Csei Tecnoborsa | 15° censimento generale Istat

La «fotografia italiana» di edifici e abitazioni

Veneto, Lombardia, Campania e Sicilia sono le regioni più densamente edificate. Il 9% della popolazione residente che vive in famiglia alloggia in abitazioni costruite prima del 1919, il 38% tra il 1961 e il 1980. Il 2% delle abitazioni occupate da persone residenti hanno una stanza adibita ad uso professionale. L’8% delle abitazioni non hanno un impianto di riscaldamento.

Sulla base dei nuovi dati dell’Istituto nazionale di statistica, Tecnoborsa >> ha compiuto un’attenta analisi riguardante il patrimonio immobiliare italiano abitativo e non (suddiviso tra edifici, complessi di edifici, abitazioni) in cinque macroaree Istat (nord-ovest, nord-est, centro-sud, isole) nelle regioni e nei comuni di Roma, Milano, Torino, Napoli, Genova e Palermo.

La densità territoriale degli edifici e dei complessi di edifici in Italia nel 2011 è di 48,1 unità per chilometro quadrato, mentre era 42,5 nel 2001.
La densità territoriale degli edifici e dei complessi di edifici in Italia nel 2011 è di 48,1 unità per chilometro quadrato, mentre era 42,5 nel 2001.

Edifici e complessi di edifici. In Italia esistono 14.452.680 edifici e 63.115 complessi di edifici, per un totale di 14.515.795 unità: rispetto alla ripartizione territoriale il 25,2% si trovano al sud, il 22,6% nel nord-ovest, il 19,3% nel nord-est, il 16,9% al centro e il restante 16,1% nelle isole. Circa un quarto di questi sono concentrati in sole due regioni: la Lombardia (12,2%) e la Sicilia (11,9%). L’area in cui l’incremento rispetto al censimento del 2001 è stato più consistente è risultata essere il centro (16,6%), seguita a parità di punteggio dal nord-ovest e dal nord-est (14,8%), poi seguono le isole (11%) e, infine, il sud (10,3%).
La densità territoriale degli edifici e dei complessi di edifici in Italia nel 2011 è di 48,1 unità per chilometro quadrato, mentre era 42,5 nel 2001. Le regioni più densamente edificate (con più di 60 unità per chilometro quadrato) sono la Campania, la Lombardia, la Sicilia e il Veneto.

Anche in occasione del censimento 2011 è stato rilevato lo stato d’uso degli edifici e dei complessi di edifici ed è emerso che quelli utilizzati sono 13.763.857, ossia il 94,8% del totale; erano il 92,9% nel 2001.
Andando ad esaminare il tipo d’uso, è emerso che in Italia l’88,5% sono adibiti ad uso residenziale, il 5,1% sono destinati ad altro tipo di utilizzo non meglio specificato, il 2,2% ad uso produttivo, l’1,8% a quello turistico/ricreativo e direzionale/terziario; mentre la quota di edifici ad uso produttivo è più rilevante nel nord-ovest (3,1%) e nel nord-est (2,8%); comunque, in nessuna regione il valore scende al di sotto dell’84%.
In Italia gli edifici residenziali sono 12.187.698 e la concentrazione maggiore si trova in Lombardia (12,2%) e in Sicilia (11,7%), mentre quella più bassa si trova in Valle d’Aosta (0,4%), Molise (0,9%) e Basilicata (1,3%). Nel Lazio, in Lombardia, in Campania e in Liguria la densità abitativa è più elevata; situazione diametralmente opposta si registra in Molise, in Valle d’Aosta, in Sardegna, in Abruzzo e in Sicilia.
In media negli edifici ad uso residenziale ci sono 2,6 abitazioni e la situazione appare molto disomogenea, infatti si passa dalle 4,1 abitazioni della Liguria all’1,8 della Sardegna. A livello di macroaree, il nord-ovest (3,1 abitazioni) e il centro (2,9 abitazioni) presentano valori superiori a quello medio nazionale, mentre il sud (2,3) e le isole (2) fanno registrare valori inferiori. Gli edifici residenziali dei comuni maggiori hanno in media un numero molto elevato di abitazioni per edificio: 15 a Milano, 12,4 a Torino, 10,4 a Genova, 9,2 a Roma, 8,9 a Napoli e 6,2 a Palermo.

Per quanto concerne la distribuzione della popolazione residente in edifici ad uso abitativo rispetto al numero di interni, è emerso che il 18,8% risiede in fabbricati con un solo interno, il 16,6% in quelli con due interni, il 34,4% in quelli che hanno fra tre e dieci interni e il restante 30,1% in quelli con più di 10 interni. Le aree che presentano un’incidenza superiore al valore medio nazionale con un solo interno sono le isole (26,6%), il nord-est (21,6%) e il sud (20,6%); viceversa, nel nord-ovest e al centro è alta la quota di persone che risiedono in edifici con più di dieci interni (rispettivamente il 38,8% e il 33,4%). A livello regionale la situazione rilevata è piuttosto eterogenea: è alta l’incidenza delle persone che vivono in edifici con un solo interno in Sardegna, Molise, Calabria, Veneto e Abruzzo; le zone che spiccano per la quota elevata di popolazione che vive in fabbricati con due interni sono l’Umbria e il Veneto; dai tre ai dieci interni il Trentino Alto Adige e le Marche; infine, con più di dieci interni la Liguria, il Lazio e il Piemonte.

Quanto all’epoca di costruzione, in Italia il 9,4% della popolazione residente che vive in famiglia alloggia in abitazioni situate in edifici residenziali costruiti prima del 1919, il 7,9% in edifici realizzati tra il 1919 e il 1945, il 13,2% in quelli edificati tra il 1946 e il 1960, il 38,8% tra 1961 e il 1980, il 22,3% tra il 1981 e il 2000 e il restante 8,4% tra il 2001 e il 2011. Quindi, quasi il 70% della popolazione italiana risiede in edifici che hanno più di 30 anni. In Liguria più della metà delle persone residenti in famiglia vive in edifici costruiti prima del 1960, seguita da Toscana (41,8%), Molise (36,5%), Trentino Alto Adige (36,2%) e Valle d’Aosta (35,5%). Viceversa, è alta l’incidenza di persone (più del 10%) che dimorano in edifici residenziali piuttosto nuovi (realizzati dopo il 2000) in Sardegna, Abruzzo, Lombardia, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Veneto. Tuttavia, in tutte le aree il boom edilizio si è avuto nel ventennio tra il 1961 e il 1980.

Il Lazio è la regione in cui l’aumento delle abitazioni nel loro complesso è stato inferiore a quello degli alloggi occupati da residenti.
Il Lazio è la regione in cui l’aumento delle abitazioni nel loro complesso è stato inferiore a quello degli alloggi occupati da residenti.

Abitazioni. Dalla rilevazione effettuata dall’Istat risulta che in Italia nel 2011 sono state censite 31.208.161 abitazioni, di cui 24.141.324 sono occupate da persone residenti, ossia il 77,3%. Nei sei maggiori comuni italiani la percentuale è notevolmente superiore a quella nazionale: a Napoli sono il 96%, a Milano il 94%, a Torino il 91,7%, a Roma il 90,3%, a Genova l’89,3% e a Palermo l’85,4%. Nei sei grandi comuni italiani in totale ci sono il 10,6% delle abitazioni e il 12,5% di quelle occupate da residenti.
Dal confronto con il censimento del 2001 le abitazioni nel loro complesso sono aumentate del 14,3%. A livello regionale gli incrementi più significativi si sono avuti in Umbria (20,9%), Veneto (19,3%), Marche (19,1%) ed Emilia Romagna (18,8%). Per quanto riguarda i grandi comuni italiani, l’incremento delle abitazioni è stato inferiore a quello nazionale: il più elevato si è registrato a Roma (9,4%), seguita da Palermo (6%), Torino (5,1%), Genova e Milano a parità di punteggio (1,6%) e, infine, Napoli, dove c’è stato un lieve decremento (-0,1%).
Per quanto riguarda le abitazioni occupate da persone residenti, sono aumentate dell’11,5% e le variazioni più rilevanti si sono registrate nel Lazio (16,2%), in Umbria (15%), in Trentino Alto Adige (14,9%), in Veneto (14,6%) e in Sardegna (14%), mentre la Liguria è la regione in cui ci sono stati i tassi di variazione più bassi. Il Lazio è la regione in cui l’aumento delle abitazioni nel loro complesso è stato inferiore a quello degli alloggi occupati da residenti e, infatti, è quella che ha fatto registrare l’incremento più basso di abitazioni non occupate da persone residenti (3,9%). Per quanto riguarda le grandi città, solo Roma presenta un valore superiore a quello medio nazionale, con un incremento dell’11,9%, a Torino è stato del 4,9%, a Palermo del 4,8%, a Milano del 3,6%, a Napoli del 3,3% e a Genova dell’1,6%.
Infine, va segnalato che le abitazioni non occupate da persone residenti, ossia le seconde case, sono aumentate in modo decisamente significativo (25,4%) nell’ultimo decennio intercensuario.

Dall’analisi della figura giuridica del proprietario delle abitazioni occupate da almeno una persona residente emerge che il 93,3% sono detenute da persone fisiche, il 2,7% da Iacp o aziende per il territorio, l’1,5% da imprese o società, l’1,3% da Stato, regioni, province o comuni, lo 0,3% da cooperative edilizie, lo 0,2% da enti previdenziali e il restante 0,7% da altre figure non specificate. A livello di ripartizione territoriale, si è riscontrato che nel nord-ovest è alta l’incidenza di abitazioni di proprietà di imprese o società e cooperative edilizie, al centro quella di enti previdenziali, al sud quella di Stato, regioni, province o comuni e Iacp o aziende per il territorio, nelle isole quella di Iacp o aziende per il territorio, infine, nel nord-est i valori sono tutti abbastanza allineati a quelli medi nazionali.
Per quanto concerne il titolo di godimento, il 71,9% delle famiglie italiane vive in abitazioni di proprietà, il 18% in case in affitto e il restante 10% in soluzioni diverse da proprietà e affitto. La Campania e la Valle d’Aosta sono le regioni con la percentuale più alta di famiglie in locazione, rispettivamente con il 24,4% e il 22,5%. In tutte le grandi città la quota di famiglie che risiedono in abitazioni di proprietà è inferiore alla media nazionale e Napoli è quella in cui si registra la percentuale più alta di nuclei che vivono in alloggi presi in affitto (37,7%), seguita da Milano (29,1%), Palermo (28,9%), Torino (28,1%), Genova (21,9%) e Roma (20,3%).

Dal censimento del 2011 è emerso che le abitazioni occupate dai residenti nel nostro Paese hanno una superficie media di 99,3 mq: nel nord- est la superficie sale a 105,2 mq e nelle isole a 100,9 mq; viceversa, nel nord-ovest scende a 95,8 mq e al centro a 97,3 mq. Fatta eccezione per Palermo, le restanti cinque città con più persone residenti presentano una superficie media inferiore a quella nazionale.

Il 15° censimento della popolazione e delle abitazioni ha evidenziato che in Italia circa i tre quarti delle case occupate da residenti hanno da tre a cinque stanze; in particolare: il 2% sono composte da una sola stanza, il 10,3% da due stanze, il 20,6% da tre stanze, il 30,7% da quattro stanze, il 21,4% da cinque stanze e il restante 15% da sei o più stanze. A livello di ripartizione territoriale, nel nord-ovest è alta l’incidenza di alloggi da una a tre stanze, mentre nel nord-est è decisamente elevata la percentuale di quelle composte da sei o più stanze. La Valle d’Aosta è la regione con la quota più alta di abitazioni composte da una sola stanza (4,4%), mentre il Veneto è quella con l’incidenza più alta di alloggi con sei o più stanze (22,1%). A Milano, Torino e Napoli è elevata l’incidenza delle abitazioni fino a tre stanze, a Roma fino a quattro stanze e, infine, a Palermo quelle con più di quattro stanze.
Da un’analisi effettuata rispetto al titolo di godimento delle abitazioni è emerso che il numero medio di stanze scende se si considerano le abitazioni prese in affitto, infatti si registra il valore massimo al sud, dove il numero medio di stanze per abitazione è pari solo a 3,82. Per quanto concerne i comuni con più di 250mila persone residenti, Palermo è l’unica città che presenta valori superiori alla media nazionale indipendentemente dal titolo di godimento; Genova, invece, ha un numero medio di quattro stanze per abitazioni occupate da persone in affitto, mentre le altre città hanno tutte valori inferiori a quelli medi nazionali.
Il numero medio di abitanti per stanza nel nostro Paese è pari a 0,57, valore che sale allo 0,68 se si considerano solo le abitazioni in affitto e scende allo 0,55 per quelle di proprietà, e Milano è la città con il più basso numero di occupanti per stanza per le abitazioni in proprietà (0,48), Genova per le abitazioni occupate da residenti in generale (0,48) e, in particolare, per quelle in affitto (0,51), mentre Napoli è il comune con il più alto numero di occupanti per stanza indipendentemente dal titolo di godimento.
Da notare che il 2,6% delle abitazioni occupate da persone residenti hanno almeno una stanza adibita ad uso professionale.

In Italia l’8,6% delle abitazioni occupate da persone residenti non hanno un impianto di riscaldamento; il fenomeno è fortemente correlato alla posizione geografica, infatti, sono l’1% nel nord-est, l’1,4% nel nord-ovest, il 2,8% al centro, il 16,4% al sud e il 36,5% nelle isole. Da un focus sulle sei grandi città emerge che a Milano l’1,3% delle abitazioni occupate da residenti non hanno un impianto di riscaldamento, a Roma sono il 2,5%, a Genova il 2,7%, a Torino il 4,3%.
Inoltre, il 65,1% delle abitazioni occupate da residenti hanno un impianto di riscaldamento autonomo, il 20,2% un impianto centralizzato, il 13,5% apparecchi singoli fissi che riscaldano alcune parti dell’abitazione e l’8,9% apparecchi singoli fissi che riscaldano l’intera abitazione o la maggior parte di essa. È alta l’incidenza di impianti autonomi nel nord-est e al centro, l’impianto centralizzato predomina nel nord-ovest, nelle isole e al sud prevale la presenza di apparecchi singoli fissi. Nelle grandi città del nord e del centro Italia è molto alta la quota di abitazioni con la presenza di impianti centralizzati ad uso di più abitazioni.
Il censimento ha rilevato anche il tipo di combustibile ed energia che alimentano l’impianto di riscaldamento e dall’analisi dei dati è emerso che il 72,6% delle abitazioni hanno un impianto alimentato a metano o gas naturale, il 15,1% da combustibile solido (legno, carbone…), il 5,5% da energia elettrica, il 5,2% da gasolio, il 4,9% da Gpl, il 2,2% da altro combustibile e/o energia e solo lo 0,1% da olio combustibile. Al nord e al centro la presenza di abitazioni con impianti alimentati da metano o altro gas naturale è elevata, al nord-est e al sud sono molto utilizzati i combustibili solidi, mentre nelle isole prevale l’energia elettrica. È alto l’impiego di metano o altri gas naturali a Genova (87,6%), Roma (84,8%), Milano (83,9%) e Torino (78,5%); infine, è alta l’incidenza di impianti alimentati con l’energia elettrica a Palermo (14,3%), Roma (6,1%) e Napoli (5,9%), mentre è bassissimo l’uso di combustibile solido in tutte le città.

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