Edilizia museale | Recupero architettonico

Riuso di edifici industriali storici: il Museo dell’arte della lana nell’ex-Lanificio Lombard a Stia

L’intervento di restauro è stato progettato e diretto dall’arch. Carlo Blasi (Comes srl) con l’obiettivo principale di raggiungere la maggiore conservazione possibile di ogni elemento costruttivo per proteggere l’interessante manufatto storico, documento significativo dell’architettura e della vita di un’intera vallata. Le modifiche sono state pertanto limitate alle necessità funzionali, di sicurezza e impiantistiche del museo.

La produzione di lana e di panni di lana è antica nell’alta valle dell’Arno, il Casentino, valle ricca di pascoli, di boschi e di acque, dell’Arno e dello Staggia, e risale, documentata, almeno al 1400. L’attività artigianale ebbe un particolare sviluppo a partire dalla seconda metà del Settecento e nell’Ottocento portò alla nascita di vere industrie, tra le quali primeggiò il Lanificio Lombard a Stia.

Foto storica del lanificio Lombard con indicato in giallo il perimetro dello stabilimento industriale e in rosso quello degli edifici nei quali è stato localizzato il nuovo museo (foto Grisolini).
Foto storica del lanificio Lombard con indicato in giallo il perimetro dello stabilimento industriale e in rosso quello degli edifici nei quali è stato localizzato il nuovo museo (foto Grisolini).
Foto storica dell’interno del lanificio (foto Grisolini).
Foto storica dell’interno del lanificio (foto Grisolini).

Lo stabilimento industriale, con una superficie di 23mila mq, divenne uno dei più importanti della Toscana e disponeva di apparecchiature meccaniche per lo sfruttamento dell’energia idraulica e caldaie a vapore per la produzione di elettricità. Nel 1924, tra le prime in Italia, l’industria si dotò di un sistema di produzione di energia idro-elettrica. La fabbrica creò la sua fortuna economica sulle forniture militari di panni di lana per le divise dell’esercito, ma la sua fama è legata al cosiddetto «panno del Casentino» (un tessuto di lana con «riccioli», derivato dall’antico ruvido panno rusticale) che, soprattutto nei colori arancio e verde, fu per lungo tempo di moda per cappotti, spesso orlati di pelliccia, e per «Montgomery».
Da un punto di vista architettonico, gli edifici dello stabilimento industriale ancor oggi esistenti vennero realizzati, a partire dalla fine del XVIII secolo, con estrema cura costruttiva, ad arte, utilizzando le tecniche disponibili all’epoca. I muri perimetrali erano in muratura di pietra, per lo più tagliata e a vista, con cornici in mattoni, mentre le strutture interne vennero realizzate con pilastri in ghisa e travature in acciaio, sulle quali appoggiavano volticciole di mattoni. Numerosi i particolari costruttivi che testimoniavano la cura realizzativa, come i capichiave dei tiranti in ghisa a forma floreale, i capitelli delle colonne forgiati, le finestre a stella e le cornici in mattoni.

Capochiave floreale in ghisa.
Capochiave floreale in ghisa.
Finestra circolare con pregevole infisso a stella.
Finestra circolare con pregevole infisso a stella.

La fabbrica, dopo un lento declino, ha cessato definitivamente l’attività produttiva nel 1979. Da allora gli edifici sono rimasti abbandonati e il degrado si è rapidamente impossessato del prestigioso complesso industriale, come mostrano le immagini che descrivono la situazione del complesso quando è iniziato il progetto di recupero.

Le problematiche dell’intervento di recupero. Lo stato di degrado del complesso industriale era totale nel 2005, quando, grazie a un cospicuo lascito dell’ultima proprietaria dello stabilimento, Simonetta Lombard, ad hoc finalizzato, e alla volontà dello studioso Piero Della Bordella e dell’imprenditore locale Gabriele Grisolini, fu creata la Fondazione Lombard e venne decisa la creazione di un Museo dell’arte della lana e la messa in sicurezza degli edifici.

Muro in pietra squadrata con cornici delle finestre in risalto in mattoni.
Muro in pietra squadrata con cornici delle finestre in risalto in mattoni.
Arch. Carlo Blasi, progettista
Arch. Carlo Blasi, progettista

Il progetto e il cantiere di conservazione e recupero architettonico. «Per la realizzazione del museo è stato necessario intervenire su due dei principali corpi di fabbrica e la sistemazione delle aree circostanti, costituite soprattutto da una piazza inferiore, di accesso, e una superiore interna, con la vecchia ciminiera. Pur trattandosi di un edificio industriale, come già notato, la fabbrica presentava notevoli elementi di cura costruttiva e soluzioni architettoniche dell’epoca che ne caratterizzavano la forma e l’aspetto – spiega a Imprese Edili l’arch. Carlo Blasi, progettista dell’intervento – L’obiettivo principale del progetto è stato quello della maggiore conservazione possibile di ogni elemento costruttivo per proteggere l’interessante manufatto storico, documento significativo dell’architettura e della vita di un’intera vallata. Le modifiche sono state pertanto limitate alle necessità funzionali, di sicurezza e impiantistiche del museo».

Tutti i principali elementi costruttivi sono stati oggetto di accurata conservazione. Gli interventi previsti dal progetto possono essere riassunti come segue:

  • le belle murature in pietra a vista sono state stuccate con cura con malta di calce
  • le cornici in mattoni e i davanzali in pietra sono stati restaurati sigillando le lacune con malte additivate per ripristinare le geometrie, soprattutto quelle dei davanzali in pietra pericolosamente degradati
  • gli intonaci esterni a finto bugnato sono stati conservati per quanto possibile e integrati con interventi di intonaco neutro
  • gli intonaci interni sono stati puliti e conservati nel loro stato senza nuove tinteggiature
  • i pavimenti in cemento sono stati interamente conservati, nonostante presentassero fratture e riprese, e le buche per i macchinari sono state restaurate coprendole con tavoloni di legno come in origine
  • gli infissi in ferro pieno sono stati interamente conservati, sostituendo semplicemente i vetri rotti con vetri stratificati comunque applicati con sigillature a stucco, e sono state restaurate anche le cerniere e gli interessanti meccanismi di apertura e chiusura
  • le strutture in ghisa e ferro sono state semplicemente pulite e conservate con le loro finiture originarie a vernice a smalto
  • le coperture e i lucernai crollati sono stati ricostruiti
  • è stata aggiunta una galleria vetrata all’esterno di un fabbricato per la realizzazione di una rampa che consentisse un percorso di visita funzionale accessibile a tutti.

«Per garantire la massima conservazione della fabbrica, compreso il recupero e l’utilizzazione delle antiche strutture in muratura e in ferro e ghisa per la stabilità statica e sismica, è stata necessaria un’attività preliminare di accurato rilievo di ogni elemento costruttivo e l’individuazione delle varie forme di degrado presenti. Data la situazione di abbandono della fabbrica, la fase della conoscenza è risultata particolarmente impegnativa. Il risultato è stato però significativo perché è stato possibile, negli elaborati di progetto, in buona parte realizzati con foto-raddrizzamenti, indicare puntualmente ogni intervento, anche di dettaglio, finalizzato a preservare al massimo anche ogni finitura rimasta – continua l’arch. Blasi sostenendo che – si può pertanto affermare che le maggiori difficoltà della fase progettuale sono consistite nella conoscenza accurata del manufatto, mentre le maggiori difficoltà del cantiere sono emerse nei lavori di conservazione e miglioramento locale.
Le malte utilizzate per le opere di restauro delle murature sono state quelle tradizionali a base di calce, mentre sono state utilizzate malte premiscelate per il reintegro dei davanzali lapidei fortemente degradati e sfogliati: per tali elementi è stato infatti deciso di ripristinare le forme geometriche prismatiche originarie, anche perché non era altrimenti possibile garantire alla pietra rimasta un’adeguata durabilità nel tempo. Al termine dei lavori, questi interventi di accurata conservazione hanno permesso di mantenere il manufatto nella sua integrità storico-costruttiva e di dare ai locali del museo la sensazione di un ambiente di lavoro non alterato. Come di seguito esposto, il restauro di molti macchinari e la riproduzione di suoni e sensazioni tattili hanno completato l’esposizione dell’ambiente industriale conservato. La commozione delle persone che avevano lavorato nel lanificio nel ritrovare il proprio ambiente di lavoro è stata la riprova del buon risultato ottenuto
».

Foto dello stato di degrado nel quale si trovava l’immobile all’inizio del progetto. Piazza superiore (foto Ferrini).
Foto dello stato di degrado nel quale si trovava l’immobile all’inizio del progetto. Piazza superiore (foto Ferrini).
Foto dello stato di degrado nel quale si trovava l’immobile all’inizio del progetto. Interno di un edificio con le volte completamente crollate.
Foto dello stato di degrado nel quale si trovava l’immobile all’inizio del progetto.
Interno di un edificio con le volte completamente crollate.

La conservazione delle strutture. Lo stato di degrado delle strutture e del sistema costruttivo con pilastri di ghisa e solai a volticciole ha costituito una delle principali difficoltà del progetto di recupero, anche per il fatto che la fabbrica era localizzata in zona sismica. Al fine di poter salvaguardare anche la testimonianza storico-costruttiva delle parti strutturali della fabbrica, la rilevanza architettonica del complesso industriale è stata segnalata alla Soprintendenza, che ha rapidamente attivato un vincolo di tutela. Il vincolo ha permesso di operare per la conservazione con maggiore libertà, soprattutto per gli interventi strutturali, senza vincoli di adeguamento. La sicurezza è stata verificata con riferimento alle norme tecniche del 2008 e, in particolare, alle «Linee guida» per gli edifici tutelati.

La piazza inferiore d’ingresso al museo nella situazione attuale dopo il restauro (Foto Ferrini).
La piazza inferiore d’ingresso al museo nella situazione attuale dopo il restauro (Foto Ferrini).

Per quanto possibile, le verifiche dei principali meccanismi di dissesto sismico sono state effettuate con riferimento ai meccanismi locali, come giustamente suggerito dalle «Linee guida», e il miglioramento, fino a livelli giudicati accettabili, è stato ottenuto soprattutto restaurando le murature degradate e aggiungendo tiranti trasversali a quelli già esistenti, al fine di garantire, per quanto possibile, un comportamento scatolare degli edifici e limitare i rischi di ribaltamento delle pareti. Molta attenzione è stata data alla verifica della stabilità e della buona cura realizzativa di tutte le numerose criticità non quantificabili che sono normalmente presenti nelle costruzioni storiche, come gli appoggi e gli ancoraggi delle travi, la stabilità delle volticciole, la connessione tra i vari elementi lignei.

Shed restaurato: le strutture lignee primarie sono state consolidate con travi a T inserite in estradosso, mentre le strutture secondarie sono state in massima parte conservate e verniciate.
Shed restaurato: le strutture lignee primarie sono state consolidate con travi a T inserite in estradosso, mentre le strutture secondarie sono state in massima parte conservate e verniciate.
Interno del museo. Oltre al telaio novecentesco restaurato, si notano i tubi in acciaio inox del sistema di ricambio e condizionamento dell’aria, l’impianto d’illuminazione a «binario» e la pavimentazione in cemento ripulita e integrata con le tavole lignee di copertura delle fosse di manutenzione delle macchine (Foto Ferrini).
Interno del museo. Oltre al telaio novecentesco restaurato, si notano i tubi in acciaio inox del sistema di ricambio e condizionamento dell’aria, l’impianto d’illuminazione a «binario» e la pavimentazione in cemento ripulita e integrata con le tavole lignee di copertura delle fosse di manutenzione delle macchine (Foto Ferrini).

Per quanto riguarda la resistenza ai carichi verticali, grazie al vincolo di tutela, è stato possibile mantenere i pilastri in ghisa e tutti i principali elementi strutturali dei solai (travi e volticciole), effettuando semplicemente integrazioni con travi rompitratta in ferro, che sono state associate a quelle storiche.

Dettagli di cantiere.
Dettagli di cantiere.
Dettagli di cantiere.
Dettagli di cantiere.
Dettagli di cantiere.
Dettagli di cantiere.

Il recupero delle turbine, problemi idraulici e di cantiere. La localizzazione della fabbrica alla confluenza del torrente Staggia con l’Arno non era stata evidentemente casuale. L’acqua ha sempre costituito per i lanifici un elemento essenziale, sia per la lavorazione e tintura della lana, sia come forza motrice per la movimentazione dei macchinari: gualchiere, cardatrici e telai. L’antico lanificio di Stia, originariamente dotato di una grande ruota e di pulegge per lo sfruttamento dell’energia meccanica dell’acqua, dall’inizio del secolo scorso sfruttava l’energia idroelettrica prodotta da un sistema di canali, bacini, condotte a pressione e turbine. Creando un museo delle attività del lanificio, è apparso essenziale recuperare ed evidenziare anche il sistema di sfruttamento dell’energia idrica e di produzione di energia elettrica.
Le vecchie turbine sono state restaurate e spostate dall’interno dello stabilimento (posizione pericolosa e non più accettabile) sul piazzale d’ingresso in un nuovo edificio vetrato, che richiamasse l’immagine di un’«onda» e permettesse ai visitatori del museo di vedere e comprendere le modalità di produzione di energia elettrica. Come ricordo dell’antica ruota meccanica, è stata realizzata anche una nuova ruota mossa dall’acqua che fuoriesce dalle turbine. La realizzazione di questi due manufatti ha richiesto la realizzazione in cantiere di notevoli scavi. Oltre al vetro, i due manufatti sono stati realizzati con profilati tubolari in acciaio, tiranti e bullonature in acciaio inox e con pannelli di tamponatura di zinco-titanio, particolarmente validi sia da un punto di vista della durabilità sia per il loro aspetto cromatico simile alle lamiere zincate un tempo ampiamente utilizzate nella fabbrica.

La galleria vetrata con rampa di collegamento tra i vari piani del museo. La copertura è realizzata con tubolari d’acciaio e lastre curve di vetro; il parapetto è di vetro e il corrimano di legno; la pavimentazione è a tavoloni di legno.
La galleria vetrata con rampa di collegamento tra i vari piani del museo. La copertura è realizzata con tubolari d’acciaio e lastre curve di vetro; il parapetto è di vetro e il corrimano di legno; la pavimentazione è a tavoloni di legno.
Particolare del sistema di sostegno della rampa all’interno della galleria vetrata e del parapetto. I tubolari metallici di sostegno della copertura sono collegati al suolo e all’edificio adiacente mediante cerniere.
Particolare del sistema di sostegno della rampa all’interno della galleria vetrata e del parapetto. I tubolari metallici di sostegno della copertura sono collegati al suolo e all’edificio adiacente mediante cerniere.

Le problematiche degli impianti. Negli interventi sugli edifici esistenti, e in particolare sugli edifici tutelati, la progettazione e la realizzazione di impianti che soddisfino le esigenze di comfort e funzionalità presentano notevoli difficoltà, data l’invasività dei moderni impianti che rischia di danneggiare e alterare i manufatti storici. In particolare, la posa in opera di tubazioni nascoste all’interno delle antiche murature risulta in genere sconsigliabile se non addirittura impossibile. È necessario pertanto valutare attentamente fin dalla prima definizione del progetto architettonico gli impatti indotti dai nuovi impianti, che costituiscono pertanto, nella maggior parte dei casi, alla fine dei lavori, elementi determinanti anche per il risultato architettonico.

Il «groviglio» delle tubazioni in acciaio per la distribuzione dell’aria condizionata. Le tubazioni costituiscono elemento determinante dell’arredo.
Il «groviglio» delle tubazioni in acciaio per la distribuzione dell’aria condizionata. Le tubazioni costituiscono elemento determinante dell’arredo.
Interno dell’«onda» con le turbine e le altre apparecchiature restaurate.
Interno dell’«onda» con le turbine e le altre apparecchiature restaurate.
Ruota azionata dall’acqua di fuoriuscita dalle turbine. Le strutture portanti sono in tubolare verniciato, i parapetti in vetro stratificato e la ruota interamente in acciaio inox.
Ruota azionata dall’acqua di fuoriuscita dalle turbine. Le strutture portanti sono in tubolare verniciato, i parapetti in vetro stratificato e la ruota interamente in acciaio inox.

Nel caso specifico, la presenza di murature in pietra di limitato spessore e di solai realizzati con volticciole e pavimenti in cemento da conservare impediva ogni soluzione impiantistica nascosta. Inoltre, la necessità di impianti di ricambio d’aria, sia nel museo sia nelle sale conferenze, imponeva la presenza di grosse tubazioni, delle quali è stato necessario studiare con cura i percorsi e l’impatto estetico. Le centrali termiche e di trattamento dell’aria sono state posizionate in locali interrati esistenti che, se pure di notevoli dimensioni, sono, alla fine, risultati appena sufficienti. Come canna fumaria è stata utilizzata la ciminiera storica restaurata. La distribuzione dell’impianto elettrico è avvenuta mediante canalette a vista che hanno evidentemente caratterizzato, insieme a quelle dell’aria, l’aspetto dei locali.

L’allestimento del museo e il restauro dei macchinari. «Il museo è dotato di una parte espositiva su tre piani, con attrezzi e macchine tessili dal XVIII al XX secolo, di un laboratorio didattico, di una saletta per proiezioni e di una sala conferenze. Come già esposto, per collegare i vari piani e consentire un percorso completo anche a persone disabili, è stata aggiunta una doppia rampa esterna ai fabbricati storici costituita da una galleria vetrata, unica manomissione consistente alla struttura originaria – spiega l’arch. Francesca Blasi, evidenziando che – la galleria è stata realizzata con elementi tubolari in acciaio verniciato connessi alle murature con giunti incernierati per evitare problematiche di incastri ed eccessive rigidezze, lastre piane e curve di vetro stratificato e pannellature di tamponamento di zinco-titanio con isolamenti termici al loro interno. Le pavimentazioni delle rampe sono a tavoloni di legno grezzo».

L’allestimento, progettato dall’arch. Francesca Blasi, è stato definito cercando di non alterare le volumetrie dei locali della fabbrica e utilizzando elementi di finitura (corde e pannelli) con colori che ricordassero i colori tradizionali del panno del Casentino (verde e arancio) e arredi realizzati con lamiere in zinco-titanio. Una parte dell’esposizione è dedicata alla lavorazione storica della lana, ma la maggior parte è occupata da vecchie e recenti macchine tessili restaurate. Nella zona dedicata alla didattica sono disponibili piccoli telai per le esperienze dei giovani visitatori.

Immagine della piazza superiore restaurata.
Immagine della piazza superiore restaurata.

Chi ha fatto Cosa
Oggetto: restauro complesso industriale dismesso Lanificio Lombard a Stia e realizzazione Museo dell’arte della lana
Committente: Fondazione Lombard, Stia (Ar)
Progetto e direzione lavori: Comes srl di Carlo Blasi, Susanna Carfagni e Francesca Blasi, Sesto Fiorentino (Fi)
Imprese esecutrici: Cpf Costruzioni srl, Firenze – Romagnoli Giancarlo sas, Pratovecchio (Ar)
Importo dei lavori: 4.000.000 di euro.

Studio Comes >> | Ha sede in Sesto Fiorentino (Fi) e dalla sua creazione opera nel settore della progettazione architettonica e strutturale, con una particolare attenzione ai problemi del recupero dei manufatti storici, al loro riutilizzo e al loro consolidamento strutturale statico e sismico. Carlo Blasi, già professore ordinario di restauro, esperto di restauro e consolidamento, autore di numerose pubblicazioni internazionali, è membro del Consiglio superiore dei Lavori pubblici.

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