Un senso di preoccupazione, d’impotenza nel fronteggiare recessione economica e crisi occupazionale, quasi una passiva accettazione degli eventi da far venire il capogiro a una platea di imprenditori che si sente messa nell’angolo dai dati resi noti da
Assimpredil Ance >>. Un senso di delusione per la loro città l’avranno avuta i costruttori nel sentire il sindaco di Milano Giuliano Pisapia impegnato nel tentativo di rassicurarli sostenendo che «il comune si impegna a combattere assieme agli operatori contro la crisi, … credo molto nella possibilità di Expo e nel dopo-Expo di dare una risposta alle richieste dei costruttori e di noi tutti. Ogni settimana ricevo due delegazioni di Paesi stranieri e anche di imprese che vogliono venire qui ad investire. Sono investimenti che ci saranno se daremo dimostrazione di serietà, se togliamo i lacci della nostra burocrazia e se la giustizia sarà più sicura… e che entro ottobre sarà approvato un regolamento edilizio», che dovrebbe contribuire ad avviare la ripresa.
Il sindaco di Monza Roberto Scanagatti ha considerato l’esistenza di un legame tra il calo di investimenti registrato nelle costruzioni e il 30% in meno degli investimenti che i comuni della Lombardia hanno registrato negli ultimi anni per la drastica riduzione delle risorse a causa del Patto di stabilità: «in questa fase in cui i comuni stanno provvedendo a ridisegnare le autonomie locali gli stessi devono essere messi in condizione di tornare ad avere un ruolo importante nel rilancio dell’economia locale, da sempre volano per l’economia nazionale e per l’edilizia, asse portante del sistema economico italiano».
«Ma quale ripresa! Ma quale asse portante del sistema economico!», si domandano i costruttori, anche perché i dati illustrati dal presidente Claudio De Albertis confermano un crollo dell’attività del 54% a Milano tra il 2011 e il 2013. Dunque, meno cantieri per le nuove costruzioni e meno cantieri per opere di riqualificazione, situazione che si protrae da anni.
Claudio De Albertis | Presidente Assimpredil Ance
«Da settembre 2008 ad oggi il nostro settore ha perso il 30% della capacità produttiva nel nostro contesto territoriale, sia in termini di imprese che di lavoratori. Sono scomparse in sei anni 3.500 imprese edili e usciti dal settore 60mila occupati. Nel comune di Milano in tre anni la slp oggetto di concessioni edilizie si è contratta del 50%. È il futuro che ci preoccupa.
Le prospettive per il dopo-Expo sono molto critiche. Indubbiamente negli ultimi anni il nostro territorio ha visto una pesante crisi nel mercato privato ed è stato invece interessato da consistenti investimenti in lavori pubblici, ma l’indotto non è rimasto alla nostra economia.
Come Assimpredil Ance abbiamo monitorato circa 40 aggiudicazioni.
- Expo: le imprese del nostro territorio si sono aggiudicare solo il 9,5% del valore delle gare monitorate
- Comune di Milano: con riferimento all’anno 2014, solo il 33% degli importi è stato aggiudicato a imprese del nostro territorio.
Ma siamo preoccupati per il futuro del dopo-Expo: se passasse una visione miope di disinvestimento in questo territorio l’area metropolitana ridurrebbe fortemente la sua attrattività e la sua concorrenzialità, ma il Paese perderebbe la sua locomotiva economica. Credo sia di vitale importanza che tutti gli attori del nostro sistema produttivo denuncino con forza questo rischio.
Su un punto si può essere tutti concordi: se non riparte il settore delle costruzioni il Paese non riparte. Gli interventi tattici messi in campo dal Governo e le misure assunte non bastano e non ci convincono.
Si tratta di definire un piano strategico per le costruzioni che affronti tutti gli aspetti in una visione generale di medio e lungo periodo: un «vero Piano industriale Paese di settore». Lo hanno fatto Germania, Francia, Gran Bretagna: e noi? L’Italia, purtroppo, non ancora.
Bisogna capire che il primo volano per il rilancio dell’economia è il territorio ed è un errore depotenziarne il ruolo. Territorio vuol dire investimenti per la qualità degli ambienti di vita e di lavoro, vuol dire infrastrutture, tutela dei beni ambientali e monumentali, vuol dire case, scuole e luoghi di lavoro. Puntare sul territorio vuol dire uscire dalla crisi.
Se la politica economica degli ultimi anni ha avuto come priorità l’apertura dei mercati con politiche export-led, oggi l’attenzione dev’essere data al sostegno al mercato interno, che vede le costruzioni come attore economico primario per via dell’indotto generato in ben l’80% dei settori economici.
Noi, però, dobbiamo fare la nostra parte e se abbiamo perso la scommessa del prezzo, se non abbiamo voluto giocarla in un mercato distorto, non perderemo quella della qualità, che declinerei in tre punti:
- innovazione di prodotto e di processo, lavorando sulla qualità del costruito, sui livelli prestazionali e di costo
- ambiente e consolidamento del mercato green, lavorando per trasformare il settore delle costruzioni in un’opportunità per la sostenibilità del territorio
- legalità in tutte le sue accezioni, dentro le imprese e nel complesso sistema delle relazioni di filiera. A tal proposito abbiamo varato un Accordo volontario di trasparenza responsabile.
A novembre del 2015, spenti i riflettori di Expo, noi saremo ancora qui e qui vogliamo restare: dateci la possibilità di costruire un futuro per le nostre imprese, per le migliaia di lavoratori che vivono in questo territorio. Diamoci la possibilità di far rinascere una prospettiva per tutti i giovani che vogliono credere ancora in questo Paese».
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