Puliture

Omogeneità di tecniche e materiali utilizzati

Sono stati riportati alla luce gli affreschi presenti nel piano nobile di villa Imperiale di Terralba a Genova.

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Le operazioni di restauro
Riadesione. Per la riadesione delle porzioni d’intonaco distaccato sono stati utilizzati diversi tipi di malte idrauliche, scelte in base alla dimensione dell’area di distacco: per le sacche più consistenti è stata impiegata una maltina composta da pozzolana e calce idraulica in proporzione 2:1. Nei distacchi di entità minore si è preferito utilizzare malte premiscelate a base di calce aerea con inerti più fini.
Desalinizzazione. Prima di procedere alla pulitura delle superfici, sono state effettuate alcune operazioni atte alla rimozione dei sali. Sono stati applicati degli impacchi estrattivi su tutte le porzioni di superficie con patine saline visibili e anche su quelle parti con abrasioni provocate, in periodi precedenti dai sali. Gli impacchi, costituiti da acqua demineralizzata, supportata da carta giapponese, sono stati lasciati in posto sino a completa asciugatura. L’operazione è stata ripetuta due volte. Sulla carta giapponese è stata eseguita un’estrazione a tampone con acqua demineralizzata. Le operazioni sono state ripetute fino a quando, a seguito della completa estrazione dei sali, le veline di carta giapponese si sono staccate da sole.
Pulitura dagli scialbi. La pulitura delle superfici decorate a fresco dagli strati di scialbo, spesso costituiti da più strati di calce carbonatati, ha richiesto un tempo d’intervento piuttosto lungo. In generale lo scialbo era piuttosto tenace da rimuovere e lo stato di conservazione del substrato su cui era posto, era anche molto diverso da zona a zona. È stato quindi necessario calibrare l’intervento in funzione delle condizioni della superficie pittorica originale. Si è proceduto con un descialbo meccanico, a bisturi, ricorrendo all’uso di sostanze chimiche solo sporadicamente nei punti critici. Nelle zone in cui gli impacchi, da soli, non sono risultati efficaci ad ammorbidire lo strato, sono state ripetute applicazioni di resine catiodiche in acqua demineralizzata applicate a diretto contatto. Questi metodi combinati hanno consentito la riduzione dello scialbo carbonatato a un velo bianco molto sottile, ma purtroppo non hanno conseguito la completa eliminazione della patina, che aderiva tenacemente alla superficie originale. Pertanto durante il cantiere si è deciso di integrare la pulitura del descialbo utilizzando microsabbiatrici caricate con inerti superfini; a seconda della fragilità della pellicola originale si sono impiegati polvere di quarzo o ossido di alluminio, più sottile rispetto al precedente (ossidi d’alluminio nei punti più delicati, polvere di quarzo in quelli più resistenti). Particolarmente complessa è stata l’eliminazione degli scialbi e delle ridipinture presenti nella cappella. Questo ambiente, infatti, aveva subito nel tempo almeno tre interventi di rifacimento dell’apparato decorativo. Sulla parete di fondo, tra il 1800 e il 1900, era stata realizzata una cornice in stucco, che probabilmente conteneva un dipinto su tela; i sondaggi in profondità hanno rivelato, sotto lo strato di acrilico grigio e quello ottocentesco, la presenza di un affresco. È stata quindi asportata la tamponatura della parete, e ciò ha messo in luce una nicchia di dimensioni maggiori con la raffigurazione della Crocifissione.

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