L'intervista | A Maurizio Savoncelli, Presidente Consiglio Nazionale Geometri

1929 – 2019: i geometri compiono 90 anni

Dal 1929 a oggi, il geometra ha attraversato la vita del paese interpretandone bisogni e necesssità di sviluppo. Dall'agricoltura all'edilizia, dal governo del territorio alla rivoluzione digitale la categoria ha formato tecnici in grado di interpretare e mediare fra cittadini e pubblica amministrazione. Ora la sfida di un futuro ancora più complesso che sarà affrontato con la riforma del percorso d'accesso alla professione che passa dalla laurea professionalizzante e abilitante.
Maurizio Savoncelli | Presidente Consiglio Nazionale Geometri.

Esattamente novant’anni fa, l’11 febbraio 1929, nasceva la professione di geometra. Alla nuova categoria, che sostituiva quella del perito agrimensore, il Regio Decreto n. 274 assegnava molteplici competenze tecniche soprattutto in ambito edilizio, topografico ed estimativo, legittimandone sin da subito il ruolo di professionista poliedrico e dal sapere multidisciplinare.

La polivalenza e il sapere multidisciplinare sono state considerate a lungo le caratteristiche peculiari di questa professione, unitamente al radicamento sul territorio e al ruolo di “cerniera” tra lo Stato e i cittadini; caratteristiche che, messe a sistema, hanno consentito ai geometri di essere attori dell’evoluzione della società dal secondo dopoguerra ad oggi, e protagonisti della ricostruzione edilizia.

Oggi, quattro generazioni dopo quella “esordiente” e in piena rivoluzione digitale, quelle caratteristiche identificano ancora i geometri del Terzo Millennio? Ne parliamo con Maurizio Savoncelli, alla guida della Categoria dal 2013.

Presidente Savoncelli, la professione compie novant’anni: quali aspetti preserva della tradizione e quali accoglie dell’innovazione?
Della tradizione preserva il radicamento sul territorio e con esso la capacità di essere al fianco dei cittadini e di supporto alla pubblica amministrazione; dell’innovazione accoglie l’uso delle tecnologie digitali, che consentono di dare ai propri interlocutori risposte adeguate, tempestive e sempre meno esposte alla discrezionalità amministrativa.

Lungo il continuum di questi due estremi ci sono la nostra storia, le tradizioni, il ruolo svolto all’interno di una società che ha vissuto cambiamenti profondi nel corso dei decenni.

Raccontare la storia della nostra professione significa raccontare la storia del Paese: noi lo faremo lungo tutto il 2019 con il ciclo di eventi “Conoscere il passato, riflettere sul presente, immaginare il futuro, una serie di tappe cronologiche attraverso le quali ripercorrere l’evoluzione della professione e riflettere sul ruolo che vogliamo assumere nel futuro. 

Quali sono le tappe principali di questo percorso narrativo?
La prima ci riporta agli anni Trenta, quando l’agricoltura dava lavoro al 90% della popolazione con un’incidenza dell’80% sul Pilnazionale: in questo contesto, le funzioni estimative e di edilizia agraria proprie della giovanissima categoria furono essenziali allo sviluppo del sistema economico e sociale.

La seconda fa riferimento al secondo dopoguerra, un periodo caratterizzato dalla necessità e dall’urgenza della ricostruzione; in questi anni il geometra è la figura tecnica di riferimento, alla quale il legislatore assegna compiti progettuali e direttivi di edilizia civile che non tardano a dare i risultati sperati: al traino del “boom economico” degli anni Cinquanta e Sessanta, il Paese raggiunge il picco massimo di ampliamento dei centri abitati.

La terza tappa è ancora rivolta al passato, ma decisamente prossimo: il periodo di riferimento è quello che va dagli anni Ottanta ai primi del Duemila, quando il geometra si colloca nel mondo delle professioni come figura-chiave nella gestione e nello sviluppo del territorio. Una fisionomia che emerge con sempre maggiore precisione nella quarta tappa, quella che descrive il presente della professione e scommette sul suo futuro. 

Quali sono, oggi, le caratteristiche peculiari del geometra?
È un professionista sempre meno generalista e sempre più specializzato in ambiti altamente innovativi quali il rilievo con droni, le valutazioni estimative secondo gli standard internazionali, il Bim e la modellazione 3D, la sicurezza nei cantieri, la certificazione energetica, l’acustica, la mediazione, il riuso, la consulenza tecnico-legale e fiscale.

In altre parole: la polivalenza di ieri è diventata il sapere specialistico di oggi, conquistato grazie a una formazione continua di eccellenza, che valorizza la spiccata propensione all’uso di nuove tecnologie.

Parliamo di futuro: su cosa scommette la Categoria?
Su vari aspetti: sulla reiterata capacità di essere in sintonia con la società, di comprendere le nuove esigenze e intercettare quelle emergenti, sempre più correlate ai temi dello sviluppo sostenibile, della tutela ambientale, della prevenzione del rischio idrogeologico e sismico; sulla volontà di continuare a essere un tassello fondamentale della filiera edilizia anche in versione 4.0, che considera prioritaria la via della rigenerazione urbana e dell’efficienza energetica.

E ancora, sulla convinzione di poter contribuire al benessere individuale e collettivo sensibilizzando i cittadini sull’importanza del comfort abitativo, della salubrità degli ambienti indoor, della qualità del costruito, dell’abbattimento delle barriere architettoniche e della riprogettazione in ottica “universal design”.

Soprattutto, scommettiamo sulla possibilità di avere un ruolo centrale e strategico nella gestione del territorio. In questa direzione sono già state attivate diverse leve: in primo luogo, il pressing nelle sedi istituzionali per un rafforzamento del principio di sussidiarietà, che assegna ai professionisti la possibilità di svolgere attività normalmente in carico alla pubblica amministrazione.

La categoria ha già dato prova di essere a proprio agio nello svolgimento del compito: è quanto accade, ad esempio con l’invio delle pratiche catastali, con le certificazioni energetiche, con l’asseverazione delle pratiche edilizie.

In secondo luogo, fornendo contributi operativi e metodologici che vanno nella direzione di offrire una lettura contingente e dinamica del territorio, resa possibile dall’utilizzo di strumenti tecnologicamente avanzati.

Una lettura che è viatico per individuare le fragilità ambientali e prevenire i rischi idrogeologici, ma anche per interpretare le dinamiche sociali del territorio e suggerire, ad esempio, una riorganizzazione dello spazio urbano ed extraurbano capace di coniugare mobilità e sostenibilità, esigenze di natura economica e culturale, sapere specialistico e sguardo sociologico.

In terzo luogo, il forte impulso dato alla collaborazione tra i collegi territoriali e i Comuni mediante la sottoscrizione di convenzioni ad hoc che riguardano, ad esempio, operazioni di censimento, due diligence, efficientamento energetico, attività di regolarizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare e infrastrutturale pubblico. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la sinergia pubblico-privato, volta a favorire la coesione sociale e lo sviluppo economico del territorio.

Cosa occorre per vincere una scommessa così ambiziosa?
Tanto impegno e uno straordinario sforzo comune. L’impegno, doverosamente, dev’essere prima di tutto del Consiglio Nazionale, che deve garantire ai propri iscritti una formazione permanente di eccellenza e una riforma del percorso di accesso che consenta alle nuove leve di entrare nel mondo del lavoro con un bagaglio di conoscenze e abilità allineate alle aspettative della committenza.

Lo sforzo è quello che continuiamo a chiedere a tutti gli iscritti, d’investire nella formazione continua, di fare dell’apprendimento permanente uno strumento al servizio della crescita professionale, d’implementare costantemente il proprio bagaglio culturale: il rendimento dell’investimento in conoscenza è il più alto di qualsiasi altro.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here