Edilizia monumentale | Venezia, Palazzo Corner Mocenigo

Pietra di Trani per il Sacrario della Guardia di Finanza

La realizzazione del sacrario della Guardia di finanza nel cortile di Palazzo Corner Mocenigo a Venezia ha assunto un particolare significato anche perché erano quasi 200 anni che anni s’interveniva all’interno di un cortile di un palazzo veneziano. Le operazioni di cantiere in un contesto edilizio così delicato hanno richiesto una continua sorveglianza per monitorare gli effetti che potevano innescarsi sull’edificio storico e le tecniche utilizzate hanno visto prevalere la manualità delle maestranze rispetto all’industrializzazione costruttiva.
Arch. Stefano Ragazzi.

Arch. Stefano Ragazzi | Progetto architettonico

«Il progetto e la sua realizzazione s’inseriscono nelle manifestazioni artistiche dedicate allo Stato Unitario organizzato nel 2011 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La necessità di riorganizzare le innumerevoli lapide commemorativi sparpagliate in ogni dove all’interno di Palazzo Corner Mocenico in Campo S. Polo (opera di Michele Sanmichieli realizzata nel XVI secolo) ha spinto l’allora comandante del Comando Generale Veneto della Guardia di Finanza, Gen. Walter Cretella, a incaricarmi per la progettazione di un piccolo Sacrario da realizzare all’interno del cortile del palazzo patrizio che per varie vicissitudini appariva trascurato e bisognoso di un intervento di restauro. L’idea è stata complessa da elaborare per vari motivi: da quasi duecento anni non s’interveniva all’interno di un cortile di un palazzo veneziano; l’edificio è molto importante quindi il carattere della reversibilità dell’intervento era fondamentale, infine il significato celebrativo, ovvero l’omaggio ai caduti della Guardia di Finanza del Veneto, era molto sentito dal corpo militare che aveva aspettative importanti. È poi stato importante il contributo della Soprintendenza ai Beni Architettonici di Venezia, il palazzo ovviamente ha il più alto grado di vincolo, nella persona dell’allora Soprintendente arch. Renata Codello che insieme all’arch. Ilaria Cavaggioni, allora responsabile del sestiere di S. Polo, su cui sorge il palazzo, hanno contribuito a definire i caratteri dell’intervento nel rispetto della maestosa preesistenza».

Il sacrario a lavori ultimati.

Il cortile interno di Palazzo Mocenigo è uno spazio di circa 200 mq pavimentato in masegni di trachite. I masegni sono degli elementi modulari di pietra cavata dai vicini colli euganei sbozzati e pianati solo sul lato superiore, vengono accostati uno all’altro tipicamente a correre posati su un letto di sabbia e stabilizzati battendoli con un palo ligneo fino a costiparne il fondo sottostante.

Le fughe vengono poi stilate con un impasto cementizio lavorato leggermente sottotraccia per segnare maggiormente il reticolo della pavimentazione. Per procedere alla realizzazione della fondazione necessaria per il sacrario, è stato necessario rimuovere un’area di circa trenta metri quadrati di masegni di trachite dopo averli numerati uno a uno per garantirne il successivo riposizionamento, accatastandoli in una zona non impegnata nelle lavorazioni.

Stato antecedente del cortile.

Tracciamento del sedime del manufatto

Dopo aver tracciato con precisione il posizionamento del manufatto si è proceduto allo scavo manuale, fino al punto d’imposta della fondazione. Le operazioni in un contesto edilizio così delicato hanno richiesto la continua sorveglianza dell’ing. Maurizio Pozzato che oltre a controllare le opere previste per la realizzazione del manufatto ha dovuto monitorare anche i possibili effetti che potevano innescarsi sull’edificio storico, con particolare attenzione alla possibile formazione di cavillature su intonaci e muratura.

Inevitabilmente, le tecniche utilizzate per il processo edilizio hanno visto prevalere la manualità delle maestranze rispetto all’industrializzazione costruttiva. Quindi smontaggi e scavi sono stati realizzati a mano con un’attenzione propria più della pratica del restauro che di quella dell’edilizia comune. Un altro problema rilevante nella cantierizzazione è stato il modesto spazio logistico in cui le imprese dovevano operare.

Il lavoro all’interno del palazzo non ha smesso un attimo durante la costruzione del sacrario che è durata oltre quattro mesi. ll limitato spazio disponibile per l’installazione del cantiere, il cortile del palazzo, cui ovviamente vanno sottratti gli spazi realizzativi della nuova struttura, ha obbligato a un attento controllo sull’utilizzo delle aree di stoccaggio dei materiali, che non potevano essere appoggiati ai muri esistenti, tantomeno alle membrature lapidee decorative e strutturali del palazzo storico, pena il loro possibile danneggiamento.

Platea di fondazione

Dopo il tracciamento del sedime del manufatto si è proceduto alla realizzazione della platea di fondazione in cemento armato che necessariamente doveva essere posta a una profondità tale da non interferire con la successiva posa dei basoli trachitici che avevano uno spessore variabile tra i venti e i trenta centimetri e dovevano essere posti su un sufficiente letto di sabbia per garantirne la stabilità al calpestio.

Scavo e getto platea fondazione.

Questa fase è stata resa più complessa dal ritrovamento di vecchi canali e tubi di scarico di acque reflue stratificatesi nei tempi che è stato necessario deviare o ripristinare per evitarne l’interruzione. Idea fondamentale del progetto del sacrario era quello di renderlo apparentemente staccato da terra, aumentando la percezione dell’aggiunta al complesso storico sottolineando la reversibilità dell’intervento, concetto fondamentale nel restauro degli edifici storici applicato anche in questo caso.

Per ottenere quest’effetto si è proceduto all’esecuzione di piccoli setti in mattoni di laterizio che sono diventati i supporti della struttura, realizzati a diverse quote a seconda del dettaglio che dovevano sostenere. Contemporaneamente sono stati realizzati i plinti che hanno inglobato i tirafondi necessari per sostenere la struttura esterna in acciaio e le predisposizioni dei cavidotti impiantistici.

Ripristino della pavimentazione in trachite

Con grande pazienza e destrezza delle maestranze sono stati riposti i masegni modificando quelli in corrispondenza dei supporti in laterizio della struttura, rifinendoli in ogni dettaglio, cercando di mantenere anche i livelli originari, in quanto molti di essi non sarebbero stati più accessibili una volta costruita la struttura. Si è potuto quindi procedere alla realizzazione delle parti strutturali in elevazione sia quelle verticali sia quelle orizzontali che sarebbero state poi rivestite in pietra di Trani.

Rimontaggio pavimentazione preesistente.

L’operazione non sarebbe stata particolarmente complessa, se non fosse stato per il maniacale controllo delle operazioni per non creare danni alla struttura ospitante. I getti sono stati eseguiti in più riprese per motivi tecnici, vista l’impossibilità di operare con impianti di betonaggio di grandi dimensioni, anche se questo ha certamente favorito il controllo delle operazioni contenendo al minimo fenomeni spuri di spandimento della miscela cementizia.

Preparazione dei getti dei gradini.

In questa fase è stata anche posizionata la struttura metallica di sostegno della scultura bronzea che ha completato il progetto. L’installazione era già prevista dal progetto, ma il posizionamento puntuale, che ha tenuto conto anche delle minori e migliori modifiche alla pavimentazione, è stato deciso congiuntamente all’autore delle opere, Gianmaria Potenza, affinché risultassero perfettamente coordinate col contesto.

Pensilina di copertura in acciaio

La pensilina di copertura era stata progettata in cemento armato collaborante con l’esoscheletro metallico che sarebbe stato solidarizzato con essa per garantire la staticità. Ma in fase di esecuzione, a causa dell’aumento dei tempi previsti per la costruzione del sacrario, che doveva essere inaugurato in una data precisa, si è preferito optare per una struttura in acciaio.

La struttura è stata eseguita fuori opera, gli spazi angusti e l’impossibilità di utilizzare una gru hanno nuovamente richiesto l’impiego d’ingenti risorse umane, date le dimensioni dell’opera. All’esecuzione delle opere in ferro molta attenzione è stata rivolta anche nell’officina in cui è stata eseguita la prefabbricazione.

Esecuzione delle strutture in elevazione.

Per le parti metalliche che sarebbero riamaste a vista sono stati attentamente verificati materiali e colori che li avrebbero caratterizzati, inoltre sono stati effettuati controlli ed eseguite prove in relazione alle possibili deformazioni degli acciai una volta messi in opera. Infatti uno dei problemi che era insorto sia relativamente alla struttura a croce a vista, sia per i profili a supporto della pensilina, che sarebbero state poi nascoste dal rivestimento lapideo, era l’eccessiva inflessione dei profili, che pur non intaccando in alcun modo i criteri di sicurezza delle strutture avrebbe potuto creare spiacevoli effetti ottici.

Montaggio della struttura metallica della pensilina.

Ai calcoli ingegneristici teorici si sono effettuate una serie di prove e simulazioni in officina che hanno consigliato d’innalzare il momento d’inerzia dei profili mediante la saldatura di lame lungo l’asse dei profilati a “C” e apportare calandrature negative ai profili stessi affinché una volta liberi delle puntellazioni e deformandosi si stabilizzassero con un andamento orizzontale e rettilineo.

La prova definitiva sarebbe avvenuta solo dopo il montaggio del rivestimento lapideo. La verifica della deformazione in fase di disarmo ha rilevato che il teorico abbassamento di 16 millimetri in realtà si era verificato per soli 14 millimetri. Il risultato ottenuto è stato quindi ottimo garantendo la percezione ottica che era molto importante per la riuscita buona del progetto.

Esecuzione fuori opera dei dettagli metallici.

Posa del rivestimento

La fase del montaggio del rivestimento lapideo è stata resa problematica dal materiale in lastra. Il progetto iniziale prevedeva il rivestimento in marmo di Carrara, scelto per la sua riconosciuta solennità, che ben si prestava al tema architettonico del sacrario celebrativo. In quei giorni, uno studio internazionale aveva rivelato una caratteristica del marmo di Carrara che non era nota, il materiale in lastra quando montato all’esterno rivelava una sorta di deformazione plastica dopo i cicli stagionali.

Ovvero, la deformazione estiva rientrava solo parzialmente durante la stagione fredda, l’accumulo di micro-deformazioni avrebbe portato, nel tempo, al distacco della finitura dal supporto accelerando il degrado naturale del piccolo manufatto. Ci si è trovati così insieme al direttore lavori e all’impresa alla ricerca di un materiale alternativo.

Rimaneva il vincolo sull’utilizzo di una pietra nella tradizione della cultura edilizia veneziana che solo l’utilizzo del marmo di Carrara avrebbe potuto mettere in secondo piano. Inoltre, congiuntamente con la Soprintendenza, si era stabilito di utilizzare un materiale bianco visivamente opaco, quasi come nel lato del taglio della sega.

La scelta più naturale sarebbe stata quella della pietra d’Istria ma le cave sono ormai pressoché esaurite, quindi si è ritenuto come materiale più adatto la pietra di Trani, da tempo utilizzata nella città insulare come succedaneo naturale della pietra d’Istria, per via delle sue caratteristiche fisico-chimiche simili e della cromia bianca.

Dettaglio costruttivo.

Sono state individuati presso la sede del fornitore i blocchi adatti, dai quali sono state successivamente segate le lastre per il rivestimento e scolpite le parti in massello necessarie. La scelta si è rivelata buona, le lastre sono estremamente omogenee cromaticamente, effetto favorito anche dal trattamento superficiale scelto, una satinatura che doveva eliminare qualsiasi effetto di lucidatura.

Particolari eseguiti con torni 3d

Molti particolari sono stati eseguiti in massello lavorato con torni 3d a controllo computerizzato per la pietra naturale, molte lastre sono state incollate sulle superfici in cemento con l’accortezza di utilizzare collanti privi di solfati per evitare potenziali reazioni chimiche col cemento che avrebbero potuto portare anche al distacco. La lavorazione tuttavia più complessa è stata quella dell’intradosso della pensilina a sbalzo.

Si è trattato di montare contro gravità elementi lapidei quadrati, modulari per un’estensione di 16 metri e dello spessore di tre centimetri, garantendone la perfetta complanarità, la cui mancanza sarebbe stata drammaticamente amplificata dalla presenza della luce radente emessa dello schermo lcd presente sulla parete di fondo del sacrario.

Il sistema di ancoraggio del rivestimento si è avvalso di un affinamento della tecnica del curtain-wall che, attraverso una struttura di aggancio adattata allo specifico utilizzo, ha consentito la regolazione micrometrica della complanarità del rivestimento. Con un risultato perfetto.

Al termine del rivestimento delle strutture sono iniziate le operazioni di pulizia e finitura della pavimentazione del resto del cortile e, solo in questa fase, ci si è resi conto che la cromia rosso scuro con la quale erano pitturati una parte degli intonaci dei muri del cortile si trasmetteva con riflessi rosacei sulle superfici in pietra di Trani.

Montaggio degli elementi lapidei all’intradosso della struttura.

Si è quindi deciso, insieme all’arch. Ilaria Cavaggioni (per la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Venezia), di dipingere queste superfici con una velatura chiara, quasi bianca disomogenea, per evitare ogni tipo d’irrigidimento della superficie, che infatti, grazie anche alla campionatura eseguita dalla ditta specializzata, ha permesso di ottenere un risultato estremamente equilibrato, che ha eliminato i riflessi rosacei dalle superfici in pietra, valorizzando anche la pietra di trachite grigia della pavimentazione.

Montaggio dei rivestimenti lapidei.

Si è proceduto infine al montaggio dello schermo led sulla parete di fondo del sacrario che, collegato a un computer in remoto, faceva scorrere i nomi e le date ricorrenti la scomparsa in servizio dei militari in servizio della Guardia di Finanza veneta, era stata così riunita in un unico luogo celebrativo la memoria dei militari scomparsi in servizio.

CHI HA FATTO COSA

  • Luogo Palazzo Corner Mocenigo in campo San Polo a Venezia
  • Committente Presidenza del Consiglio dei Ministri
  • Rup Arch. Beatrice Ciccioletta, Roma
  • Progetto architettonico arch. Stefano Ragazzi, Mestre, Ve
  • Assistente ai rendering arch. Emanuele Mason, Mestre, Ve
  • Direttore Lavori ing. Maurizio Pozzato, Venezia
  • Progetto strutturale ing. Enrico Bortolato, Salzano, Ve
  • Impresa appaltatrice Palladio Marmi srl, Mestre, Ve
  • Impresa fabbrile Valter Zara, Oriago di Mira, Ve
  • Interventi di restauro conservativo Ducale restauro srl, Marghera, Ve

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