giugno-3 luglio 1992, Libreria Progetto, Padova, 1992, pp. 347-355.

[6] G. Ghini, S. Gizzi, Problemi storici e di conservazione di mattoni e antefisse dell’area sacra del Santuario di Diana a Nemi, in: Biscontin G., Mietto D. (Eds.), Le superfici dell’architettura: il cotto, caratterizzazioni e trattamenti, Atti del Convegno di Studi Scienza e Beni Culturali, Bressanone 30 giugno-3 luglio 1992, Libreria Progetto, Padova, 1992, pp. 305-320.

[7] R. Ingoglia, A. Scala, S. Netti, P. Bolognesi, A. Pasetti, G. Moggi, Protezione del laterizio con polimeri fluorurati, in: Biscontin G., Mietto D. (Eds.), Le superfici dell’architettura: il cotto, caratterizzazioni e trattamenti, Atti del Convegno di Studi Scienza e Beni Culturali, Bressanone 30 giugno-3 luglio 1992, Libreria Progetto, Padova, 1992, pp. 421-428.

[8] M. Pearce, S. Meloni, M. Setti, N. Genova, M. Oddone, A. Muggia, A multidisciplinary investigation of Roman bricks from the Torre Civica –Pavia (NW Italy), Science and Technology for Cultural Heritage, 5 (2) (1996) 19-28.

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[11] E. Defreece, N. Sherry, A.E. Charola, Coating on brick masonry: are they protective or can they enhance deterioration?, Journal of the American Institute for Conservation, 46 (2007) 39-52.

[12] A. Marino, M. Matteini, F. Fratini, Riflessioni critiche e nuove sperimentazioni sui trattamenti protettivi e consolidanti a base di ossalato di calcio artificiale, in Biscontin G., Mietto D. (Eds.), Il consolidamento degli apparati architettonici e decorativi, Atti del Convegno di Studi Scienza e Beni Culturali, Bressanone 10-13 luglio 2007, Libreria Progetto, Padova, 2007, pp. 99-108.

[13] D. Pittaluga, Consolidare le cortine murarie e gli apparati decorativi in laterizio, in Biscontin G., Mietto D. (Eds.), Il consolidamento degli apparati architettonici e decorativi, Atti del Convegno di Studi Scienza e Beni Culturali, Bressanone 10-13 luglio 2007, Libreria Progetto, Padova, 2007,
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[14] E. Tesser, L. Lazzarini, M. Verità, R. Falcone, Caratterizzazione chimico-fisica dei mattoni gotici veneziani, Science and Technology for Cultural Heritage, 21(1-2), (2012) 63-88.

[15] G. Baronio, L. Binda, Sulla durabilità dei laterizi in ambiente aggressivo, in Atti del 6th Congresso Internazionale sulle Murature in Mattoni I.B.Ma.C., Roma 16-19 maggio 1982, Laterconsult, Roma, 1982, pp. 1554-1566.

[16] G. Baronio, L. Binda, Influenza dell’ambiente aggressivo sulle murature in mattoni: studi di alcuni fenomeni, in Buti A., Galliani G.V. (Eds.), Atti del Convegno Riabitat. Informazioni sul recupero, Genova 8-12 maggio 1985, Sagep, Genova, pp. 235-238.

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