Esterni | Restauro conservativo

Facciate restituite alla bellezza originaria

Su progetto dell’arch. Leonardo Angelini, a Bergamo, l’intervento sulle facciate della Chiesa di S. Benedetto è stato eseguito dall’Impresa Edile Brignoli di Paleari, di cui fa parte Federico Bacis, che ha coordinato collaboratori e maestranze, e da Arco snc, che sotto la direzione di Marco Virotta ha condotto le opere conservative.

«Pare strano al visitatore, al passante, che monumenti abitualmente osservati o talvolta visti senza essere notati, possano non essere immoti e per sempre, ma siano anch’essi soggetti a malattia. L’aspetto affascinante ed entusiasmante della nostra attività̀ è che vi è sempre una cura che rende, se lo vogliamo e ne siamo capaci, i nostri pazienti immortali». Con queste parole l’arch. Leonardo Angelini racconta l’intervento da lui diretto a Bergamo per il restauro delle facciate della chiesa di San Benedetto.

La zona della facciata prospiciente via Botta ove si verificarono i primi crolli di porzioni di ornamento in cotto.
La zona della facciata prospiciente via Botta ove si verificarono i primi crolli di porzioni di ornamento in cotto.
arch. Leonardo Angelini
arch. Leonardo Angelini

«L’intervento di restauro si rese necessario e improrogabile, al verificarsi di distacchi con caduta al suolo di parti di laterizio costituenti elementi ornamentali in cotto alla sommità̀ della lesena di sinistra che conclude il fronte prospiciente via Botta, evidente segnale del processo di degrado in atto. L’accelerazione del fenomeno disgregativo fu causata, nel successivo inverno dalla progressiva compromissione dell’efficace protezione della copertura in coppi posta a riparo degli elementi decorativi in cotto, con conseguente infiltrazione delle acque meteoriche e sgretolamento della malta di allettamento del laterizio.
Dalle prime osservazioni condotte si evidenziarono ulteriori infiltrazioni d’acqua all’interno della chiesa in corrispondenza della cupola centrale. Si procedette tempestivamente alla messa in sicurezza della pubblica via e alla stabilizzazione degli elementi in fase di distacco mediante ponteggio di protezione e puntellazione dei cornicioni in cotto. Grazie alla presenza del ponteggio fu possibile procedere alle verifiche complessive sullo stato di conservazione dei fronti e fu concordato con il monastero di San Benedetto di dare corso a un intervento sistematico, finalizzato a un restauro completo dei fronti prospicienti via Botta e via Sant’Alessandro, oltre che del tiburio ottagonale e delle coperture
».

Particolare della sommità della lesena con elementi in fase di distacco.
Particolare della sommità della lesena con elementi in fase di distacco.

Caratteristiche architettoniche e costruttive. La chiesa di San Benedetto, luminoso esempio dell’architettura rinascimentale di Pietro Isabello, fu realizzata nella prima metà del XVI secolo sulle vestigia di un edificio precedente, si ritiene una chiesa di dimensioni inferiori connessa all’adiacente monastero. L’attuale monastero ebbe origine dal trasferimento delle suore di Santa Maria di Valmarina, che alla metà del XV secolo costituirono una nuova comunità̀ monastica all’interno della città, per motivi di sicurezza.
La facciata è caratterizzata da fronti tripartiti scanditi da quattro lesene, che spiccano dal basamento di pietra con cordolo in arenaria di completamento e si concludono con due importanti fasce decorative in cotto, sopra le quali si forma il timpano, anch’esso ornato con cornici in cotto. Centrale rispetto al fronte su via Sant’Alessandro e ortogonale rispetto all’asse longitudinale della chiesa si apre il portone d’ingresso in arenaria con appena accennato protiro.

Il fronte prospiciente via Sant’Alessandro prima del restauro.
Il fronte prospiciente via Sant’Alessandro prima del restauro.

Approccio al progetto di restauro. Dalle osservazioni condotte inizialmente si sono constatati diversi fenomeni di degrado intervenuti nel tempo; da subito parve evidente che alcuni elementi che costituivano l’aspetto esteriore dei fronti progettati e realizzati dall’Isabello erano totalmente perduti, mentre altri erano conservati in misura maggiore o minore. Le valutazioni condotte nella prima fase suggerirono un intervento di natura squisitamente conservativa dei manufatti e una correzione degli interventi di restauro eseguiti in passato, ritenuti impropri per metodologia o alteratisi nel tempo.

Il grave degrado della cornice di arenaria della zoccolatura.
Il grave degrado della cornice di arenaria della zoccolatura.

Elementi costruttivi e stato di conservazione | Basamento in pietra. Il basamento su cui poggia l’edificio, costituito da pietre squadrate, presentava un evidente attacco biologico con formazione di muffe e microorganismi vegetali.

Cornice in pietra arenaria dello zoccolo. La pietra era in stato di gravissimo degrado, con perdita quasi totale del modellato a causa di continue erosioni, esfoliazioni e scagliature con distacchi causati dalla presenza di umidità, provocata dalle piogge meteoriche e dalle conseguenti soluzioni di continuità̀ all’interno della pietra per fenomeni di gelività e per gli agenti inquinanti nell’aria, in particolare causati dalle emissioni dei veicoli.

Tracce d’intonaco a graffito con losanghe a cinque scanalature su via Botta di datazione precedente alla facciata dell’Isabello.
Tracce d’intonaco a graffito con losanghe a cinque scanalature su via Botta di datazione precedente alla facciata dell’Isabello.

Intonaci. Le facciate presentavano un intonaco a base di calce che caratterizzava il sottofondo dell’originario intonaco di finitura, presumibilmente di cromia chiarissima (bianco). L’intonaco di sottofondo evidenziava la presenza di inerti di varia granulometria, costituiti presumibilmente da marmo di Zandobbio. Erano presenti numerosi distacchi dal paramento murario sottostante, costituito da pietre non squadrate e mattoni e complessivamente disomogeneo, distacchi causati da infiltrazioni e conseguenti rigonfiamenti dell’intonaco stesso. Da un’osservazione attenta della stratigrafia si evidenziavano, in corrispondenza della partitura centrale su via Botta e su quella di sinistra su via Sant’Alessandro, al di sopra della zoccolatura in arenaria, tracce di un intonaco di datazione precedente, sottostante l’intonaco attuale, che presentava decorazione a graffito con motivo a losanghe, probabilmente appartenente a un edificio precedente di diversa composizione architettonica sul quale si impianta il progetto dell’Isabello. Gli intonaci nel loro insieme manifestavano evidente erosione e alveolizzazione, dovuta agli agenti atmosferici che negli anni avevano colpito la facciata. Le lacune dell’intonaco originario erano state colmate in diverse fasi di restauro precedenti in modo improprio, con l’impegno di intonaci inadatti per cromia degli inerti e granulometria. Gli intonaci dei timpani e del tiburio erano di recente formazione, probabilmente databili con l’ultimo restauro intervenuto, di cromia gialla e composizione cementizia.

Condizione di degrado dell’intonaco con evidenti tracce di alterazione cromatica delle integrazioni di precedenti restauri.
Condizione di degrado dell’intonaco con evidenti tracce di alterazione cromatica delle integrazioni di precedenti restauri.

Ornati in cocciopesto. Le fasce e i medaglioni di forma tonda e romboidale in cocciopesto che completano e ornano le lesene erano quasi interamente ricostituiti in due fasi diverse di restauro. Si trovano tracce originarie nella fascia superiore compresa tra le due cornici decorative in cotto poggianti sulle lesene stesse. Le parti originarie, seppure parziali, risultavano coese al sottofondo, con piccole cavillature causate dalla elasticità̀ del materiale. Complessivamente si osservava come fossero meglio conservati gli elementi ornamentali su via Sant’Alessandro rispetto a quelli su via Botta, maggiormente protetti dalle piogge di natura temporalesca. Su un medaglione conservato verso via Sant’Alessandro si trova incisa una data, MDXXIII (1523), probabilmente l’anno in cui terminò la costruzione delle facciate.

L’intonaco dei timpani integralmente rifatto in occasione di precedenti restauri.
L’intonaco dei timpani integralmente rifatto in occasione di precedenti restauri.

Decorazioni in laterizio. Si tratta di un articolato impianto decorativo che conclude il fronte, collocato com’è alla sommità̀ delle lesene, dalla più̀ alta delle quali s’imposta il timpano. Originariamente coperte interamente da uno strato di cocciopesto, le fasce decorative presentavano patologie di degrado diffuse e di varia natura, riconducibili tutte alla progressiva perdita di capacità protettiva delle coperture in coppi e alla conseguente lacunosità̀ della funzione idraulica delle stesse, con evidenti segni d’infiltrazione, fessurazione e dilavamento. Oltre a fenomeni di disconnessione, dovuti alla perdita di capacità adesiva del legante, si osservavano diffusi fenomeni di disgregazione con perdita del modellato, erosione alveolare ed esfoliazione delle superfici modellate.

Motivo ornamentale in cocciopesto parzialmente conservato.
Motivo ornamentale in cocciopesto parzialmente conservato.

Criteri di restauro. Il progetto di restauro si è proposto alcune priorità̀ metodologiche per il conseguimento del fine, che possono essere sintetizzate secondo alcuni criteri guida:
minimo intervento, ovvero mantenimento di ogni testimonianza per non compromettere ogni preesistenza, anche di precedenti restauri ove corretti, che consenta la lettura documentale del monumento;
reversibilità̀, ovvero la possibilità̀ di rimuovere le eventuali integrazioni introdotte dall’intervento di restauro conservativo;
compatibilità̀ fisico chimica dei prodotti e delle tecniche adottate con i materiali antichi impiegati;
distinguibilìtà degli interventi di restauro introdotti rispetto ai manufatti originari integralmente conservati nella loro stratificazione.
Nell’ambito specifico dei fronti e del tiburio della chiesa di San Benedetto si possono distinguere zone con significativa differenza di conservazione dei manufatti antichi, in relazione ai quali i restauri precedentemente condotti hanno determinato maggiori o minori presenze e riscontri di elementi originali.

Particolare di un medaglione in cocciopesto sulla facciata di via Sant’Alessandro recante incisa la data MDXXIII (1523), probabilmente l’anno in cui terminò la costruzione delle facciate.
Particolare di un medaglione in cocciopesto sulla facciata di via Sant’Alessandro recante incisa la data MDXXIII (1523), probabilmente l’anno in cui terminò la costruzione delle facciate.

I fronti dalla zoccolatura al secondo ordine di modanature in laterizio, che completano le lesene di tripartizione, mantenevano preesistenze diffuse, quali il basamento in pietra con interposta fascia in arenaria, l’intonaco e alcuni decori in cotto, mentre i timpani e il tiburio conservavano solamente gli elementi in rilievo di cotto e parte degli ornati in cocciopesto; gli intonaci invece erano di recente formazione e avevano sostituito integralmente gli intonaci originali.

Fenomeni di degrado dei cornicioni in cotto con elementi distaccati.
Fenomeni di degrado dei cornicioni in cotto con elementi distaccati.

Il progetto, approvato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano si articolava in due connesse attività: accurata analisi del degrado degli elementi costitutivi i fronti e individuazione delle metodologie d’intervento da adottare per ogni singola patologia riscontrata. Sommariamente si sono previste le seguenti opere:
riadesione di scaglie e frammenti di manufatti in cotto eseguiti con resina epossidica, anche con inserimento di perni in acciaio;
ristabilimento dell’adesione degli intonaci al supporto murario mediante iniezioni riempitive a base di calce idraulica e aggregati finissimi.
pulizia generalizzata delle superfici a intonaco con rimozione dei depositi superficiali incoerenti (terriccio, guano, polveri…) a secco;
scrostamento degli intonaci a base cementizia corrispondenti alle porzioni di recente integrazione del corpo d’intonaco con malta di calce e stesura d’intonachino di finitura (da campionare);
velatura finale a base di latte di calce pigmentato per la riduzione dell’interferenza visiva;
ricostruzione degli elementi di ornato in cocciopesto con integrazione plastica delle parti mancanti del modellato;
pulizia degli elementi lapidei con lavaggi ad acqua e impacchi localizzati per l’eliminazione dei depositi più tenaci;
revisione delle sigillature e consolidamento delle malte di giunzione dei conci lapidei delle porzioni a vista;
protezione finale idrorepellente;
revisione completa delle lattonerie di protezione delle strutture aggettanti, oltre al rimaneggiamento e ricorritura del manto di copertura in coppi.

Dilavamento dello strato superficiale in cocciopesto, fessurazioni e distacchi nelle fasce decorative in laterizio.
Dilavamento dello strato superficiale in cocciopesto, fessurazioni e distacchi nelle fasce decorative in laterizio.

Il cantiere di conservazione. L’intervento è stato eseguito dall’Impresa Edile Brignoli di Paleari, di cui fa parte Federico Bacis, che ha coordinato collaboratori e maestranze, e da Arco snc, che sotto la direzione di Marco Virotta ha condotto le opere conservative. Il restauro ha interessato i paramenti murari di tutti i prospetti della chiesa, costituiti in larga misura da paramenti in laterizio poggianti su zoccolo di base in pietra in conci rettangolari e le cornici aggettanti in laterizio che scandiscono le facciate ripartite in tre scomparti e finemente decorate in cotto. Su tutte le cornici e gli elementi in laterizio è stata effettuata una pulitura selettiva, che è consistita in un preventivo impacco emolliente con carbonato d’ammonio supportato da sepiolite. È seguita l’asportazione a secco dell’impacco fino alla pulitura definitiva con acqua deionizzata e finitura con leggera microabrasivatura con inerti selezionati.

Fasi di restauro dell’intonaco: consolidamento mediante iniezioni di resina e delimitazione delle parti originarie con salvabordi.
Fasi di restauro dell’intonaco: consolidamento mediante iniezioni di resina e delimitazione delle parti originarie con salvabordi.

Per le zone interessate da lacune e fratture si è decisa un’integrazione dichiarata attraverso l’inserimento di alcuni manufatti eseguiti in cantiere attraverso calchi al silicone con l’uso di cocciopesto e calci idrauliche in modo da ricreare l’effetto visivo del cotto. Completata la fase di sostituzione degli elementi irrecuperabili per avanzato stato di degrado (fratture diffuse e forti esfoliazioni) è stata effettuata la bonifica delle fessurazioni e delle sigillature a scopo idraulico sulle parti consunte.

Fasi di restauro: verifica e stabilizzazione delle coperture in coppi a salvaguardia dei cornicioni in cotto.
Fasi di restauro: verifica e stabilizzazione delle coperture in coppi a salvaguardia dei cornicioni in cotto.

È seguita la fase di consolidamento corticale dei manufatti che presentavano forti fenomeni di decoesione, mediante impacchi di silicato di etile, operazione fatta precedere da veicolazione con white spirit. Le porzioni in arenaria, contorno del portale d’ingresso, le cornici e alcuni contorni finestra posti al piede della costruzione, sono stati puliti con analoga tecnica precedentemente descritta, previa verifica di tutte le parti in via di distacco e successivo incollaggio. In un secondo tempo sono state sigillate tutte le esfoliazioni, i giunti tra i manufatti e sono state effettuate piccole integrazioni al fine di ricomporre la lettura complessiva dell’elemento. Il consolidamento delle parti lapidee è stato eseguito con l’applicazione fino a rifiuto di silicato di etile.

Vista del tiburio dopo il restauro.
Vista del tiburio dopo il restauro.

Gli intonaci sono stati inizialmente liberati dalle parti rifatte in modo incongruo (intonaci cementizi) delimitati da opportuni salvabordi al fine di evitare ulteriori perdite. Successivamente gli intonaci originali sono stati consolidati anche tramite iniezioni di resine e calci idrauliche fluidificate, in corrispondenza di difetti di adesione al supporto. Si è poi provveduto alla pulitura delle superfici mediante leggeri lavaggi con acqua deionizzata e carbonato di ammonio in bassa percentuale accompagnate da spazzolatura con spazzole morbide. Non si è ritenuto necessario operare un consolidamento corticale essendo gli intonaci originali in buono di stato di conservazione. Le porzioni d’intonaco che sono state rifatte, sono state eseguite, previa campionatura, basandosi su alcune porzioni originali, e selezionando gli aggregati e i leganti in modo da ottenere un composto analogo all’originale e compatibile per quanto riguarda il comportamento meccanico, ma facilmente riconoscibile a un’osservazione puntuale. Oltre a questa caratteristica si è scelto anche di differenziare le parti integrative con un leggero sottolivello in adiacenza alle parti originali conservate integralmente.
Le finiture in cocciopesto, che completano e decorano alcune campiture di facciata, sono state eseguite utilizzando cocciopesto selezionato e grassello di calce stagionato.

Chi ha fatto Cosa
Luogo Via Sant’Alessandro, Bergamo
Denominazione Chiesa di San Benedetto
Committente Monastero San Benedetto, Bergamo
Progetto e direzione dei lavori Arch. Leonardo Angelini, Bergamo
Progetto strutturale Ing. Sebastiano Moioli, Nembro
Responsabile sicurezza Geom. Alessandro Ciccarelli, Bergamo
Impresa esecutrice Impresa Brignoli di Tranquillo Paleari, Bergamo

Scarica il disegno Progetto di restauro | Analisi della patologia del degrado e metodologia d’intervento >>

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